Don Matteo Balzano

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La fragilità invisibile: la storia di Don Matteo Balzano

La notizia è arrivata come un fulmine che squarcia un cielo d’estate: Don Matteo Balzano, giovane sacerdote di 35 anni, è stato trovato morto, nei locali dell’oratorio, dove viveva come vice-parroco, a Cannobio.

Sabato mattina, la sua assenza alla messa aveva destato preoccupazione. Secondo le prime ricostruzioni, si sarebbe tolto la vita nella sua stanza.

Don Matteo Balzano era originario di Grignasco, ordinato sacerdote nel 2017. Chi lo ha conosciuto, lo descrive come un prete solare, pieno di entusiasmo, vicino ai giovani, sempre impegnato tra l’oratorio, il catechismo, le celebrazioni e le iniziative estive.

Un giovane sereno, appassionato della sua missione, capace di donare tempo, energia e cuore alla sua comunità. Eppure, dietro quel volto sorridente e disponibile, si nascondeva una sofferenza profonda, silenziosa, forse mai veramente compresa.

Domande senza risposta

È proprio questo il nodo più doloroso della vicenda: come può un’anima apparentemente in equilibrio, immersa nella spiritualità e nella relazione col prossimo, arrivare a un gesto così estremo?

Le domande si moltiplicano, ma le risposte restano elusive. «Solo il Signore conosce i misteri più profondi dell’animo umano» ha detto il vescovo Franco Giulio Brambilla, trovando nella fede l’unico argine possibile a un dolore che pare inspiegabile.

La morte di Don Matteo Balzano ci interroga però su una realtà spesso trascurata: quella delle crisi spirituali che possono colpire anche i ministri di Dio.

In un mondo incerto, che chiede ai preti di essere roccia, esempio, guida infallibile, si dimentica che anche loro sono uomini fragili, soggetti a stanchezze, vuoti interiori, solitudini affettive e mentali. L’aspettativa di una fede sempre solida può diventare una trappola.

Si rischia di non trovare più spazi dove poter dire “sto male”, dove poter essere deboli senza sentirsi in colpa.

La lezione dalla tragedia di Don Matteo Balzano

Molte volte, nel ministero sacerdotale, si lavora senza sosta: oratori, messe, catechesi, funerali, malati, burocrazia. Tutto fatto con passione, ma anche con una fatica che si accumula e che, se non trova sfogo, può diventare silenziosamente distruttiva.

Don Matteo, come tanti, era amato e stimato. Ma questo, evidentemente, non è bastato. Perché l’amore che riceviamo talvolta non colma il vuoto che sentiamo dentro.

Cosa possiamo imparare da questa tragedia? Innanzitutto, che la cura spirituale deve camminare di pari passo con la cura emotiva e psicologica. Un sacerdote ha bisogno, oggi più che mai, di essere accompagnato anche nella sua umanità.

Non basta formarlo teologicamente o pastoralmente: bisogna insegnargli a riconoscere la propria fatica, ad accogliere le proprie domande, a chiedere aiuto senza vergogna.

Le responsabilità della comunità

Anche noi, comunità, dobbiamo imparare ad ascoltare davvero. Troppo spesso pensiamo che chi ha la vocazione debba essere autosufficiente. E invece un prete ha bisogno di relazioni vere, autentiche, dove possa anche parlare delle sue ferite, dei suoi dubbi, delle sue paure. Non per essere giudicato, ma per essere accolto.

La Chiesa – ovvero noi tutti- non può più permettersi di ignorare questi segnali. Le vocazioni diminuiscono, chi resta al servizio del Vangelo va sostenuto con delicatezza e attenzione.
Dobbiamo superare l’idea che solo la preghiera basti. Certamente è fondamentale, ma va integrata con strumenti concreti, come il supporto psicologico, la supervisione spirituale continua, e la possibilità di avere momenti di vera pausa e ristoro.

Il sacrificio silenzioso di Don Matteo Balzano non può rimanere solo una cronaca dolorosa. Deve diventare un appello urgente a cambiare sguardo, a rimettere al centro l’umanità dei nostri preti, a custodirli come si custodisce ciò che è fragile e prezioso. Perché se un giovane uomo, generoso e pieno di fede, è arrivato al punto di non vedere altra via d’uscita, allora dobbiamo chiederci con coraggio dove abbiamo mancato, tutti.

E forse, proprio lì dove è esploso il silenzio, può nascere un nuovo desiderio di vicinanza, di verità, di fraternità reale. Perché la spiritualità, se vuole essere autentica, deve poter passare anche attraverso il buio. E accompagnare, passo dopo passo, anche chi vacilla.

Don Matteo Balzano