L’apostolo Tommaso, l’incredulo

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L’apostolo Tommaso, il santo dei controllori (e dei credenti imperfetti)


Diciamoci la verità: se ci fosse un patrono per quelli che faticano a fidarsi, sarebbe l’apostolo Tommaso. L’apostolo che, nella pagina più clamorosa del Vangelo, si guadagna il soprannome con cui passerà alla storia: “l’incredulo”. Ma forse è arrivato il momento di fargli giustizia.

L’apostolo del: “Se non vedo, non credo”


Tommaso non era agnostico, non era ateo, non né un cinico. Era solo… uno di noi. Con la testa dura, certo. Ma anche con un cuore onesto, che non si accontentava di facili entusiasmi. Gli altri apostoli gli dicono:

“Abbiamo visto il Signore!”

E lui, senza mezzi termini:

“Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi… se non metto la mano nel suo fianco… io non ci sto.”

È brutale, diretto, apparentemente irrispettoso. Ma è anche terribilmente umano. Tommaso sta dicendo una cosa che molti cristiani pensano, ma non osano confessare:

“Voglio credere, ma ho bisogno di toccare. Voglio fidarmi, ma ho bisogno di prove.”

L’illusione del controllo

Tommaso ha il baco del controllo: quel tarlo che ci spinge a voler capire tutto, gestire tutto, prevedere ogni variabile. Anche con Dio. Anzi, soprattutto con Dio.

In fondo, quanti di noi dicono:

  • “Se Dio esiste, perché non fa quello che gli chiedo?”
  • “Perché non mi dà un segno chiaro?”
  • “Perché non mi facilita le cose, se è davvero buono?”

Tommaso è il prototipo del credente moderno: non rifiuta Dio, ma vuole un Dio a modo suo. Fatto su misura, prevedibile, consultabile al bisogno. Un Dio che si lasci ispezionare, sezionare, approvare.

Peccato che il Dio dei Vangeli non sia così. È imprevedibile, paradossale, libero. E soprattutto, non accetta di essere messo sotto esame.

Ma Dio… non si offende

Ed ecco il punto più bello della vicenda: Gesù non rimprovera Tommaso. Non lo caccia, non lo umilia, non gli dice “Mi hai deluso”.

Ricompare otto giorni dopo, pazientemente, per lui. E gli dice:

“Metti qui il tuo dito… e non essere incredulo, ma credente.”

Che stile! Gesù si lascia toccare. Si mette “a disposizione” dello scettico. Ma lo fa per elevarlo, non per dargli ragione. Gli tende la mano… ma lo invita a fare un salto. Non un salto nel vuoto, ma nel mistero.

E l’apostolo Tommaso crolla. Non serve più toccare. Basta vedere Gesù davanti a sé per gridare:

“Mio Signore e mio Dio!”

Una delle professioni di fede più alte di tutto il Vangelo. Altro che “incredulo”: Tommaso è diventato testimone. E secondo la tradizione, andrà lontano, fino in India, per annunciare quel Cristo che aveva tanto esitato ad accettare.

Fede fragile? Sì, benvenuti nel club dell’apostolo Tommaso

La lezione è chiara: Dio non cerca credenti perfetti, ma persone reali. Uomini e donne che magari faticano a fidarsi, che vogliono capire prima di lasciarsi andare, che portano addosso il bisogno – tutto umano – di tenere il timone.

Eppure, anche a loro (cioè a noi), Gesù tende la mano. Non ci scarta per i nostri dubbi. Ci arruola comunque. Ci prende così come siamo, con la fede traballante, con il cuore a metà, con mille domande aperte.

La misericordia di Dio non è solo “gentilezza”. È volontà ferrea di non lasciarci indietro. Di volerci a bordo, anche se siamo ancora nel caos. Anche se abbiamo fede “sotto il minimo sindacale”.

Conclusione: fidarsi è divino

Tommaso, nel Vangelo, fa una figuraccia. Ma Gesù ne fa un capolavoro.

E se ci pensiamo bene, questo è il Vangelo: Dio prende le nostre figuracce e le trasforma in storie di salvezza.

Non ci chiede di capire tutto, ma di fare un passo.

Non pretende la perfezione, ma il desiderio sincero di cercarlo.

Non ci obbliga a credergli… ma ci chiama per nome e ci invita a fidarci.

E allora sì, viva Tommaso. Il santo che non aveva capito, ma che si è lasciato sorprendere. Il patrono di tutti quelli che ancora dicono:

“Signore, fammi vedere… e aiutami a fidarmi di Te.”

Apostolo Tommaso