Tommaso Moro, martire della fede

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Tommaso Moro: una grande testimonianza

Il 22 giugno, la Chiesa fa memoria dei martiri inglesi della Riforma e, fra questi, spicca la figura di Tommaso Moro.

Oggi la comunità cattolica dedica un pensiero e una preghiera a un gruppo di uomini e donne che, nei secoli turbolenti della Riforma anglicana, scelgono la fedeltà alla coscienza piuttosto che alla convenienza. Tra questi spicca una figura brillante e coraggiosa: Tommaso Moro, santo, statista e martire.

Tommaso Moro ha tutte le carte in regola per emergere nella società inglese del suo tempo. È di famiglia nobile, è benestante e ha una cultura vastissima. Umanista di prim’ordine, giurista raffinato, autore dell’“Utopia” – opera ancora studiata come manifesto ideale di giustizia sociale. Moro è stimato dai suoi contemporanei e si muove con grazia nella corte dei Tudor.

È amico di Erasmo da Rotterdam, devoto cattolico, uomo di cultura e di preghiera. E sarà proprio la fede a togliergli la sua condizione di privilegio sociale ed economico e a destinarlo al martirio. A corte, ha degli incarichi ufficiali: è un servitore della corona inglese, che sa dove finisce il dovere civile e dove comincia quello verso Dio.

Il divorzio più famoso della storia

È allora re Enrico VIII, un uomo dal carattere aggressivo e prepotente e in più, ossessionato da ambizioni dinastiche.
È sposato con Caterina d’Aragona, figlia dei cattolicissimi re di Spagna, che non gli ha dato il tanto desiderato erede maschio.
Enrico VIII si è invaghito di una dama di corte: Anna Bolena. Spera che la donnna, molto più giovane, possa dargli altri figli. La moglie Caterina è diventata quindi un impedimento ed Enrico fa pressioni sul Papa, perché dichiari nullo il matrimonio, ma il pontefice non vuole rendersi complice di questo atto disonesto.

Enrico VIII, allora, fa quello che nessuno si sarebbe mai aspettato: volta le spalle alla Chiesa di Roma e costituisce una nuova religione, di ispirazione cristiana, di cui si proclama capo.

Enrico pretende che la fedeltà dei suoi sudditi li porti ad abiurare il cattolicesimo e aderire alla nuova religione. E questo riguarda tutti: dai comuni cittadini, fino ai nobili.

Tommaso Moro non ci sta

Tommaso Moro non ci sta. Sceglie il silenzio, ma un silenzio eloquente. Rifiuta di prestare giuramento all’Atto di Supremazia del 1534, che riconosce il re come capo della Chiesa d’Inghilterra. Il suo rifiuto è discreto, ma fermo: la coscienza non si compra, non si piega, non si svende.

Per questo viene arrestato, imprigionato nella Torre di Londra e infine condannato a morte. Muore decapitato il 6 luglio 1535, ma viene ricordato proprio oggi, 22 giugno, insieme a un altro gigante della coscienza: san Giovanni Fisher, vescovo e teologo, anch’egli martirizzato per la sua fedeltà al Papa e alla dottrina cattolica.

I martiri della riforma

Non sono soli. La Chiesa oggi onora la memoria dei Santi Martiri dell’Inghilterra e del Galles, cattolici che nei secoli XVI e XVII affrontano persecuzioni, esecuzioni e torture per non rinnegare la fede.

Tra loro ci sono sacerdoti come san Edmondo Campion, laici come Margaret Clitherow, e religiosi come i gesuiti Robert Southwell e Henry Walpole. Gente comune e colta, giovani e anziani, uomini e donne: tutti testimoni di una libertà interiore che supera le catene e le spade.

Tommaso Moro, proclamato patrono dei politici e dei governanti, continua a ispirare chiunque creda che la politica debba servire il bene comune e che la coscienza sia il tempio dove parla Dio. La sua ironia gentile, la sua intelligenza viva e la sua fede granitica lo rendono un esempio più attuale che mai.

Nel nostro tempo, in cui spesso si confonde la coerenza con l’ostinazione e il compromesso con la saggezza, Tommaso Moro ricorda che è possibile essere giusti senza essere duri, essere leali senza essere ciechi, essere credenti senza essere fanatici.

E mentre oggi la liturgia ne fa memoria, la sua voce risuona ancora:

“Muore servo del re, ma prima di tutto servo di Dio.”

Una lezione semplice e rivoluzionaria. Come tutte le cose vere.

Tommaso moro