LA COMUNIONE SPIRITUALE
Caro Padre, ci sono persone che, per fatti oggettivi e situazioni personali, non possono accedere all’Eucaristia… come fare?Cosa fare? Non è ingiusto?
Nonostante i pareri di alcuni, come abbiamo provato a dire nella precedente risposta, mentre tutti devono partecipare alla Santa Messa, non tutti si trovano nelle condizioni per poter ricevere l’Eucaristia.
Anzi, è bene ricordare che, chi sa di essere in peccato grave (mortale) e fa la comunione, per usare le parole di san Paolo, si ricordi che mangia e beve la propria condanna.
Testualmente, nella prima lettera ai Corinzi, san Paolo scrive: «Ora ognuno esamini se stesso, e così mangi del pane e beva del calice, poiché chi ne mangia e beve indegnamente, mangia e beve un giudizio contro se stesso, non discernendo il corpo del Signore» (1Cor 11,28-29). Un esame, quello a cui ci richiama san Paolo, che va fatto tenendo conto di quello che è l’insegnamento perenne della Chiesa.
Il valore della Messa non è solo nell’eucaristia
Capita, sovente, che, ritenendosi in una situazione che non permetta di fare la Comunione.
Allora, sbrigativamente, si ritiene superflua la partecipazione alla Santa Messa che, ricordiamolo, è il Sacrificio di Cristo.
Tutto questo perché si pensa che il valore straordinario della Messa sia ridotto alla sola ricezione della comunione: e questo è un grave errore! Mentre il sacerdote che celebra è tenuto a fare la comunione perché renda completo il sacrificio celebrato, lo stesso non è richiesto al fedele che vi partecipa.
So benissimo che siamo figli dell’idea che tutti “celebriamo l’eucaristia”.
Eppure, ogni volta che mi si presenta questa espressione, mi torna alla mente una domenica di un bel po’ di anni fa. Dopo aver celebrato già due messe, confessato quasi tre ore e tenuto una catechesi, mi stavo accingendo a celebrare l’ultima (la terza) Santa Messa della giornata (alle 7 di sera!).
In quel momento un aspirante diacono se ne uscì con queste parole: «Ci prepariamo a celebrare»… al che, la mia non meditata risposta fu: «No, celebro io, voi partecipate… perché se a voi fosse data la possibilità di celebrare io adesso eviterei, stanco morto come sono e lascerei fare a voi…».
Lo so: assenza totale di diplomazia. Ma quando sei stremato i pochi neuroni di cui si è in possesso faticano a fare il proprio lavoro.
Resta, comunque, il fatto che l’eucaristia è celebrata da un ministro validamente ordinato e non da altri che, di certo, vi possono partecipare offrendo e unendo il proprio sacrificio a quello di Cristo, offerto dal prete.
Il significato della comunione spirituale
Alla Santa Messa bisogna sempre partecipare sapendo che si è ai piedi della Croce, innanzi ad un Calvario incruento, da cui scaturiscono, attraverso il sacrificio visibile ai nostri occhi, le grazie per tutto il creato, visibile e invisibile.
Ecco, quindi, che mai bisogna venir meno alla partecipazione alla Santa Messa, mentre è cosa diversa il fare la comunione.
Un invito, però, lo voglio fare, pur consapevole che la partecipazione sacramentale è altra cosa.
Occorre riprendere una delle antiche pratiche insegnateci dalla tradizione cristiana e che si sta perdendo nel tempo. Si tratta della comunione spirituale.
Questa la preghiera: «Gesù mio, credo che Tu sei nel Santissimo Sacramento. Ti amo sopra ogni cosa e Ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. [E, dopo una breve pausa di silenzio, continua]. Come già venuto, io Ti abbraccio e tutto mi unisco a Te: non permettere che io mi abbia mai a separare da Te».
Trattare Gesù da amico
Le parole di questa preghiera sono attribuite a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, sempre attento al bene spirituale e alla salvezza dell’anima dei fedeli.
Da notare che questa preghiera non solo è da recitarsi quando ci si reca a far visita ad un tabernacolo. Vale anche se siamo nel silenzio della nostra stanza. Ose siamo su di un autobus affollato e desideriamo unirci al nostro amato Gesù che sempre vuole unirsi a noi e non aspetta altro che l’essere chiamato.
Il problema vero sta nel fatto che trattiamo Gesù Cristo come un’idea, una possibilità lontana e non un vero Amico.
Pensiamoci un attimo: cosa ci aspettiamo da chi consideriamo amico se non lo starci assieme? E con Dio, Colui che vuol essere il nostro migliore amico, questa possibilità è sempre attuabile: in qualsiasi tempo, in qualsiasi luogo, in qualsiasi situazione. Basta volerlo, basta chiamarlo… e Lui farà visita ai pesi nascosti nella nostra anima.
