16 Giugno: la giornata (inaspettata) dei sei vescovi santi
Tra antiche cattedre, invasioni barbariche e santi dimenticati, la Chiesa ricorda 6 vescovi
Se qualcuno ti dicesse: “Oggi la Chiesa festeggia sei vescovi santi”, probabilmente alzeresti un sopracciglio. Sei? In un giorno solo? Eppure, il 16 giugno è una di quelle giornate liturgiche che sembrano uscite da un romanzo storico con toni epici, pagine polverose e qualche colpo di scena.
Chi sono questi sei? No, non è una compagnia teatrale diocesana. Sono sei uomini molto diversi tra loro, vissuti in secoli lontani e luoghi differenti, ma uniti da una stessa vocazione: essere pastori del popolo di Dio. Alcuni furono martiri, altri monaci, altri ancora diplomatici e costruttori. Ma tutti, a modo loro, hanno lasciato un’impronta. Piccola o grande, luminosa o poco nota, ma reale.
Sei Vescovi di un’altra epoca… ma con problemi molto attuali
Iniziamo da San Similiano di Nantes, vissuto nel IV secolo nella Gallia romana. Era un tempo in cui la fede cristiana stava uscendo dalle catacombe, ma le tensioni dottrinali – e pure politiche – non mancavano. Similiano fu un uomo saggio, stimato addirittura da san Gregorio di Tours (che non era noto per fare complimenti facili). Guidò la sua diocesi con prudenza e fermezza, aiutando a consolidare una Chiesa che ancora si stava strutturando. Era il tempo in cui essere vescovo significava anche… rischiare la pelle.
E parlando di rischi, non possiamo dimenticare Sant’Aurelio di Magonza, che fu letteralmente ucciso mentre celebrava l’Eucaristia, durante le invasioni degli Unni. Immagina: sei lì, in chiesa, nel cuore della Messa, e arrivano i barbari. Aurelio non scappa. Resta. Non per incoscienza, ma per fedeltà. Morì con il calice in mano. Un gesto che dice tutto sul suo modo di intendere il ministero episcopale.
Più giù, a sud, troviamo San Ceccardo di Luni, un vescovo toscano del IX secolo. Anche lui, ahimè, martire. Fu ucciso in circostanze misteriose, forse da pirati o briganti, forse per invidie locali. Lo colpirono nelle cave di marmo di Carrara, e la sua figura è ancora oggi venerata tra i marmi bianchi e polverosi delle Apuane. Non è raro che qualche scultore lo invochi prima di iniziare un blocco.
Monaci, costruttori, santi “manager”
Ma non tutti morirono per mano violenta. Alcuni morirono “semplicemente” santi. Come Sant’Aureliano di Arles, che nel VI secolo fu vescovo, riformatore, fondatore di monasteri e persino mediatore tra Chiesa e potere politico. Aveva ricevuto dal papa l’incarico di fondare due comunità monastiche: una maschile, una femminile. E lo fece, con regole precise, spiritualità forte e una visione chiarissima della Chiesa come famiglia.
E poi c’è San Ticone di Amathus, cipriota, forse il meno noto ai più. Eppure, la sua fama fu grande ai suoi tempi: predicatore instancabile, difensore dei poveri, uomo dal cuore mite e tenace. Fu amico dei contadini e dei pescatori, ma non esitava a parlare chiaro ai potenti. I suoi contemporanei lo chiamavano “padre della città”, e a ragione.
Chiude il gruppo San Benno di Meissen, il vescovo sassone che affrontò lo scontro tra l’Imperatore e il Papa nel pieno della lotta per le investiture. Lui si schierò con Roma e, per questo, fu esiliato. Ma non rinunciò alla sua missione. Continuò a vivere da pastore, dovunque si trovasse. Oggi è patrono di Monaco di Baviera. Non male per un vescovo cacciato dal proprio trono.
Perché ricordarli?
Ora, potresti chiederti: perché la Chiesa ci propone sei vescovi in un colpo solo? Non sarebbe stato meglio distribuirli in giorni diversi, per goderci meglio le loro storie? Forse sì. Ma forse no. Forse proprio questa coincidenza ci offre una bella lezione.
La santità non ha un solo volto. C’è il martire e c’è il riformatore. C’è il pastore silenzioso e quello che combatte. Il teologo e l’umile monaco. La Chiesa, in fondo, è fatta così: una grande casa con tante stanze, e ciascuna porta un nome.
In un tempo in cui la figura del vescovo è spesso messa in discussione – a volte a ragione, altre per sfiducia generalizzata – ricordare sei vescovi santi in un giorno solo è un invito a guardare oltre i titoli e le mitre: a vedere la vocazione profonda del pastore, che è guidare, servire, proteggere e – se serve – anche dare la vita.
Un giorno normale… con sei vescovi e testimoni straordinari
Il 16 giugno non è una grande solennità. Non è Natale, né Pasqua, né Pentecoste. Ma nel calendario dei santi è una piccola miniera d’oro. Sei storie, sei voci, sei testimonianze. Diverse per tempo e luogo, ma unite dallo stesso Spirito.
E allora forse oggi potremmo fermarci un attimo e dire una preghiera. Non solo per i vescovi, ma anche per la Chiesa tutta: perché non smetta mai di cercare pastori secondo il cuore di Dio.
Non esiste nel calendario liturgico cattolico (né nel Romano né in ambito nazionale) un giorno in cui vengano ricordati più di sei vescovi: il 16 giugno è decisamente un caso eccezionale.
Tuttavia, ci sono altre giornate che ricordano due o tre vescovi insieme, anche se nessuna ne celebra così tanti. Ecco qualche esempio interessante:
Altre “accoppiate” di vescovi
2 gennaio
Si commemorano San Basilio Magno e San Gregorio Nazianzeno, entrambi vescovi e Dottori della Chiesa. Due giganti del IV secolo, grandi teologi e amici, vengono ricordati insieme .
26 gennaio
È la memoria di Santi Timoteo e Tito, due collaboratori stretti di San Paolo. Entrambi furono vescovi, e condividono questo giorno nel calendario liturgico universale .
22 giugno
San Paolino di Nola (vescovo) unito a due martiri vescovi inglesi, Giovanni Fisher e Tommaso Moro — tre vescovi in un solo giorno, sebbene gli ultimi due siano martiri .
