San Barnaba, entusiasmo, coraggio e… una discreta dose di grinta
In un angolo caldo del I secolo, in una Gerusalemme che bolle di attese messianiche e tensioni politiche, compare un personaggio che non fa rumore, ma che finisce per cambiare il corso della storia della Chiesa: San Barnaba.
Si chiama Giuseppe, ma tutti lo chiamano Barnaba, che in aramaico suona come “figlio dell’esortazione”, o “figlio della consolazione”. Ed è proprio così: un motivatore evangelico ante litteram, uno che sa unire, ricucire, sostenere.
È levita, nato a Cipro, uomo colto e inserito nell’ambiente ebraico ellenistico. Non è uno qualunque: è ricco, ma vende i suoi beni e li mette ai piedi degli apostoli (Atti 4,36-37). Inizia così il suo percorso nella comunità cristiana primitiva, con un gesto di rottura totale rispetto al proprio passato, un salto nel vuoto della fede.
E questo la dice lunga sul tipo: generoso, radicale, determinato. Non è un “comparsa” degli Atti degli Apostoli; è una figura chiave, anche se spesso offuscata dal più roboante San Paolo.
Il primo sponsor di San Paolo
Barnaba è soprattutto l’uomo che crede in Paolo quando nessuno lo vuole nemmeno vedere in faccia. Sa come si costruisce una comunità: ci vogliono coraggio e fiducia.
Dopo la conversione di Paolo, nessuno a Gerusalemme vuole avere a che fare con l’ex persecutore dei cristiani. Ed è Barnaba che si espone, garantisce per lui, lo prende sotto la sua ala e lo introduce tra gli apostoli (Atti 9,26-27). È lui il primo a vedere in Saulo non il nemico di ieri, ma l’evangelizzatore di domani. In un tempo di sospetti, è un uomo che rischia.
Si fida di Dio: Lancia il cuore oltre l’ostacolo.
Quando la comunità di Antiochia inizia a fiorire, chi viene mandato a incoraggiare e a fare discernimento? Barnaba, ovviamente (Atti 11,22-24). È il suo ambiente ideale: una città viva, multiculturale, laboratorio perfetto per il Vangelo. E cosa fa lui? Va a cercare Paolo a Tarso e lo porta con sé: è Barnaba a mettere Paolo sulla scena missionaria. Nasce così una delle coppie più iconiche della storia della Chiesa.
San Barnaba e Paolo di Tarso: una missione a due voci (e due stili)
Barnaba e Paolo partono per il primo viaggio missionario. Portano l’annuncio della risurrezione, fondano comunità, discutono con le autorità religiose, subiscono persecuzioni, ma non si fermano. Sono complementari: Paolo è il teologo ardente, instancabile; Barnaba è il diplomatico, il pastore, quello che sa quando è il momento di parlare e quando quello di tacere.
Non è un comprimario, tutt’altro: negli Atti 13, il duo è nominato “Barnaba e Paolo”, non l’inverso. Segno che, almeno all’inizio, è lui la figura di spicco.
Eppure, qualcosa si incrina. Quando si prepara il secondo viaggio, nasce il dissidio su Giovanni Marco, cugino di Barnaba. Paolo, che ha la memoria lunga, non vuole portarlo con sé perché durante la missione precedente li aveva lasciati a metà strada. Barnaba invece vuole dargli una seconda possibilità. E qui si consuma la separazione: due caratteri forti, due visioni. Nessuno cede. Barnaba prende Marco e parte per Cipro; Paolo va con Sila in Asia Minore. Una frattura dolorosa, ma feconda: due strade che si aprono, due missioni parallele.
Che fine fa San Barnaba?
Dopo questa separazione, il suo nome scompare quasi del tutto dagli Atti, ma non dalla memoria della Chiesa. La tradizione racconta che Barnaba continua a evangelizzare l’isola di Cipro, dove sarebbe morto martire.
Alcune fonti apocrife gli attribuiscono anche un Vangelo, oggi non canonico, e numerose predicazioni in tutto il bacino del Mediterraneo.
Il suo legame con Marco si rivela provvidenziale: è grazie alla fiducia di Barnaba che Marco matura e diventa uno dei grandi evangelisti. E in una delle sue lettere, anche Paolo lo cita con affetto (Col 4,10), segno che, forse, la frattura si è ricucita.
Un santo senza clamore, ma con sostanza
Barnaba non cerca i riflettori. È uno che lavora per creare ponti, che crede nelle seconde possibilità, che sa stare accanto ai grandi senza diventare piccolo. È l’esempio di una leadership umile, ma essenziale. Se la Chiesa si espande nei primi decenni dopo la risurrezione di Cristo, lo si deve anche a lui: alla sua apertura, alla sua disponibilità a credere nell’opera dello Spirito anche quando essa si manifesta in forme nuove e impreviste.
Nel tempo in cui le comunità cristiane cercano un’identità, un equilibrio tra giudei e pagani, tra tradizione e novità, Barnaba è il collante, l’uomo che unisce senza uniformare, che consola senza illudere, che guida senza dominare.
San Barnaba, l’apostolo dimenticato dai riflettori ma mai dalla storia, ci insegna che per costruire il Regno c’è bisogno anche di quelli che stanno a fianco, che tendono la mano, che non hanno paura di scommettere sugli altri. Un santo di ieri che parla fortissimo all’oggi.
