Beata Diana degli Andalò

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Beata Diana degli Andalò: la santa che anticipa l’autodeterminazione femminile

Nel cuore pulsante della Bologna del XIII secolo, tra le torri, i palazzi nobiliari e il fermento universitario, nasce Diana degli Andalò.
Diana appartiene a una delle famiglie più in vista della città. Sin da giovanissima ha le idee chiare.
Non si accontenta del ruolo previsto per lei: matrimonio vantaggioso, combinato dalle famiglie, e una vita di agi all’ombra di qualche casato importante.

No, Diana ha un’idea tutta sua della realizzazione personale, e non ha alcuna intenzione di lasciarsi ostacolare dai codici sociali dell’epoca.

Diana degli Andalò: la tenacia gentile


Siamo nel pieno del Medioevo, un tempo in cui alle donne vengono concesse poche libertà. Solitamente, le giovani non possono decidere autonomamente del proprio futuro. Sono promesse in sposa a uomini scelti dai familiari, in base a ragioni di interesse.
I loro desideri, le loro aspirazioni, la loro vocazione non è tenuta in considerazione.

Accade così anche a Diana, che sogna una vita consacrata, ma deve scontrarsi con l’opposizione della famiglia.

Diana, però, sogna in grande. Vuole diventare domenicana, e non in un monastero qualunque: ne vuole fondare uno tutto suo.

Lo vuole lì, a Bologna, accanto ai predicatori, immersa nella nuova fioritura spirituale che San Domenico sta facendo germogliare in città.

La sua famiglia, manco a dirlo, si oppone. Con vigore. Si arriva perfino al sequestro: Diana viene letteralmente rinchiusa in casa, per impedirle di seguire la sua vocazione.

L’autodeterminazione di una santa

Malgrado le resistenze della famiglia, lei non cede. Resiste. Lotta. Scrive, piange, prega. Si ammala persino, ma non cede. Vuole poter decidere del suo futuro e non ha dubbi: la sua strada è nella regola domenicana.

È la testardaggine dei santi, quella forza incrollabile che oggi chiameremmo “auto-determinazione”, ma che in lei si coniuga con un fine ben diverso da quello che la modernità propone alle donne: non l’autoaffermazione individualista, non l’egoismo, ma il dono totale di sé.

Diana riesce infine ad avere la meglio. Con l’aiuto del Beato Reginaldo d’Orléans e il sostegno spirituale di Giordano di Sassonia, braccio destro di San Domenico, fonda il monastero di Sant’Agnese.

L’autodeterminazione al dono di sé

Non si ritira dal mondo per fuggirlo, ma per servirlo meglio. In quel monastero, cuore pulsante di preghiera e riflessione, accoglie giovani donne, promuove la vita comunitaria e custodisce la fiamma della predicazione.

Non c’è nulla di debole o remissivo in Diana degli Andalò. È una donna di fuoco, di carattere, di cuore. E tutta questa energia la canalizza non per reclamare spazi personali o erigere barricate contro il mondo esterno, bensì per creare ponti, per costruire qualcosa che duri, per servire.

Nel tempo in cui alla donna è concesso un risicato margine di autonomia, Diana osa scegliere.

Non per capriccio, ma per vocazione. Non lo fa per sé sola, ma per gli altri. Ed è proprio in questa apparente “rinuncia” che si nasconde il suo più grande atto di libertà.

Se oggi l’auto-determinazione viene declinata troppo spesso come rottura, isolamento, ricerca esasperata del sé, Diana degli Andalò ci racconta una storia diversa. Ci mostra un volto nobile della determinazione femminile: quello che non rifiuta il dono, ma lo fa diventare centro della propria identità.

Una rivoluzione gentile, ma irremovibile. E, per questo, ancora più potente.

Diana degli Andalò