Ai piedi della croce

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Giovanni 19,25-34: Ai piedi della Croce, il cuore si apre

Il Vangelo di Giovanni ci porta sulla scena della Croce con un’inquadratura stretta, quasi cinematografica.

Non c’è folla indistinta. Ci sono nomi, volti, legami. Maria, la madre. Il discepolo amato. Al centro: Gesù. In alto: il mistero.

La tenerezza che resiste al dolore

“Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèopa e Maria di Màgdala.”

In un momento in cui tutto sembra crollare, le donne restano. Non fuggono, non si nascondono. La loro presenza silenziosa è un grido di fedeltà.

E lì accade qualcosa di straordinario: un figlio consegna sua madre, e una madre riceve un nuovo figlio.

“Donna, ecco tuo figlio. […] Ecco tua madre.”

Non è solo un gesto affettuoso: è l’atto fondativo della Chiesa. Sotto la Croce nasce una nuova famiglia, non per legami di sangue, ma per legami di amore e di fede. E Maria, la Madre, diventa anche la Madre di tutti noi. Un’eredità di affetto in mezzo al dolore.

Acqua e sangue: l’amore fino all’ultima goccia, ai piedi della croce

“Ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.”

Giovanni non è mai casuale con i dettagli. Quel colpo di lancia, che sembra finale, è in realtà l’inizio di una rivelazione. Il

sangue e l’acqua sono segni forti e simbolici: il sacrificio (sangue) e il battesimo (acqua), l’Eucaristia e la vita nuova. È come se, anche da morto, Gesù non smettesse di donare.

È una scena intensa, sì. Ma non cupa. Perché è da qui che nasce la speranza, da un cuore trafitto che non smette di amare.

L’amore non muore

Il Vangelo di Giovanni ha sempre quel tono poetico e profondo, e qui raggiunge un culmine: l’amore di Gesù che si consuma completamente, senza trattenere nulla. È come se dicesse: “Ecco, questo è tutto ciò che ho. È per te.”

E in questo “tutto” ci siamo noi: consegnati a Maria, abbracciati da un cuore trafitto, invitati a non fuggire dalla Croce, ma a restare, come le donne, come il discepolo amato. Perché proprio lì, dove sembra tutto finito, qualcosa comincia davvero.

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