Cuore matto: l’aritmia non è permalosa
Qualche tempo fa, ho cominciato a sentire un po’ di batticuore, o come cantava qualcuno, un cuore matto.
Non era una questione d’infatuazione (con gran sollievo di mio marito, o forse no). Era una più prosaica aritmia.
Io, convinta che l’aritmia fosse un segno permaloso ed egocentrico, ho deciso di ignorarla. Pensavo che si sarebbe offesa e sarebbe andata via da sola. Magari per presentarsi a persone più attente di me.
L’aritmia è un tenace spasimante
Avevo fatto male i miei calcoli. Altro che permalosa: l’aritmia mi si è appiccicata come una cozza: giorno e notte, in pace e in guerra, nella buona e nella cattiva sorte, come uno spasimante tenace e cocciuto.
Finché il medico, auscultandomi (che brutto verbo!), ha decretato che insomma, dopo mesi di serrato corteggiamento, a questa aritmia dovevo pur dedicare un po’ di attenzione.
Così stamattina sono venuta a mettere l’holter, una spia in formato elettronico.
Un accrocchio deputato a sorvegliare i miei battiti, il mio cuore matto e il mio ritmo cardiaco, che non vuol saperne di andare a tempo (ma quando mai sono andata a tempo io? Manco nella danza, vero, marito caro?).
La dottoressa mi ha appiccicato elettrodi e cerotti, rassicurandomi che non devo fare nulla di pericoloso, né di doloroso: solo vivere normalmente.
Come se vivere normalmente non comportasse già una certa dose di dolore e pericolo. Ma si sa, la medicina è una scienza, non una branca della filosofia.
L’unica cosa nuova che devo fare, è annotare ogni mia azione nel corso della giornata. A tale scopo, la dottoressa mi ha dato un diario.
Bé, direi che questo lo so fare: è una vita che scrivo dei fatti miei, senza neanche bisogno dell’holter, del diario e dell’aritmia.
