San Filippo Neri

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San Filippo Neri: il Santo della Gioia che Conquista Roma

Roma, XVI secolo. In un mondo segnato da riforme, rivoluzioni e roghi, spunta una figura che non si adegua al cliché del santo austero e dolente: San Filippo Neri! Un uomo che ride, che scherza, che canta… e che, proprio con questi strumenti, conquista cuori e coscienze.

Lo chiamano “l’Apostolo di Roma”, ma lui preferisce farsi chiamare semplicemente “Pippo bono”.

Una giovinezza in cerca di senso

Nato a Firenze nel 1515, Filippo cresce in un ambiente borghese, educato e credente. Ma presto abbandona le sicurezze familiari e si trasferisce a Roma, dove sceglie la povertà per amore del Vangelo.

Non entra subito in seminario: per anni vive da laico, si dedica allo studio, alla preghiera, e soprattutto… alle anime.

Sotto le volte scrostate delle chiese romane e nei vicoli maleodoranti, Filippo incontra poveri, pellegrini, giovani svagati e nobili annoiati. Li ascolta, li intrattiene, li invita alla confessione. E sempre, immancabilmente, li fa ridere.

San Filippo Neri e la spiritualità del sorriso

A Filippo non basta pregare in silenzio: fonda l’Oratorio, uno spazio di incontro dove si legge il Vangelo, si canta, si riflette… e si scherza. Le sue “serate oratoriane” diventano una rivoluzione spirituale travestita da ritrovo informale. Giovani e anziani, nobili e popolani, si ritrovano per parlare di Dio tra una risata e un madrigale.

Ma attenzione: dietro quel sorriso costante si cela una fede profondissima. Filippo vive estasi mistiche, sperimenta levitazioni, e durante la preghiera il suo cuore – letteralmente – si dilata. Medici e testimoni confermano: il suo torace si deforma, come a contenere un amore che fisicamente lo travolge.

Una santità fuori dagli schemi

Filippo rifiuta le cariche, rifugge gli onori. Quando lo propongono come cardinale, risponde con una risata. Quando lo accusano di essere troppo leggero, risponde con una carezza e un aneddoto edificante. Indossa abiti consumati, gira con una gallina sotto la tonaca per ridicolizzare il proprio ego, e si diverte a spegnere la vanagloria dei suoi discepoli con scherzi taglienti.

La sua pedagogia è geniale: sa che per guidare le anime verso Dio, serve allegria più che paura. Conquista i giovani parlando la loro lingua, li attira con la musica, li istruisce con l’esempio. Ogni anima è per lui un mistero da accogliere, mai da forzare.

San Filippo Neri cuore di Roma

Nel 1551 si fa prete, ma il suo ministero è già in piena attività da anni. La sua confessionale è assediata giorno e notte.

Si racconta che sappia leggere nei cuori, che guarisca malattie con un sorriso e che converta bestemmiatori incalliti con una sola frase.

La sua fama si diffonde. Papa, cardinali e semplici cittadini lo cercano, lo interrogano, lo amano. Eppure lui resta sempre lo stesso: semplice, umile, pieno di gioia. Roma, città dai mille volti e dai mille peccati, trova in lui una luce nuova.

Una morte dolce come una carezza

Il 26 maggio 1595, all’età di 80 anni, Filippo si spegne serenamente. Ha celebrato la Messa, ha confessato fino a tardi, ha sorriso fino all’ultimo. Muore come ha vissuto: in intimità con Dio e con gli uomini. Il popolo lo piange come un padre. La Chiesa lo proclama santo nel 1622, insieme a Ignazio di Loyola e Teresa d’Avila. Ma lui, ne siamo certi, avrebbe preferito festeggiare con una canzone e una partita a pallone.

San Filippo Neri: santo della gioia

Oggi Filippo Neri resta una figura più che mai attuale. In un mondo stanco, individualista e spesso cinico, la sua “teologia del sorriso” è una provocazione sana. Ci ricorda che la santità non è una questione di muscoli spirituali, ma di cuore aperto. Che la fede, se è vera, non può non sfociare in una gioia contagiosa.

San Filippo Neri non cambia il mondo con grandi gesti o potere. Lo cambia ridendo, ascoltando, amando. Ed è forse proprio per questo che continua a parlare alle generazioni, cinque secoli dopo.

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