Marco Evangelista

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Chi è Marco Evangelista, il santo che la Chiesa celebra oggi?

Sappiamo poco di Marco Evangelista, questo giovane, che con tutta probabilità fu conquistato dalla predicazione di San Pietro. Non conosciamo la sua età, né nulla sulla sua famiglia, la sua occupazione, nemmeno la sua esatta provenienza.

Lo incontriamo negli Atti degli apostoli, dove si accenna appena a lui. Pietro è stato arrestato da Erode, ma l’angelo del Signore lo libera. L’apostolo va a cercare rifugio in casa di amici:

Egli (Pietro) dunque, consapevole della situazione, andò a casa di Maria, madre di Giovanni detto anche Marco, dove molti fratelli erano riuniti in preghiera. (At 12,12)

Tutto ciò che sappiamo del futuro evangelista, è il suo nome. Giovanni è probabilmente il vero nome, in ebraico e Marco è il nome greco. Sua madre si chiama Maria, in casa loro ospitano una piccola comunità di cristiani. Non si fa riferimento a un padre. Forse Marco è orfano e vive ancora nella casa della madre, deve perciò essere abbastanza giovane.

Poco dopo, apprendiamo che Barnaba e Saulo (Paolo di Tarso) partono in missione, portando il ragazzo con sé:

Barnaba e Saulo, compiuta la loro missione, tornarono da Gerusalemme, prendendo con loro Giovanni detto anche Marco. (At 12,25)

Un incidente diplomatico

Marco accompagnerà i due apostoli in un viaggio missionario (At 13,5)

Giunti a Salamina, annunciarono la Parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei; e avevano con loro Giovanni come aiutante. (At 13, 5)

per poi tornare, da solo, a Gerusalemme:

Paolo e i suoi compagni, imbarcatisi a Pafo, arrivarono a Perga di Panfilia; ma Giovanni, separatosi da loro, ritornò a Gerusalemme. (At 13, 13)

Qualcosa deve essere andato storto, durante la missione. Questa separazione non è del tutto pacifica. Fra Paolo e Barnaba si crea una divergenza di opinioni, proprio sull’opportunità di dare a Marco una seconda opportunità:

Dopo diversi giorni Paolo disse a Barnaba: «Ritorniamo ora a visitare i fratelli di tutte le città in cui abbiamo annunciato la Parola del Signore, per vedere come stanno». Barnaba voleva prendere con loro anche Giovanni detto Marco.Ma Paolo riteneva che non dovessero prendere uno che si era separato da loro già in Panfilia e che non li aveva accompagnati nella loro opera. Nacque un aspro dissenso, al punto che si separarono; Barnaba prese con sé Marco e s’imbarcò per Cipro. (AT 15, 36-39)

Barnaba e Marco vanno a Cipro. In seguito, gli Atti non menzionano più Marco. Lo ritroviamo citato nella lettera di San Paolo ai Colossesi:

Vi salutano Aristarco, mio compagno di prigionia, Marco, il cugino di Barnaba (a proposito del quale avete ricevuto istruzioni; se viene da voi, accoglietelo) e Gesù, detto Giusto. Questi provengono dai circoncisi, e sono gli unici che collaborano con me per il regno di Dio, e che mi sono stati di conforto. Col 4,10-11

La pace con Paolo sembra fatta, tanto che l’apostolo menzionerà di nuovo Marco, nella lettera a Timoteo:

Solo Luca è con me. Prendi Marco e conducilo con te; poiché mi è molto utile per il ministero. 2Ti 4, 11

E in quella a Filemone, scritta all’inizio degli anni 60, dalla prigionia a Roma:

Ti saluta Epafra, mio compagno di prigionia per Cristo Gesù, con Marco, Aristarco, Dema e Luca, miei collaboratori. Fm, 23-24

Marco evangelista a Roma

Apprendiamo dunque che, dalla Giudea, Marco Evangelista è approdato a Roma, al seguito di Paolo. Sarà Eusebio di Cesarea, due secoli e mezzo dopo, a informarci che Marco è vicino a Pietro, e ne sta raccogliendo la testimonianza per iscritto:

“Marco, divenuto interprete di Pietro, scrisse con esattezza tutto ciò che ricordava delle parole e delle opere del Signore, senza seguire un ordine, ma riportando fedelmente ciò che Pietro predicava”

(Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica, III, 39,15)

Le scarne notizie su Marco finiscono qui, dalle fonti dirette. E tuttavia, è dal testo del Vangelo che ha scritto che possiamo ricavare delle informazioni indirette su di lui.

Un Vangelo per i pagani

Il testo composto da Marco Evangelista, mostra con chiarezza che i lettori a cui si rivolge non sono giudei. Lo si comprende dall’aggiunta di spiegazioni circa le usanze e le festività giudaiche. Spiegazioni che non sarebbero state necessarie, se il Vangelo fosse stato rivolto ad ebrei. Ecco un esempio:

«I farisei e tutti i Giudei infatti non mangiano senza essersi lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi, e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come il lavaggio di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame.» Mc 7, 3-4

In questi versetti, Marco illustra una pratica di purificazione, mentre Matteo e Luca (che scrivono per comunità ebraiche) non lo fanno.

E di seguito, definisce il termine Parasceve, che un ebreo avrebbe già conosciuto:

«Era il giorno della Parasceve, cioè la vigilia del sabato…» Marco 15,42

Inoltre, Marco Evangelista riporta alcune parole in aramaico, ma le traduce per i suoi lettori:

«Talità Kum», che significa: «Fanciulla, alzati!» Marco 5,41

«Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» Marco 15,34

Questo suggerisce che il suo pubblico non comprenda l’aramaico, la lingua parlata dagli ebrei in Palestina.

Per rendersi ancora più comprensibile dai suoi lettori, l’evangelista non esista a introdurre vari latinismi:

Centurio (Marco 15,39) – “Centurione”

Denarius (Marco 12,15) – “Denaro”

Praetorium (Marco 15,16) – “Pretorio”

Modius (Marco 4,21) – “Moggio” (misura di capacità)

Marco Evangelista: un giudeo che scrive in greco

Tuttavia, è evidente che colui che scrive sia giudeo. Marco Evangelista tende a usare molte costruzioni perifrastiche, invece di verbi diretti.

Questo è un tratto tipico della lingua semitica. Anche se scrive in greco, il suo non è un greco ellenistico, invece, Marco Evangelista conserva alcune espressioni semitiche che risultano insolite in greco. Marco tende a usare molte costruzioni perifrastiche, invece di verbi diretti. Questo è un tratto tipico della lingua semitica. Nel testo si trovano anche alcuni errori grammaticali tipici di un madre lingua semita, che scriva in greco.

Nel suo Vangelo, spesso i giudei e persino gli apostoli non comprendono le parole di Gesù (Marco 4,13; 6,52; 8,17-18). Chissà, forse in questo modo, Marco Evangelista riproduce le difficoltà di comprensione che ha incontrato, nel predicare il Vangelo presso un popolo, una cultura e una lingua diversi dai suoi.

Da parte sua, gli va riconosciuto che fa ogni sforzo per rendersi scorrevole e immediato. Il suo è il vangelo più breve, più asciutto, quasi concitato.

Marco Evangelista abbonda in frasi coordinate, creando un ritmo narrativo veloce e quasi frammentario. Questo stile è tipico della lingua parlata o dei racconti orali.

Inoltre, spesso Marco descrive eventi passati usando il presente (presente storico) per rendere la narrazione più vivida e coinvolgente.

Il greco di Marco è semplice, diretto, vivace e poco raffinato. Non è elegante come quello dell’evangelista Luca, medico e colto e nemmeno filosofico come quello di Giovanni. Nonostante la sua apparente “povertà” stilistica, il suo linguaggio è estremamente efficace nel creare una narrazione immediata e coinvolgente.

Marco si trova a predicare il messaggio evangelico nel pieno delle persecuzioni dei cristiani, operate da Nerone. Il suo vangelo enfatizza la sofferenza di Cristo, un tema che avrebbe avuto particolare risonanza per i cristiani perseguitati sotto Roma. Non a caso, il suo è un vangelo pieno di messaggi di speranza e salvezza.

MARCO EVANGELISTA