Filippo e Giacomo il Minore: due apostoli, due stili, una sola missione
Da domani si può pregare la novena ai santi Filippo e Giacomo.
Chi erano? Cosa sappiamo di loro? Filippo e Giacomo erano discepoli, ovvero parte dei dodici più vicini a Gesù. Di loro parlano le fonti antiche, i Vangeli, gli atti degli apostoli.
Ogni gruppo ha il chiacchierone entusiasta e il tipo silenzioso, ma profondamente saggio. Tra gli apostoli, potremmo dire che Filippo e Giacomo il Minore rappresentano proprio queste due anime. Eccoli qui, in un ritratto a metà tra vangelo e leggenda, con qualche nota di colore.
Filippo: il primo ad accendere il passaparola
Originario di Betsaida, lo stesso villaggio di Pietro e Andrea, Filippo non perde tempo: quando Gesù lo chiama, lui risponde con un sì pieno e immediato. Ma non finisce lì. L’entusiasmo è talmente contagioso che subito va da Natanaele e gli dice una frase destinata a diventare un piccolo manifesto missionario: “Vieni e vedi” (Gv 1,46). Praticamente il primo invito virale della storia!
Filippo è presente in diversi momenti-chiave del Vangelo di Giovanni. Quando la folla affamata preme su Gesù, è proprio lui che chiede: “Dove possiamo comprare il pane per tutta questa gente?” (Gv 6,5). Un Forse momento che rivela quanto Filippo stia ancora cercando di capire la portata di chi ha davanti.
Poi c’è l’episodio con i greci curiosi di conoscere Gesù (Gv 12,20-22): chi vanno a cercare? Sempre lui.
E durante l’Ultima Cena, è ancora Filippo a intervenire con una richiesta che sa di desiderio sincero e di fede ancora in costruzione: “Mostraci il Padre e ci basta” (Gv 14,8).
Gesù risponde con parole che ci fanno intuire che i pezzi del puzzle si incastreranno solo dopo la Risurrezione, con il dono dello Spirito.
Secondo la tradizione, Filippo avrebbe poi viaggiato molto — dalla Scizia (una regione tra l’Ucraina e la Russia) alla Frigia, nell’attuale Turchia, dove sarebbe stato martirizzato a testa in giù su una croce a X. Dopo varie “peripezie post-mortem”, le sue reliquie sarebbero arrivate a Roma, nella basilica dei Dodici Apostoli.
Giacomo il Minore: il silenzioso pilastro di Gerusalemme
Meno appariscente di Filippo, Giacomo il Minore è l’apostolo che potremmo definire “il cuore nascosto della Chiesa primitiva”. Detto “il Minore” — probabilmente per distinguerlo dall’altro Giacomo, fratello di Giovanni — questo Giacomo non parla molto nei Vangeli, ma si fa sentire, eccome, negli Atti degli Apostoli. Sappiamo poco su Filippo e Giacomo non è meglio noto. Viene chiamato Giacomo d’Alfeo e potrebbe essere un parente di Gesù. Forse un cugino.
Dopo la morte di Giacomo il Maggiore e la partenza di Pietro, è lui a diventare vescovo di Gerusalemme. E lì si dimostra un vero leader, stimato non solo dai cristiani ma anche dagli ebrei più ortodossi, per via della sua vita ascetica e della coerenza tra parole e gesti.
È autore della Lettera di Giacomo, un testo che sembra risuonare come un’eco del Discorso della Montagna: concreto, essenziale, profondo. Non parla per fare scena, ma per scuotere le coscienze.
Secondo lo storico Giuseppe Flavio, morì lapidato nel 62 d.C.: un finale tragico ma coerente con tutta la sua vita di coerenza silenziosa.
Filippo e Giacomo, due stili, una stessa luce
Filippo e Giacomo il Minore sono diversissimi: il primo entusiasta, dinamico, sempre con la parola pronta; il secondo riservato, profondo, quasi invisibile… ma fondamentale. Eppure, entrambi hanno risposto con sincerità e forza alla chiamata di Gesù, mettendosi in gioco fino in fondo.
Uno ha detto: “Vieni e vedi”. L’altro ha vissuto come se dicesse: “Fate, e capirete”. Due vie, una sola verità.
