Mercoledì santo: Giuda il traditore

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Giuda, trenta denari e una cena piena di domande

C’è un uomo nel Vangelo che da secoli ci inquieta: Giuda Iscariota.

Non è un nemico. Non è uno sconosciuto.

È uno dei Dodici. Uno che ha mangiato, camminato e riso con Gesù. Uno che ha ascoltato le sue parole da vicino.

Ed è proprio lui che lo tradisce.

“Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?”

Una frase che rimbalza nei secoli. Fredda, tagliente.

Gli offrono trenta denari.

Un valore non irrisorio: quanto bastava per acquistare un campo.

Un campo. Terra. Né pochissimo, né una cifra da capogiro. Ma quanto vale la vita del Maestro, quella di un amico, quella di un uomo?

Forse Giuda tradisce per avidità. Forse aveva un’idea tutta sua di Messia.

Forse spera di forzare la mano a Gesù, di spingerlo a diventare quel liberatore guerriero che, in fondo, gli israeliti aspettano.

Forse è deluso perché il Regno che Gesù annuncia non è quello che si aspettava.

È facile puntargli il dito contro. Ma alla fine, quello che colpisce è la sua banale umanità.

Giuda non ha le corna e la coda: ha solo un cuore in crisi. Sceglie l’interesse, il guadagno immediato, il vantaggio personale, invece della fiducia.

Giuda e Gesù

Durante la cena, Gesù dice:

“Uno di voi mi tradirà.”

E tutti, tutti, si chiedono:

“Sono forse io, Signore?”

Ecco il colpo di scena. Nessuno si sente al sicuro. Nessuno pensa: “Di sicuro non sono io.”

Perché, in fondo, ogni discepolo sa che il tradimento non è solo un gesto eclatante. È anche il lento raffreddarsi del cuore, le piccole scelte che mettono noi al centro e Dio ai margini.

Il Papa ci ricorda che ognuno ha dentro di sé un “piccolo Giuda”.

Non è un insulto. È un richiamo alla verità.

Non serve vendere un Messia per trenta denari per avere un “Giuda interiore”.

A volte lo tiriamo fuori per molto meno: un pettegolezzo, un compromesso facile, una scelta comoda.

E allora, oggi, forse vale la pena fermarsi e pregare:

“Gesù, tienimi d’occhio così non perdo la bussola.”

Tutti, nella vita, abbiamo dei momenti in cui scegliamo l’interesse alla lealtà, il calcolo alla fiducia, la sicurezza al Vangelo.

E spesso, come Giuda, cerchiamo di convincerci che in fondo… è la cosa giusta.

Il diavolo, ci ricorda il Papa, è un pessimo pagatore. Ti promette tutto, ti illude… e poi ti lascia solo con le tue trenta monete e un sacco di rimorsi.

La tragedia del mancato perdono

La tragedia di Giuda non è solo il tradimento.

È che non riesce a credere nel perdono.

Non riesce a tornare. Non come Pietro, che pure ha sbagliato, ma ha avuto il coraggio di piangere e ripartire.

Non servono trenta monete per tradire.

Basta un cuore confuso, un sogno infranto, un’idea sbagliata di Dio. Un cuore al buio.

Ma la Buona Notizia è questa: non c’è tradimento che non possa essere guarito, se troviamo il coraggio di restare sotto quello sguardo che, anche a cena, continua a dire:

“Amico…” se continuiamo a dare fiducia a quel Dio che perdona ogni errore, di fronte a un sincero pentimento.

Giuda