Dio è morto, ma anche no
Dio è morto. Lo ha detto Nietzsche, lo ha cantato Guccini, ne ha ironizzato Woody Allen. E ogni volta, la frase ha assunto un significato diverso, adattandosi allo spirito del tempo. Ma è davvero così? Possiamo davvero vivere senza Dio, senza una dimensione del sacro?
Nietzsche: Dio è morto e noi lo abbiamo ucciso
Era il 1882, quando Friedrich Nietzsche proclamò la morte di Dio. L’opera che raccoglie questa frase tanto lapidaria è: La gaia scienza. Nell’aforisma 125 intitolato L’uomo folle, un uomo impazzito corre per il mercato gridando:
“Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso!”
Non è un’esultanza, ma un grido di angoscia. Nietzsche non intende dire che Dio sia letteralmente morto, ma che l’idea di Dio, che per secoli ha dato ordine e significato al mondo, è stata distrutta dalla modernità, dal progresso scientifico e dal razionalismo.
Dio e’ morto perche’ l’uomo ha voluto ucciderlo, cancellandolo dalla sua esistenza.
Il problema, secondo Nietzsche, è che l’uomo non è pronto a vivere senza Dio. Eliminare Dio significa togliere il fondamento della morale, della verità, del senso stesso della vita. E senza questi punti di riferimento, il rischio è il nichilismo, l’abisso del “tutto è permesso” senza più valori assoluti.
Guccini: Dio è morto… in musica
Più di ottant’anni dopo, nel 1967, Francesco Guccini riprende la celebre frase in una canzone che ha fatto scalpore: Dio è morto. La scrive per i Nomadi, ma poi non resiste alla tentazione di interpretata lui stesso. Il messaggio sembra contundente, al limite della blasfemia. La canzone viene inizialmente censurata dalla RAI. Ne parla invece bene L’Osservatore Romano, il giornale del Vaticano.
Guccini canta:
“Ho visto la gente della mia età andare via lungo le strade che non portano mai a niente.
[…]
Dio è morto.” Il messaggio non è nichilista. La seconda parte della canzone capovolge la prospettiva: “Ma penso che questa mia generazione è preparata a un mondo nuovo, a una speranza appena nata, ad un futuro che ha in mano, a una rivolta senza armi, perché noi tutti ormai sappiamo che se Dio muore è per tre giorni e poi risorge.”
Guccini riprende il tema della crisi, del fallimento delle ideologie e della fede tradizionale. Eppure, non si ferma al pessimismo. La morte di Dio non è la fine. Al contrario, è l’inizio di qualcosa di nuovo. Un Dio diverso, che guarda al futuro e che rinasce nella speranza e nella voglia di cambiamento delle nuove generazioni. Una idea di Dio fatta a uso e consumo dell’uomo, ma comunque indispensabile.
Woody Allen: un Dio assente e tragicomico
E poi c’è Woody Allen, che affronta il tema con il suo umorismo dissacrante. In Without Feathers (1975), scrive:
“Dio è morto, Marx è morto e anch’io oggi non mi sento molto bene.”
Il regista e attore americano non e’ nuovo a queste uscite, spesso dissacranti. Qui il tono è ancora diverso. Allen non cerca una nuova speranza come Guccini, né un nuovo sistema di valori come Nietzsche. La sua è una rassegnata ironia. Se Dio è morto, se l’uomo ha deciso di farne a meno, allora il mondo è un caos in cui non ci resta che ridere del nostro smarrimento. Se l’universo è senza senso, tanto vale affrontarlo con una battuta.
L’uomo può davvero fare a meno di Dio?
Tutti questi esempi, con sfumature diverse, raccontano lo stesso problema: cosa succede quando Dio non c’è più? Può l’uomo vivere senza una dimensione del sacro?
Facciamo un piccolo passo indietro. Prendiamo in considerazione un libro molto illuminante, sulla religione. L’autore e’ il teologo e storico delle religioni Rudolf Otto. Nel suo libro: Il sacro, pubblicato per la prima volta nel 1917, risponde alla nostra domanda. Otto dice che no, l’uomo non può fare a meno di Dio.
Introduce il concetto di numinoso, una realtà che suscita nell’uomo un misto di timore e fascino, qualcosa di misterioso e al tempo stesso irresistibile. La religiosità, secondo Otto, non nasce da dogmi o regole morali, ma da questa esperienza primordiale del sacro, che è universale e presente in tutte le culture. Il teologo conferma una realta’ semplice, che pure noi moderni ci sforziamo di ignorare. Non e’ Dio ad aver bisogno dell’uomo. E’ l’uomo che ha bisogno di Dio.
E piu’ tentiamo di negare questa nostra fame di Dio, piu’ essa diventa forte, impellente, ineludibile.
Anche in un’epoca secolarizzata come la nostra, anzi, a maggior ragione, l’uomo continua a cercare Dio. Il problema e’ che spesso dirotta la sua attenzione verso simulacri e idoli. Tanti oggi tentano di soddisfare la loro necessita’ di sacro, sotto nuove forme: nella meditazione, nella spiritualità laica, nella ricerca di senso attraverso l’arte o la filosofia.
Non è un caso che la settimana scorsa, a Milano, si sia svolto il Soul Festival, un evento interamente dedicato alla ricerca della spiritualità nel mondo contemporaneo. Incontri, conferenze, spettacoli. Tutto dimostra in modo evidente che, nonostante il progresso e la celebrazione della razionalità, l’uomo continua a essere pervaso da quella sete di infinito che lo accompagna da sempre.
La morte di Dio non è la fine, ma un nuovo inizio
L’idea che Dio muoia, non e’ poi cosi strana e blasfema, per noi cristiani. E’ anzi un’idea che ci e’ molto familiare. Perche’ il nostro Dio, davvero si e’ fatto uomo. E dell’uomo ha condiviso il destino crudele della morte. Di piu’, lo ha condiviso nel modo piu’ atroce e infamante: con la croce. Un tipo di pena capitale riservata ai criminali comuni, feroce e vergognosa.
Il nostro Dio e’ sceso fra gli uomini. Ha accettato, come dice San Paolo, di essere: scandalo dei giudei, stoltezza dei pagani. Se Dio fosse stato solo uomo, questa sarebbe una storia triste. Nessun lieto fine.
Il buono muore, i cattivi hanno vinto, partono i titoli di coda. Una fine cosi, senza motivo e senza giustizia, equivarrebbe a toccare il fondo della disperazione. Invece, noi cristiani sappiamo che il nostro Dio non solo muore, ma risorge.
Il nostro Dio sconfigge la morte, non ne e’ sconfitto. E con la sua resurrezione, sancisce una nuova, eterna alleanza. Il Dio uomo offre questa meravigliosa opportunita’ di salvezza a tutti i credenti. La resurrezione e’ una concreta opportunita’ per tutti. Non un concorso a numero chiuso. Non un club esclusivo, per pochi eletti, magari raccomandati.
Dio è morto? Forse sì. Ma è morto per poi risorgere. E questa, alla fine, è la notizia che cambia tutto.
