Le cattive azioni

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Le cattive azioni

Caro Padre, se ho visto o sono venuto al corrente di una cattiva azione commessa da una persona che conosco, come mi devo comportare?

Una cosa che, come esseri umani prima ancora che cristiani, non dobbiamo mai dimenticare è che “i particolari fanno la differenza”. Tutti facciamo esperienza di come, ammirando una tela famosa, ciò che la rende inestimabile, sono i particolari che ogni artista cura nella realizzazione dell’opera. 

Un santo sacerdote, anni fa, mi disse che diventare santi non era difficile.

A suo dire, «noi dobbiamo essere come la tela che l’Artista divino vuole dipingere; la tela sta ferma sotto l’opera del pittore: se la tela inizia a muoversi, mai si avrà un’opera d’arte. Lo stesso è per noi. Siamo tele nelle mani dell’Artista che ha dipinto il mondo».

Qualcuno si chiederà cosa c’entri questo con la domanda iniziale… Semplice! Come nel caso dell’artista, noi siamo chiamati a stare fermi prima di fare qualsiasi scelta o compiere azioni per le quali ci potremmo pentire. Perché sono le azioni che dicono delle nostre intenzioni e del nostro essere.

Proviamo, pertanto, a darci qualche indicazione pratica.

Un Le cattive azioni devono essere tali

Innanzitutto, ricordiamo che non tutto quanto abbiamo saputo e del quale siamo venuti a conoscenza è necessariamente vero.

Capita, purtroppo, che taluni si dilettino nel calunniare altri (riportando fatti mai accaduti) oppure modificano la realtà (aggiungendo particolari piccanti atti a rendere il racconto più stuzzicante e che sono falsi).
Per tale ragione dobbiamo avere enorme prudenza non solo nel riportare i fatti (e non è detto che siamo tenuti a raccontarli…) ma ancor di più nell’ascoltare notizie riportate da altri.

«Non si sazia l’occhio di guardare, né mai l’orecchio è sazio di udire» ci dice l’autore del Qoelet (1,8)… e questa avidità non è indifferente da un punto di vista morale; ci mette, infatti, in una condizione di peccato qualora ci si lasci coinvolgere in chiacchiericci che fanno male a chi narra, a chi ascolta e a chi è oggetto del racconto.

Attenzione alla maldicenza


Prestare orecchio alla maldicenza (vera o falsa che sia) è un peccato tanto diffuso quanto raramente confessato e nell’era dei social network, dove tutto sembra essere ammesso solo perché nascosti da uno schermo, si compie con una leggerezza e frequenza che ha dell’assurdo.

Per non dire, poi, della scarsità di prontezza che si dovrebbe adoperare per non cadere nelle trappole di chi indugia nel diffamare altri. Spesso ci lasciamo travolgere dal male vomitato dagli altri senza batter ciglio e quasi con avidità.

Pochi sarebbero contenti nel sapere che altri raccontano i propri affari, ma non esitano nel fare, con superficiale facilità, il contrario, contravvenendo alla fondamentale regola d’oro secondo la quale «tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro» (Mt 7,12).

Il Catechismo

Tanto per essere precisi, ricordiamo quanto il Catechismo (2477) ci insegna:

«Il rispetto della reputazione delle persone rende illecito ogni atteggiamento ed ogni parola che possano causare un ingiusto danno. Si rende colpevole:

— di giudizio temerario colui che, anche solo tacitamente, ammette come vera, senza sufficiente fondamento, una colpa morale nel prossimo;

— di maldicenza colui che, senza un motivo oggettivamente valido, rivela i difetti e le mancanze altrui a persone che li ignorano; 

— di calunnia colui che, con affermazioni contrarie alla verità, nuoce alla reputazione degli altri e dà occasione a giudizi erronei sul loro conto».

Ecco, allora che, qualora si fosse a conoscenza di fatti delittuosi, siamo tenuti a rivolgerci all’autorità competente per segnalare quanto riteniamo opportuno, ma a questo deve seguire silenzio profondo e tanta preghiera.

Inutile dire che i più buoni hanno la capacità, prima di denunciare, di andare dal fratello (sempre che lo si consideri tale) e parlare apertamente… ma questo richiede coraggio, pazienza, prudenza, comprensione, ascolto e molto altro ancora…

E, tanto per concludere, mi piace ricordare una verità da poco espressa in un’intervista: «Il cristianesimo non è interessato solo alle vittime, ma anche ai peccatori» (F. Hadjadj): e questo fa la differenza… e che differenza!

Ma per capire questo sarà prima necessario aver capito il senso della morte in croce di Cristo, altrimenti l’impeto giustizialista avrà sempre la meglio devastando quel campo, in cui, il Padrone desidera che il grano e la zizzania crescano insieme fino alla mietitura.

Messa in televisione
il Blog di Anna Porchetti, rigorosamente vista mare!