La rivincita dell’inclusione: una storia che smonta i pregiudizi contro i ragazzi con sindrome di Down
C’è un’ipocrisia di fondo nella nostra società, un inganno ripetuto con voce melliflua e condiscendente: “Siamo inclusivi, accogliamo tutti, abbattiamo le barriere”.
Bellissime parole, peccato che nei fatti la realtà sia spesso un’altra. Perché quando si tratta di bambini con la sindrome di Down, il messaggio che passa è ben diverso.
La narrazione dominante dice che “per il loro bene” sarebbe meglio non farli nascere. E invece, come uno schiaffo a questa mentalità, ecco Fabio Procopio, 27 anni, ballerino, atleta, lavoratore e trascinatore azzurro ai Giochi Mondiali Invernali Special Olympics di Torino 2025.
Il destino secondo i benpensanti
Secondo certi luminari della modernità, Fabio sarebbe dovuto essere un numero nelle statistiche delle interruzioni di gravidanza. Uno di quei “non nati per il loro bene”.
Secondo loro, la sua vita sarebbe stata un calvario, un peso per la famiglia, una sofferenza senza scopo. Ma il destino, si sa, ha un bel senso dell’umorismo e si diverte a ribaltare le aspettative.
Oggi, Fabio non solo esiste, ma è un esempio vivente di come la volontà e le opportunità possano creare qualcosa di straordinario.
È un atleta, un ballerino, un lavoratore con un contratto di tre anni in un fast-food, un giovane uomo che non solo ha preso in mano la sua vita, ma la sta vivendo con un’intensità che farebbe impallidire tanti cosiddetti “normodotati”.
La sfida dell’istruzione per i bambini Down “Facciamo di meno, così non si stanca”
La storia scolastica di Fabio meriterebbe un capitolo a parte nel manuale dell’ipocrisia educativa. Sin da bambino, la sua passione per la lettura e la conoscenza si è scontrata con il paternalismo di alcuni insegnanti: “Facciamo di meno, così non si affatica”, dicevano. Fabio, invece, ha voluto fare tutto.
Compiti fino a mezzanotte, esercizi ripetuti per mesi, un testardo “ancora una volta” che ha portato a risultati impensabili. Alla fine delle superiori, però, niente diploma, solo un credito formativo.
Perché? Perché i suoi sforzi, a quanto pare, non rientravano nei parametri giusti. Ma tanto, Fabio lo sappiamo, non si ferma certo per una formalità.
Lo sport come rivoluzione per i giovani con sindrome di Down
Se c’è un campo in cui le etichette si frantumano, è lo sport. E Fabio lo sa bene. Con tre allenamenti di ballo a settimana, due di nuoto (anche in acque libere!), coreografie sulle note dei Queen e un’energia contagiosa, è pronto a rappresentare l’Italia ai Giochi di Torino 2025.
E non è solo una questione di medaglie, ma di messaggi. Special Olympics non è solo una competizione, è una rivoluzione silenziosa che Fabio incarna perfettamente: il talento e la determinazione non conoscono barriere.
Il lavoro, l’indipendenza, il fast-food e una lezione di vita
Mentre alcuni ritengono che una persona con la sindrome di Down sia destinata a dipendere per sempre dagli altri, Fabio ha deciso di riscrivere anche questa storia.
Oggi lavora in un fast-food con un contratto triennale, è parte di una squadra, ha colleghi che fanno il tifo per lui. In un’epoca in cui tanti giovani senza problemi genetici fanno fatica a trovare un impiego e vivono nel precariato, lui ha conquistato la sua indipendenza con impegno e passione.Una famiglia che ha scelto di credere, sempre
C’è un altro grande protagonista in questa storia: la famiglia di Fabio. Una famiglia che ha scelto di guardare oltre la diagnosi, di credere nelle possibilità anziché nelle limitazioni, di accompagnarlo senza sostituirsi a lui. La madre, Carmela, lo racconta con orgoglio: dalle lacrime iniziali, alla consapevolezza che ogni ostacolo poteva essere superato.
Oggi, Fabio è la prova vivente che quella fiducia non era mal riposta.L’ipocrisia smascherata verso la sindrome di Down
E allora, torniamo al punto di partenza. Fabio non avrebbe dovuto esistere, dicono. La sua vita sarebbe stata difficile, dicono. Sarebbe stato un peso, dicono.
E invece, Fabio è qui. Fabio balla, lavora, studia, viaggia, sogna, vive. E non solo: trascina, ispira, dimostra ogni giorno che le categorie imposte dalla società sono spesso più limitanti delle reali capacità delle persone.
Forse, il vero problema non è mai stata la sindrome di Down. Forse, il vero problema è stato il pregiudizio di chi guarda senza vedere.
Fabio Procopio è la risposta più potente a questa mentalità. E a Torino 2025, quando ballerà davanti al mondo, il suo messaggio sarà ancora più chiaro: non esistono vite di serie B.
