La malattia, la morte e l’amore. La domanda è: Cosa resta di noi sulla terra, quando ce ne andiamo? La risposta è l’amore!
Cosa succede quando scompare un pezzo dei tuoi ricordi di giovinezza? L’attrice e regista italiana Eleonora Giorgi è morta ieri. Aveva 71 anni, e una malattia terribile.
Se n’è andata dopo una coraggiosa battaglia contro un tumore al pancreas scoperto nell’ottobre 2023. La sua scomparsa è un colpo per chi, come me, la ricorda in alcuni film che hanno accolto la nostra adolescenza e giovinezza.
La sua è stata una vita piena di successi, di momenti emozionanti, e anche di vicissitudini, dolori, una dipendenza dalla droga, affrontata e superata.
Un’esistenza intensa, ricca di tutto quello che il mondo considera importante: la bellezza, la ricchezza, il successo, il lavoro, la fama.
Eppure, come ogni esistenza, è destinata a finire. Cosa resta dunque di una persona, anche la più amata e stimata, dopo la morte?
La vita e l’amore finiscono?
Cosa ne è della vita e l’amore e tutto quello che abbiamo avuto, di fronte alla morte?
Il Vangelo è illuminante:
Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore. Mt 6, 19-21
Nella frenesia della vita quotidiana, siamo spesso portati a dimenticare questo saggio consiglio, offerto da Matteo. Per quanto una vita sia stata fortunata e sfavillante, tutto quello che si accumula sulla terra è destinato a perire, in qualche forma.
Allora cosa viviamo a fare? A che serve darsi da fare a lavorare, ad avere successo, l’ammirazione dei propri simili? Davvero tutto questo non serve a nulla?
Vivere la vita come un dono quotidiano
Sulla nostra vita non abbiamo alcun controllo. Ci illudiamo di averne e di poterla plasmare a nostro piacimento. La verità è che possiamo perdere tutto in ogni momento. E perderemo comunque tutto, presto o tardi.
Durante la fase terminale della sua malattia, Eleonora Giorgi ha mostrato una straordinaria forza d’animo, affrontando la situazione con serenità e amore per la vita e per la sua famiglia.
Nonostante i dolori e le sofferenze, non ha chiesto di anticipare la fine. Non conoscevo la persona Eleonora Giorgi, al più mi era noto il suo personaggio. Non so se la Giorgi credesse in Dio. Non so se abbia creduto, magari a modo suo, o se si sia convertita alla fine della vita, o se magari sia rimasta fino alla fine estranea alla fede. Ignoro la sua formazione religiosa e spirituale, ma questa scelta di vivere fino in fondo e fino all’ultimo istante, mi fa provare ammirazione.
In un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera”, ha condiviso momenti toccanti vissuti con i suoi figli, raccontando come le avessero stretto la mano per 14 ore consecutive. Un legame familiare profondo e indissolubile.
La Giorgi ha scelto di condividere pubblicamente il suo percorso di malattia, sottolineando l’importanza di vivere ogni giorno come un dono. In un’intervista al programma “I Lunatici” su Radio2, ha affermato: “Tengo duro, sono piena d’amore, capisco quante cavolate facciamo durante tutta la nostra vita sprecando il nostro tempo, dietro gelosie, ansie inutili, frustrazioni.”
Questa consapevolezza spesso ci manca, nella vita quotidiana, quando impieghiamo troppe energie e tempo per cose di nessuna importanza. Quasi che la vita fosse eterna. E invece, la vita su questa terra è una parentesi, un’anticipazione, un periodo di prova.
Peccato che debba essere la malattia a ricordarcelo. Se lo tenessimo sempre presente, vivremmo la vita con più consapevolezza.
Osservo però che, di fronte alla morte imminente, gli uomini hanno due modi diversi di reagire: o si comportano come se la vita fosse di loro proprietà, quindi ne potessero disporre come vogliono, o comprendono la sua dimensione di dono, e l’accolgono, pure nelle difficoltà e nella sofferenza, un giorno alla volta.
Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore dice Giovanni della Croce. L’amore per la vita e per i nostri cari, sono ciò che la malattia non può annientare
