Scegliere ciò che è indispensabile
Avete mai riflettuto su cosa sia realmente indispensabile? La California brucia come un falò. Uno di quelli che, tanti anni fa, si facevano a inizio d’anno, per congedarsi dal passato e dalle cose vecchie.
La California non è uno Stato qualsiasi: li c’è Hollywood, le celebrità e un sacco di ville che appartengono a ricconi del presente e dei tempi che furono. In una parte del mondo in cui ci sono molti privilegiati, gli incendi di questi giorni sono una specie di karma democratico.
Paris Hilton posta le foto della sua villa in fiamme, anche Beyoncé ha perso la casa. È andata un po’ meglio a Ben Affleck, che, nel dubbio, aveva comunque sgomberato tutto e si era rifugiato a casa dell’ex moglie.
Ciascuno scappa e si porta via qualcosa e io mi domando: se domani dovessi lasciare casa in meno di mezz’ora, cosa metterei in valigia? Cosa ho di realmente indispensabile?
Scegliere l’indispensabile è una questione profonda
La domanda è molto più profonda di quel che sembra. Ed è in definitiva: cosa è veramente indispensabile nella tua vita? A cosa non rinunceresti mai?
Il tema è interessante. Nell’Insostenibile leggerezza dell’essere, una delle protagoniste, Sabina, deve lasciare Praga in fretta e furia.
Nel suo caso, il motivo non è un incendio, ma la guerra: i russi hanno invaso il suo paese. Lei decide di portare con sé un oggetto completamente inutile, ma pieno di ricordi: la bombetta del nonno.
Kundera spiega che l’oggetto è ingombrante e costringe Sabina a rinunciare ad altro. Cose probabilmente più utili a chi sta scappando dal proprio paese e non vi farà ritorno.
Ma la vita è così: a volte vale più un ricordo che una maglia di lana. Forse scalda più il cuore.
Tempo fa ho letto un altro libro. Minimale, come il suo tema: Solo bagaglio a mano. Le riflessioni di uno scrittore sull’argomento di ciò che è realmente indispensabile. Un viaggio nella moderazione, una metafora, quella del bagaglio a mano, per indicare l’idea di liberarsi di tutto quello che non è strettamente indispensabile.
Infine, è arrivata Marie Kondo, la riordinatrice professionale. E ci ha svelato l’unica regola aurea delle persone ordinate: buttare via tutto.
Il suo criterio, anche in questo caso, è sentimentale: quello che non vi dà felicità, buttatelo via. Trattate invece con gratitudine tutto ciò che vi serve e vi fa stare bene. Credo che Marie kondo e i suoi seguaci non avrebbero alcun problema a riempire la valigia in caso di fuga.
Loro hanno già fatto tutta la selezione a monte. Quello che li circonda è già essenziale, scremato, ridotto all’osso.
Gli eremiti sapevano già tutto
Ecco che la cultura moderna riscopre quello che gli eremiti del deserto di sedici e più anni fa, gia praticavano con convinzione. Rinunciare al superfluo, esercitare la gratitudine. Questo è il segreto non solo della santità, ma del vero benessere. Nella vita vera, ti serve veramente pochissimo.
E il valore di questi pochi oggetti è più morale e sentimentale che materiale. E io lo so, credetemi.
Seppure accumulo libri che non ho il tempo di leggere, scarpe che non ho occasione di indossare e utensili da cucina che non userò mai, so perfettamente che nessuna di queste cose è davvero essenziale.
Anche se non ci penso spesso. Soprattutto, non ci penso quando scatta la compulsione all’acquisto.
Quella specie di risarcimento emotivo che la nostra cultura ci ha allenati a considerare una compensazione a tutti i dolori, le delusioni e le frustrazioni della vita quotidiana.
E noi ci caschiamo anche. Almeno in parte. Anche se sappiamo che una cosa è inutile, spesso la acquistiamo comunque. Non riempie il vuoto del cuore, ma libera quella preziosa dopamina che tutti sappiamo essere l’ormone dell’euforia. Ci dà quella gratificazione istantanea che ci stordisce, ci distrae, ci fa perdere di vista l’essenziale.
E quindi euforici, ebbri, carichi di oggetti che non volevamo davvero e che in fondo non ci servono, troviamo un sollievo temporaneo ai momenti duri.
La dopamina è un palliativo
Quando la dopamina cala, come la marea, ci restituisce alla nostra esistenza e alle sue difficoltà. Sarebbe meglio allora investire un qualcosa di più spirituale. Coltivare la gratitudine non per gli oggetti e gli idoli che ci possiamo procurare, strisciando la carta di credito o aprendo il portafoglio.
Essere grati invece per tutto quello che ci è stato donato, senza che facessimo nulla per meritarlo. Investire di più nelle relazioni, che negli acquisti. In primis la relazione con il Dio Padre che tutti ama e protegge.
E poi nelle persone care. In quei genitori anziani che non sempre ascoltiamo con pazienza, in quei figli che spesso vorremmo influenzare e plasmare, secondo le nostre opinioni. In quei mariti o mogl che non sempre trattiamo come la nostra carne. E negli amici, di cui a volte ci dimentichiamo.
