Te Deum per l’anno bisesto

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Un Te Deum per Tutti: Quando anche l’Anno Vecchio si Arrende al Capolinea

31 dicembre, ore 18.30, dài che finalmente ci sbarazziamo di questo anno bisesto, che, da tradizione, se non proprio funesto, si è comunque impegnato a rompere un po’ gli equilibri (e anche le scatole).

Chiese affollate, cuori colmi di gratitudine e una lieve aria di “finalmente ce l’abbiamo fatta”. È l’ora del Te Deum, l’antico canto di ringraziamento che, più che una preghiera, a volte sembra un modo per dire all’anno appena passato: “Va’, e non tornare più!”.

Il Te Deum è un po’ come quelle rimpatriate coi vecchi compagni di classe, gli ex colleghi di lavoro, i genitori delle classi dei tuoi figli. All’inizio non ne hai voglia, ma poi ti lasci andare e ti sorprendi a dire cose tipo: “Grazie, Signore, che il 2025 è già alle porte… ma grazie anche per il 2023. Sì, più o meno.”

5 cose di cui essere grati a Dio (seppure in quest’anno bisesto)

Grazie per la salute

Anche se quest’anno abbiamo fatto il pieno di diagnosi poco felici (2 forme di cancro io, una mio marito, lo vedi caro, che la donna è geneticamente multitasking?), ringrazio il Signore per la salute. Perché sarebbe potuta andare peggio. Può sempre andare peggio, specie in un anno bisesto: il fatto è che non ci pensiamo.
La salute è quella cosa che dai per scontata, finché non la perdi. Allora capisci quanto sia bello, quanto quel poco di salute che ti resta sia un dono immenso. L’apprezzi come mai prima.

Grazie per il lavoro

Anche se a volte borbotto, lamento la stanchezza, la fatica, la pressione, sono davvero grata per il lavoro.
È vero, in un anno bisesto si lavora un giorno in più, ho fatto mille mila call, riunioni, incontri con clienti, ma in fondo tutto questo lavoro è una benedizione: permette di essere utili a sé stessi e agli altri.

E a comprare serenamente libri che non avrò il tempo di leggere. Spero solo di avere ancora a lungo il remote working. Adoro governare il mondo dal mio divano.

Grazie per la famiglia

Anche se, all’ennesima tombolata, ho sognato di fare le valigie e passare le festività su un’isola caraibica deserta. Senza Internet, linea telefonica, corrente elettrica.

Vivere in famiglia è una grande palestra: ti allena ad accettare gli altri per quello che sono, ti toglie l’illusione di essere al centro dell’universo. Soprattutto, la famiglia, seppur coi pregi, difetti, la difficoltà, è la nostra riserva d’amore e di identità.

Grazie per l’amore

Non si offendano i single inossidabili! Io li ammiro, eh, per la coerenza e la resilienza, ma la singletudine non fa per me.

Io sono una fan dell’amore, del matrimonio, del tenersi accanto un uomo tutta la vita, anche se dice sempre la cosa sbagliata al momento sbagliato (amore, mi trovi ingrassata? Poco, al massimo 2kg).

Grazie, perché amare ed essere amati è un privilegio, che forse non merito, ma accetto molto volentieri.

Grazie per le vacanze

Anche se, alla faccia di ogni buon proposito delle settimane successive, le ho passate per lo più dormendo. Volevo leggere una bella pila di libri, messi sul comodino. Quando i libri passano dallo scaffale al comodino, è segno che sono i prossimi in ordine di attesa per la lettura, ma in questi giorni non ho letto nulla. Indovinate: ho dormito!

Volevo farmi la tinta in casa, per me una sorta di evento, ma niente. In questo anno bisesto, mi sono tenuta i capelli bianchi un giorno in più. E la tinta è ancora intatta, nell’armadietto del bagno.

Avevo progettato di vedere mostre, visitare musei, andare a teatro. Ma poi non sono riuscita a sottrarmi al fascino discreto di divano e copertina. Grazie comunque per le vacanze, sono arrivata alla conclusione che anche dormire sia un’attesa produttiva. E io sono stata molto produttiva.

Te deum laudo, anche in un anno bisesto


Il sacerdote, con tono solenne, inizierà il canto e invita i fedeli a unirsi. Qualcuno parte sempre troppo alto di tono e per un attimo si sente un coro di ultras in trasferta.
Gli anziani della mia parrocchia sono come i veterani americani dei film americani: si guardano intorno circospetti, e poi sferrano l’offensiva: cantano a memoria, senza dare nemmeno una sbirciatina al foglio dei canti. E meno male che si dice che con l’età si perda la memoria!

I più giovani cercano il testo sul cellulare e si perdono a metà strofa perché, diciamolo, “Te Deum laudamus” non è esattamente il ritornello di una hit di Spotify.

C’è chi opta per il playback, come a Sanremo: ne sono certa, muovono le labbra, ma non emettono suoni.

E poi ci sono io, che, se non mi ricordo una parola, trascino un po’ le vocali, ché tra tutta ‘sta gente che canta, non staranno mica a sentire cosa dico io!

La Teologia dell’Ironia

C’è sempre quella sensazione un po’ comica nel ringraziare un anno che, in fondo, non è stato sempre gentile. Il 2024, tra scioperi, inflazione e meteo schizofrenico, disavventure varie, non ha propriamente brillato.
Ha raccolto la migliore tradizione di quasi ogni anno bisesto, come serie di cataclismi e sfighe varie. Ma in fondo, poteva andare peggio, ricordiamo che il suo predecessore, il temibile bisesto 2020, ci porto addirittura una pandemia e un anno di paura e reclusione. In fondo, il 2024 non è stato poi tanto male.

“Grazie, Signore, per quell’unico giorno d’agosto in cui non ha piovuto e sono riuscito ad andare in spiaggia. Grazie per avermi fatto sopravvivere ai pranzi coi parenti. E grazie per Netflix, al quale non riesco mai ad accedere, ma che allieta le serate dei miei familiari, che mi raccontano sempre quanto sia utile.

Il Finale: Una Promessa al Futuro

Il Te Deum è anche una piccola promessa: accogliere il nuovo anno con speranza. Certo, tra un bicchiere di prosecco e l’occhio fisso sull’orologio, ci si chiede: “2025, ce la farai a essere meglio?” La risposta arriverà… ma intanto un ringraziamento lo si butta lì, giusto per non rischiare.

E mentre i fedeli si sciolgono in un timido applauso e si dirigono verso la cena di Capodanno, una cosa è certa: il Te Deum non è solo un canto di lode, è una tradizione che, tra fede e speranza, ci ricorda che persino i momenti peggiori meritano un pizzico di riconoscenza. Anche solo per essere finalmente finiti!

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