L’amico che ti mette a disagio

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L’AMICO CHE TI METTE A DISAGIO


Buongiorno Padre, si può essere amico e frequentare persone che non credono? O questo è un danno per noi cattolici? (Risponde Padre Enzo Vitale)

Un lettore chiede al sacerdote come comportarsi con un amico non credente. Uno dei rischi più grandi in cui si incorre, qualora la fede non siavissuta rettamente, è ridursi ad una setta. 

Cosa è una setta? Nel dizionario on line ho trovato duedefinizioni: «associazione caratterizzata da distinzione o separazione ideologica nei confronti di una dottrina» oppure, con un senso più arcaico, «compagnia; il complesso dei seguaci di unidea». Entrambe utili al nostro scopo rimandando ad un significato di tipo religioso.

Tutte le volte che, nella storia della Chiesa, un gruppo, per difendersi dal male o dall’errore dominante, si è ripiegato su sé stesso, chiudendosi al mondo, ne è seguita la nascita di una setta che, tra le proprie caratteristiche, ha quella di separarsi dagli altri.

Il cristianesimo è universale

Il Cristianesimo, invece, per definizione, si rivolge agli scartati, a coloro che son lasciati soli e che nessuno vuole: il Cristianesimo punta all’universalità.

Per questo, qualora il cristianesimo perdesse una delle sue caratteristiche più importanti – meglio dire, essenziali – si ritroverebbe ad esser ridotto ad una setta.

Nel nostro caso la peculiarità in questione è l’apostolicità. Di cosa si tratta? 

Anche qui Mr Google ci aiuta: «carattere di identità o discendenza nei confronti degli Apostoli: uno dei quattro segni distintivi o note attributive della vera Chiesa».

Quali sono le altre tre? Semplice, le ripetiamo nel Credo ogni domenica: Una, Santa, Cattolica…

E qualche santo Papa ci ha tenuto a ricordare che tra le proprietà della Chiesa non dovrebbe mai mancare, come segno dello star camminando nella direzione giusta, la persecuzione perché: 

«se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20).

Un amico non credente è un’opportunità


Ecco, allora, che la risposta alla domanda appare più chiara: un cristiano non ha un danno dal frequentare i non cristiani, ma un’opportunità.

Un esempio? Pensiamo a quante volte ci troviamo a consumare il pasto insieme a persone non cristiane: alla mensa universitaria, a quella aziendale o ad una cena tra conoscenti.
Ebbene, chi è abituato a farsi il segno di croce sa che, in quel caso, è facile attirare l’attenzione. 

Come mai? Perché «di Gesù non si parla tra persone educate. Con il sesso, il denaro, la morte, Gesù è tra gli argomenti che mettono a disagio in una conversazione civile».

Queste le parole con cui, un noto apologeta cattolico, introduceva uno dei libri più belli che ho mai letto (V. Messori, Ipotesi su Gesù: consigliatissimo!). Qualcuno può dire che non ha ragione?

Da quanto fin qui detto, se ne deduce che siamo di fronte ad un“non-problema”.

Cosa ci unisce a un amico

I latini ci dicevano che l’amicizia è «idem velle et idem nolle, ea demum firma amicitia est» (“desiderare la stessa cosa e detestare la stessa cosa, questa è una solida amicizia”, con una traduzione poco elegante).

Risulterebbe quindi strano l’avere come amico chi non condivide la stessa fede in Cristo. 

Ma non è così! A meno che, nella scelta delle proprie amicizie, ci si lasci guidare da un atteggiamento politically correct.
Ovvero, non volendo mettere a disagio, si evita di parlare di Cristo, della fede e della Chiesa…

Ma in questo caso, o non ho capito nulla io, o qualcuno fa il doppio gioco. Il Cristo che conosco io (anche se con tutta la carità del mondo) ce l’ha nel sangue il metterti a disagio.

Lo fa perché vuol portarci a verità! Ecco perché in questo periodo dell’anno celebriamo Gesù come colui che illumina la notte più oscura. E –siamo sinceri! – non esiste notte più buia di quella che si puòscorgere in un animo che non ha conosciuto il Cristo.

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