Parlare di Dio
Parlare di Dio. Chi lo fa davvero, oggi giorno? A parte i sacerdoti. Ma -qualcuno obietterà- per loro è lavoro. È come un medico che consigli di bere molto e non uscire nelle ore più calde in estate. E tutti noialtri? Noi che in Dio crediamo, almeno così pare, siamo ancora capaci di parlare di Dio?
Sono pochi e io li ammiro, eh! Per la Resilenza. Mia nonna, che non conosceva la parola: “resilienza” avrebbe detto: “sono come Ercolino sempreimpiedi”.
Lo avrebbe pensato e detto così, tutto attaccato. Perché sto benedetto Ercolino, che io non ho mai visto, credo che fosse un eroe della mitologia pre consumistica dei favolosi anni 60. Ma non divaghiamo.
Avete presente quei gruppi religiosi in cui i fedeli vanno in giro a fare apostolato? Reale o digitale.
Io ammiro quelli che, da perfetti sconosciuti, ti mandano messaggi di venti righe, in cui ti invitano a partecipare a questo o quel raduno religioso on Line. Ma solo alle 15 o alle 21. Evidentemente, il loro Dio fa part-time.
E pure quelli che ti citofonano alle 8 del mattino della domenica, per rifilarti depliant sul loro Dio. Per farlo, in una giornata non lavorativa, si vestono di tutto punto, in giacca, cravatta, camicia, e le donne in gonna e collant velatissimi. Io, a quell’ora, medito se mettermi la tuta da ginnastica o restare ancora un po’ in pigiama.
Loro, invece, vengono a portarti il messaggio del loro Dio, con tutto l’impegno possibile. Anche se la situazione somiglia un po’ a un “c’è posta per te” in versione esoterica, gli va riconosciuto un certo fegato, ad accettare porte in faccia e sequele di male parole, di gente che non ha nessuna voglia di ascoltare.
I cattolici non vogliono parlare di Dio
Un amico li chiama sprezzantemente: piazzisti di Dio. Io, invece, rispetto la determinazione di questi personaggi, in un mondo in cui i cattolici moderni, eredi di grandi martiri, hanno quasi paura di parlare di Dio. Non è alla moda, non crea consenso, non è arguto argomento da salotto.
Meglio parlare d’altro: trending topic ecumenici ce ne sono a josa: il cambiamento climatico, la pace, gli armamenti, la fame nel mondo, l’ingiustizia umana, la violenza contro donne, fragili e bambini (contro gli uomini, curiosamente no: della violenza agli uomini non importa nulla a nessuno).
Chi parla degli argomenti d’attualità, si mette automaticamente dalla parte dei giusti, dei buoni, dei politicamente corretti. Che vuoi di più dalla vita?
Dio, invece, è scomodo. È divisivo. Ed è anche politicamente scorretto. Lui e quella pretesa che esista una Verità. Una sola, con la “V” maiuscola, e non infinite piccole verità, a ciascuno la sua, secondo gusti e desideri.
Lui, Dio, consegna invece quella idea così definitiva che esista un bene e un male e non un: faccio quello che mi pare, e andrà bene comunque. E chi ce l’ha il coraggio oggigiorno, di parlare di Dio? E dire che esiste un solo vero bene, e le altre finte forme di bene sono un inganno?
Il potere salvifico dell’annuncio
A un certo punto, si è fatta avanti l’idea che non sia bene parlare di Dio in pubblico. Che la fede fosse un fatto privato. Una cosa da fare fra le mura domestiche, in famiglia. Come la salsa di pomodoro, il cambio degli armadi, o la tombola di Natale. Cose di cui non parli, perché mica interessano a nessuno, a parte te che le fai.
Ma la fede non è un hobby. E ci riguarda moltissimo tutti. E ogni credente ha il dovere di annunciare la parola di Dio.
Pensate se i discepoli si fossero tenuti la predicazione di Gesù solo per loro. Se l’avessero considerato un ricordo privato, da rievocare fra loro, alla pizzata di Natale.
E invece, loro sono andati ai quattro angoli del mondo, ad annunciare quello che avevano visto e sentito. Sono andati a pescare anime. E a salvarle. Perché quello che ci dimentichiamo, quando evitiamo di parlare di Dio, è che stiamo rinunciando a portare un annuncio salvifico.
Per timidezza, pudore, convenienza personale, stiamo rinunciando al dono più grande che potremmo fare agli altri: parlare di Dio con loro e aiutare la loro conversione.
Se mai l’uomo avesse un superpotere, sarebbe questo: quello di evangelizzare. Per questo non possiamo smettere di parlare di Dio.
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