L’essenza della gentilezza

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La giornata mondiale della gentilezza

Ieri era la giornata mondiale della gentilezza. Io l’ho scoperto solo oggi, con il mio proverbiale tempismo. Come ho fatto a perdermela?, vi chiederete. Io, piuttosto, mi meraviglio di esserne comunque venuta a conoscenza. Seppure in ritardo.

Io che normalmente non mi accorgo mai di nulla, stavo mangiando un tramezzino agghiacciante, del bar. Una sottospecie di pane alla segatura di cereali, farcito con una sottospecie di formaggio vetrificato e con un materiale plastico assimilabile al prosciutto.

Ho deciso di condire il mio magro pasto con qualche notizia -almeno lei – gustosa, e ho cominciato a scorrere un social. Una volta si chiamava twitter, adesso si chiama X . In tanti, pare, in queste ore ci tengono a farci sapere che ci hanno messo sopra una x, ma io non mi cancello dai social. Non ci penso proprio: poi mi toccherebbe pagare lo psicologo. 

Comunque, intanto che scorrevo il feed (modo giovanilistico di chiamare la pagina delle notizie), ho scoperto che ieri mi sono persa la giornata della gentilezza. Una di quelle liturgie sociali, a cui tutti aderiscono con cieca osservanza, fingendosi per l’occasione, molto piu’ gentili di quanto siano mai stati.

Gente che non rispetta una festa comandata e dice che potrebbe far a meno del Natale, ma mai scorderebbe di celebrare una giornata mondiale qualsiasi. Inclusa quella della gentilezza. Sia chiaro che io non ho nulla contro la gentilezza. Arrivo a dire che ho tanti amici gentili.

La moda del momento

Mi fa effetto che la si debba ricordare e celebrare in un giorno specifico, come fosse una cosa straordinaria. Invece dovrebbe essere il minimo sindacale di una convivenza civile. Che diamine, la gentilezza la dovremmo dare per scontata!

Ultimamente la gentilezza e’ diventata trendy. Si scrivono articoli, libri, si intervistano grandi guru. Sembra una scoperta attuale, che a essere gentili si viva tutti meglio. Come accade in questi casi, e’ diventata onnipresente.

Si parla del manager gentile, della sua importanza nelle relazioni di lavoro. Si predica del coltivare la gentilezza con qualunque estraneo, in qualunque momento e contesto. La gentilezza e’ come il nero: sta bene con tutto ed e’ di gran moda. Forse fa sembrare persino piu’ magri.


La gentilezza è un obiettivo o una conseguenza?

Io mi chiedo: la gentilezza non rischia di diventare l’ennesimo feticcio della nostra societa’? Sia chiaro, non sto auspicando scortesia e maleducazione. Dico solo che la gentilezza dovrebbe essere una conseguenza, non un obiettivo. L’obiettivo dovrebbe essere rispettare gli altri, che’ la gentilezza viene di conseguenza.

Se invece puntiamo solo a essere cortesi, a riprodurre una serie di comportamenti che ci facciano apparire carini, rischiamo una gentilezza di facciata.

Essere gentili non dovrebbe ridursi a un insieme di frasi fatte e di atteggiamenti stereotipati: ti cedo il posto sull’autobus, anche se non ne ho nessuna voglia. Ti chiedo come stai, anche se non m’importa. Mi offro di dividere i cioccolatini che mi hanno regalato, ma se fosse per me,  vorrei mangiarli tutti da sola.

Insomma, faccio quel che faccio perche’ cosi’ bisogna fare, non perche’ sento sinceramente di volerlo fare.

Cosi’ la gentilezza diventa fine a se stessa. Mostro gentilezza, perche’ voglio essere considerato cortese.

Possiamo comportarci con gentilezza anche con qualcuno che ci sta antipatico, che odiamo. Ma, a quel punto, la nostra gentilezza non e’ un segnale di bonta’ d’animo, di rispetto, di amore. E’ semplicemente un’abitudine, una forma di educazione, l’adesione a un codice sociale, una convenzione.

Si tratta di un atteggiamento di facciata, che mettiamo in atto per non fare brutta figura, per non essere mal giudicati, per non ricevere critiche.
E’ davvero questa l’essenza della gentilezza?

Ama il prossimo tuo come te stesso

Eppure, l’essenza della gentilezza non e’ una questione di galateo. La sua radice e’ piu’ profonda.

«Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?». Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.  Questo è il più grande e il primo dei comandamenti.  E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso.  Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Matteo 22, 36-40.

Vi suona familiare? Gesu’ viene interrogato sulla Legge. Ovvero sul codice di comportamento delle persone virtuose.

Dettato non da una rivista di costume, da una giornata mondiale o da un qualche influencer. La legge l’ha dettata Dio stesso. O, per essere precisi, l’ha scolpita sulle tavole di roccia, che ha consegnato a Mose’.

che cosa comanda Dio agli uomini? Di amarlo. E, subito dopo, di amare il prossimo come se stessi. Questo e’ tutto.

Dio non chiede esplicitamente gentilezza, ne’ istituisce una giornata mondiale della gentilezza. Non serve predicare la gentilezza, basta predicare l’amore. Se ami il prossimo tuo come te stesso, sarai necessariamente gentile, accogliente, affettuoso.

È il comandamento dell’amore. Forse, “giornata mondiale del comandamento dell’amore” sarebbe più calzante. Ma il comandamento dell’amore non vale un solo giorno all’anno.

Il Vangelo sta sempre un passo avanti, anche se risale a venti secoli fa. Alla faccia delle giornate mondiali.

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