La Morte di una Giovane Sportiva e il Senso della Vita
Matilde avrebbe compiuto vent’anni il prossimo 15 novembre. Invece è morta due giorni fa, durante un allenamento. Oggi i suoi funerali. Ha senso morire così, per una tragica fatalità, durante un allenamento come tanti?
Una vicenda dolorosa che spinge a interrogarsi: può mai la morte avere un senso?
La dinamica dell’incidente è ancora oggetto di indagine, ma sembra che non ci siano negligenze o responsabilità. La mancanza di un errore, di una colpa o di un colpevole, cambia la sostanza dell’evento?
Potremmo pensare di sì. Un colpevole o un errore lenirebbero in parte il vuoto di senso della vicenda. Ci solleverebbe sapere che c’è una colpa o un colpevole, questo ci libererebbe dalla vertigine che è accettare che la vita possa finire così, nel fiore degli anni.
Se almeno ci fosse un perché, potremmo colmare con la ragione un dolore che è viscerale, emotivo, inconsolabile.
Possiamo trovare un significato in un evento così drammatico?
La ricerca del senso della vita e della morte: la questione esistenziale dell’uomo
Il bisogno di comprendere il perché della vita e della morte è una delle questioni centrali dell’esistenza umana. La morte improvvisa di una persona giovane e sana sembra contraddire ogni logica umana di giustizia e di speranza.
Se la nostra vita ha un senso, allora la ha anche la morte.
Se siamo stati creati e messi sulla terra per un motivo, per fare alcune cose, per dirne altre, per vivere e condividere qualcosa di noi, allora anche la nostra morte deve avere un senso.
Questo non risolve la questione del senso delle morti tragiche, ma sposta il nostro ragionamento in un’altra prospettiva: perché nasciamo e viviamo?
Il senso della vita per i cattolici si radica profondamente nella relazione con Dio e nella chiamata a vivere in comunione con Lui. ognuno nasce per un progetto divino di amore e di salvezza. Ciascuna vita è chiamata a compiere la volontà di Dio, partecipando al Suo piano per l’umanità e contribuendo al bene.
Il perché della vita e della morte
La vita umana è un dono di Dio, un atto d’amore gratuito. Secondo il libro della Genesi, Dio crea l’uomo e la donna a Sua immagine e somiglianza (Genesi 1:27), destinandoli a vivere in armonia con il creato e con Lui. Ogni vita è unica e ha una dignità intrinseca per il semplice fatto di essere voluta da Dio.
San Giovanni Paolo II, nella sua enciclica *Evangelium Vitae*, scrive:
“La vita umana è sacra perché, sin dal suo inizio, comprende l’azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una speciale relazione con il Creatore” (*Evangelium Vitae*, 53).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) ribadisce inoltre che l’essere umano esiste per “conoscere, amare e servire Dio in questa vita, e così essere felice con Lui nell’altra” (CCC 1). L’esistenza è quindi un’opportunità di crescere in santità, di amare e di essere amati, secondo il progetto divino.
Perché proprio noi, in quel luogo e in quel tempo?
Nulla nella nostra vita è casuale, dalla nascita alla morte. tutto fa parte del disegno di Dio, che ci conosce personalmente. Nel Salmo 139, leggiamo:
“Sei Tu che hai formato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre… I miei giorni erano fissati, quando ancora non ne esisteva uno” (Salmo 139:13, 16).
Questa consapevolezza del piano personale di Dio si riflette anche nelle parole di Gesù: “Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati” (Matteo 10:30).
Perciò, ciascuno è nato nel contesto familiare, storico e culturale in cui si trova, perché è lì che può realizzare la sua missione, crescere nella fede e contribuire al bene degli altri.
Gaudium et Spes afferma che “la provvidenza di Dio conduce la storia umana” e che il cristiano è chiamato a rispondere alla sua vocazione proprio nel tempo e nello spazio in cui si trova (Gaudium et Spes, 36).
Tutto quello che accade, persino la morte, ha lo scopo preciso di realizzare la nostra missione nel mondo. Una missione di bene.
Il Mistero della Vocazione
Ogni persona ha una vocazione unica, un cammino particolare da percorrere nella vita.
San Francesco di Sales afferma che “Dio ha creato ciascuno di noi, e ha destinato ciascuno di noi a raggiungere un preciso grado di santità” (Introduzione alla vita devota). Così, ogni vita ha un valore unico e irrinunciabile, e il modo in cui rispondiamo alla nostra vocazione riflette il nostro modo di amare e servire Dio e gli altri.
Il problema è che questa vocazione è misteriosa. Di conseguenza lo sono anche le circostanze della nostra vita e della nostra morte. È difficile vedere del buono in una vita giovane che si spezza. Fare come Giobbe, il pio, il paziente, l’umile, che, di fronte alla tragica perdita di tutti i suoi figli, riesce a dire: “il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore” (Giobbe 1,21)
Eppure, in fondo è proprio questo che siamo chiamati a fare, come credenti: fidarci di Dio, credere che questa vocazione e questo piano ci siano e che un giorno saranno chiari anche a noi, assieme a tutto il bene che hanno portato nel mondo. Questa è anche la più profonda forma di speranza: se ognuno ha una vocazione, nessuna vita è mai sprecata. Nessuna vita e nessuna morte sono mai inutili e prive di senso.
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