Come scegliere il padre spirituale
Come si fa a riconoscere un buon padre spirituale e a valutare che ciò che consiglia sia un bene per l’anima? Sono religiosi scelti da Dio, ma pur sempre esseri umani e quindi possono sbagliare… (Risponde Padre Enzo Vitale)
“Chi trova un amico trova un tesoro” è un’espressione tratta dal “romanzo” più bello in assoluto (metto “romanzo” tra virgolette perché so di rischiare fulmini e saette, meritatamente). Ma, il testo sacro per eccellenza – la Bibbia – mi è sempre piaciuto pensarlo come il racconto della storia d’amore più bella in assoluto, quella tra Dio e l’uomo: e, come ogni storia d’amore, c’è qualcosa di bello di cui arricchirsi.
In questo caso la perla di saggezza – citata con precisione – è: «Un amico fedele è una protezione potente, chi lo trova, trova un tesoro» (Sir 6,14).
Cosa c’entra questo con la domanda posta? Ebbene, il padre spirituale è il principale amico della nostra anima; non un amicone che te le lascia passar tutte sostenendoti nelle malefatte (questo sarebbe un complice), ma qualcuno che ti vuol bene davvero, vuole il tuo bene, mai si sostituisce a te e mai cercherà di portarti a qualcosa che ti allontana da Dio.
LA MAMMA: IL PRIMO PADRE SPIRITUALE
Più volte ho sentito dire che la prima guida spirituale è sempre la propria madre: colei che ti insegna a pregare, ti instilla il senso di Dio, ti indirizza al bene e a rifuggire il male, vuole il bene della tua anima, dopo che ti ha dato alla luce… e ti ama per come sei senza pretendere di cambiarti, ma solo – e lo fa con un amore che non ha eguali – ti vuol correggere. Da questo abbiamo il primo metro di misura per scegliere un padre spirituale: la nostra esperienza.
Un collezionista di anime spesso non è un padre spirituale ideale
In generale bisogna diffidare dai finti pastori che collezionano anime da guidare: un prete (o religioso che sia) che si vantasse di avere tante anime affidate alla sua guida, probabilmente – oltre ad aver problemi di autostima – è già fuori strada rischiando di portare alla rovina anche altri.
Un’altra cosa che pure mi nasce dall’esperienza è che il primo confessore ad avere avuto in mano la mia anima – penso spesso a lui – è stato chi all’inizio, con le sue parole, sembrava mi facesse del male, ma io sapevo benissimo (lo capivo) che quanto diceva era per il mio bene (la mia salvezza).
Chiarisco che una guida spirituale non deve necessariamente essere un sacerdote: conosco suore che meritano tutta la stima di questo mondo per la loro capacità di accompagnare a Dio (così come conosco sacerdoti – e suore – accomunati dal loro essere gallinacei: non me ne abbiano le galline…). Chi è avvezzo a parlar troppo non credo sia una buona guida.
Una scelta per la vita!
Mi colpisce quando le persone ti scelgono come padre spirituale senza averti mai parlato: «padre vorrebbe essere il mio padre spirituale?». Si sentono ispirate da qualche moto interiore che non si sa se dovuto allo spirito divino o ai peperoni non digeriti il giorno prima. Sta di fatto che non si sceglie a scatola chiusa su una questione di vita o di morte (eterna).
Mettiamo la massima diligenza nello scegliere il dermatologo che deve guardare l’ultima macchia amorfa apparsa sull’epidermide e pretendiamo di scegliere un direttore spirituale a cui svelare l’animo, senza aver trascorso con lui del tempo, senza esserci accostati – in un arco di tempo che non si può programmare – più volte, per parlare, confessarci, farci consigliare.
Di fatto si diventa padri o madri spirituali, ma non si sceglie di esserlo: si tratta di una risposta ad una vocazione e, come ogni vocazione, ci vuol preghiera: «Se dunque voi, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre vostro, che è nei cieli, darà cose buone a quelli che gliele domandano!» (Mt 7,11). E un padre spirituale è il dono dei doni che riceviamo da Dio. Si può, quindi, averlo senza chiederlo incessantemente nella preghiera? Direi proprio di no…
I CONSIGLI DI UNA SANTA
Ultimo, ma non ultimo. Un consiglio dato da una donna da prendere a modello di guida spirituale: S. Teresa d’Avila. Nel parlare dei confessori (analogamente vale anche per i direttori spirituali) diceva: «Io ho sempre amato di aver confessori istruiti, perché dai semi-dotti, a cui in mancanza di altri dovetti ricorrere, ebbi sempre del danno. So per esperienza che quando si tratta di uomini virtuosi e di santa vita, è meglio che siano del tutto ignoranti piuttosto che dotti a metà, perché allora né essi si fidano di sé, ricorrendo ai competenti, né io mi fido di loro. I veri dotti non mi hanno mai ingannata. Neppure gli altri mi volevano ingannare, ma… non ne sapevano di più.
Tenendoli per sufficientemente istruiti, pensavo di non dover far altro che seguirli, tanto più che quanto mi dicevano importava sempre una maggior libertà, mentre se mi avessero un po’ ristretta, forse, nella mia grande miseria, ne avrei cercato altri. Nulla vedevano dov’era peccato veniale, e dove il peccato era gravissimo e mortale, vedevano soltanto una venialità» (S. Teresa d’Avila, Libro della vita, cap. 5,3).
Sono certo, esperta come è, Teresa d’Avila avrebbe concordato anche su un’ultima constatazione: sono molti di più coloro che cercano un padre spirituale da guidare che un direttore da cui farsi aiutare, perché troppa è la vanità che difficilmente confessiamo a noi stessi.
Per chi non lo sapesse, Teresa d’Avila è Dottore della Chiesa… e se lo dice lei, occhio!
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