IL MATRIMONIO “RIPARATORE”
Gentile Padre, ho una domanda delicata: se una coppia si accorge di aspettare un bambino, si deve sposare? In che situazione si troverebbe il bambino, rispetto alla Chiesa e a Dio, se i genitori non si sposassero?
«Dio sa contare solo fino ad uno»: questo mi viene in mente nel leggere la domanda di questa settimana. E non si tratta solo di un modo di dire, ma è molto di più.
È un fatto che proverbi popolari nascano dal buon senso o, se preferisci, dal senso comune, e abbiano un carico di concretezza e sapienza maggiore di quanto si possa immaginare.
Inoltre, a ben pensare, questo proverbio mi dona anche una serenità ed una pace interiore straordinarie tutte le volte che mi ritorna alla mente.
Ma proviamo ad andare con ordine (sempre che si possa rispondere ad una domanda così complessa in poche righe).
Il cosiddetto matrimonio riparatore
La questione posta si colloca nell’ordine di quello che una volta era considerato il matrimonio cosiddetto “riparatore”: due ragazzi si ritrovano in attesa di un bimbo prima di essersi uniti in matrimonio. Volutamente dico “due ragazzi” perché non è solo della donna, ma di entrambi!
È vero che oggi questo accade di rado: concepire dei bimbi è un fatto eccezionale in un’Italia che ha il triste primato di una parabola discendente relativamente alla questione natalità.
Il proverbio citato ci spinge a mettere la nostra attenzione ai singoli casi e non a dare una risposta prestabilita valida per tutti. Può capitare, infatti, che invece di riparare (con un matrimonio frettoloso) si distruggano le persone coinvolte: il fatto stesso di aver concepito un bimbo in modo non voluto dice di una leggerezza e di una immaturità che non garantisce sulla riuscita di un eventuale successivo matrimonio.
È davvero la migliore soluzione?
Il caro san Tommaso affermava, infatti, che «un errore piccolo in principio può diventare grande alla fine». E, fermo restando che un bimbo mai e poi mai è un errore (anche se tale è considerato, troppe volte, dalle inesperte coppie), non si può correre il rischio di celebrare un matrimonio ad ogni costo “per salvare la faccia”. Se è vero che un bimbo deve conoscere le proprie origini e chi siano i genitori, è anche vero che costringere ad un matrimonio una coppia che ha dimostrato tanta immaturità significherebbe costruire una casa su una bomba ad orologeria e non sulla roccia.
Certamente – ed è necessario dirlo con chiarezza! – mai e poi mai si può ricorrere all’aborto per “sistemare la questione”: la scelta che porta alla morte di un bimbo apre una ferita nel cuore della mamma – si è madre dal momento del concepimento! – che sanguinerà per tutta la vita.
Per capire quanto è preziosa la vita umana basta ricordare che anche un bimbo frutto di uno stupro deve sempre essere difeso e accolto. E la Chiesa, a cui tante volte si affibbiano etichette di crudeltà, questo lo sa bene e non si pone il problema: un bimbo è e resta un dono straordinario della provvidenza divina che dimostra di avere fiducia nell’essere umano.
Ogni essere umano è «immagine e somiglianza di Dio» (Gn 1,26) dal concepimento, fin da quando è solamente un’invisibile cellula.
La Chiesa verso i bambini nati fuori dal matrimonio
In Italia, inoltre, non dimentichiamolo, c’è sempre la possibilità di mettere al mondo un bimbo non riconoscendolo e lasciandolo in adozione: certo sembra difficile riuscire in questo, ma di sicuro non si mette fine ad una vita umana innocente.
Infine, con o senza genitori, un bimbo sarà sempre accolto nel Battesimo dalla Chiesa: gli basterà avere qualcuno che chiede di farlo figlio di Dio e di impegnarsi ad educarlo nella fede, qualora non dovesse avere entrambi i genitori sempre presenti (si pensi ai nonni, agli zii o anche a degli amici: questo il ruolo dei padrini).
È vero, si spera che tutto si svolga in modo lineare e coerente, ma non sempre è così: ciò che conta è accogliere la vita. E su questo – permettimi un po’ di presunzione – la Chiesa non ha da imparare da nessuno.
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