Mia nonna e il mio futuro da zitella
Mia nonna mi immaginava zitella. Era convinta che le mie scarse competenze domestiche mi avrebbero impedito di attirare un marito. Faceva pressioni su mia madre. Voleva che mi avviasse al mestiere onesto più antico del mondo: la donna di casa.
Mia mamma non ha mai voluto saperne. Impossibile spingere una perfezionista con mania di controllo come lei a delegare anche le più piccole attività domestiche a me, perché imparassi. Qualunque cosa facessi, anche la più banale, era al di sotto degli standard di mia madre.
Lei spolverava di nuovo dopo che lo avevo fatto io. Ripassava sempre i fazzoletti, l’unico indumento che mi permetteva di stirare, senza però fidarsi mai del risultato.
Dunque, quotidianamente si svolgeva questa battaglia, fra le due donne più importanti più cocciute, più spigolose che abbia mai conosciuto. Scontro che, nei piani di mia nonna, aveva il nobile fine ultimo di evitarmi la triste sorte della zitella.
Caso mai ve lo stiate chiedendo: no, non sono diventata una brava donna di casa. Ma nemmeno una donna di casa discreta o una così così. Non mi sono mai nemmeno avvicinata allo standard di virtù domestica di mia madre e di mia nonna.
Penserei a uno scambio delle neonate in culla, se non fosse che assomiglio come una goccia d’acqua a mio padre. Vi spoilero una indiscrezione: pur essendo pessime massaie ci si sposa lo stesso. Si riesce anche ad avere un matrimonio felice. Peccato che mia nonna non abbia fatto in tempo a vederlo. La cosa l’avrebbe tranquillizzata parecchio sul mio futuro.
Essere zitella nel passato
Da adulta, comprendo la sua preoccupazione. Oggi, se una donna non si fa una famiglia, può comunque fare altre cose. Magari anche salvare il mondo (lo so, non ci sono tante persone, uomini e donne, sposati o no, che salvino il mondo, ma tanto sognare è gratis).
All’epoca di mia nonna essere zitella era un problema serio. Non c’era molto altro che una donna potesse fare, a parte sposarsi e mettere su famiglia. Per carità, c’erano tragedie peggiori. Tuttavia, la zitellagine godeva, senza grandi attenuanti, della fama di fallimento esistenziale.
Nessuna zitella era ritenuta soddisfatta e realizzata. Le zitelle per lo più ispiravano compassione. Lo scrittore Luciano De Crescenzo, parlando di sua madre, rimasta zitella fino a quarant’anni, raccontava che i vicini di casa la compativano e dicevano: poverina, non ha avuto fortuna.
Era raro che una donna non fosse interessata a sposarsi. Se così era, certo non lo diceva ad alta voce. Non dico che fosse giusto. Era un dato di fatto, che nessuno o quasi metteva in discussione.
Il lessico delle relazioni
Lo stesso termine: zitella aveva una connotazione negativa. Esisteva un termine più neutro: nubile. Ma nessuno lo usava.
La stessa cosa non succedeva con il termine corrispondete maschile: scapolo. Il termine “zitella” evocava un’idea di solitudine, inaridimento, vita priva di stimoli. Al contrario, nell’immaginario collettivo, lo scapolo si godeva la vita e aveva straordinarie opportunità.
Per questo, uomini e donne apparivano diversamente motivati ad abbandonare lo status di non coniugati. Si diceva che gli scapoli fossero pronti a rinunciare alla loro vita brillante, solo in favore di un grande amore.
Le donne, al contrario, non vedevano l’ora di sottrarsi alla condizione di zitella. Trovare marito era un obiettivo prioritario. Le ragazze vi si applicavano con diligenza, sin dalla giovinezza.
I single del terzo millennio
Nell’arco degli anni la situazione è cambiata. Oggi le donne non hanno più questo bisogno di emanciparsi dalla condizione di zitella. Anzi, non si usa nemmeno più la parola zitella. Lo stile di vita godereccio degli scapoli di un tempo può appartenere anche alle donne. Ci sono donne a cui non interessa rinunciare al loro stile di vita, per sposarsi. E ci sono uomini che, pur essendo scapoli, non si godono affatto la vita. Invece, soffrono terribilmente di solitudine. Sognano di trovare l’amore e formare una famiglia.
Abbiamo tutti cominciato a chiamare i non sposati: single. Single è una parola democratica: non è femminile né maschile. E’ quindi perfetta per tutti. Inoltre, come molte parole straniere, non abbiamo nei suoi confronti alcun sentimento o emotività.
Non ci pare offensiva come “zitella” e nemmeno lusinghiera come: “scapolo”. Il termine single non trasmette alcun giudizio. La condizione di single non è in assoluto né felice, né infelice. Tutto dipende se questa situazione sia desiderata o subita.
Ci siamo dunque liberati dallo stigma sociale: nessuna donna è più apostrofata come zitella, se sceglie di non sposarsi. Non riteniamo necessariamente un astuto gaudente un uomo che rimanga scapolo. Cosa ha determinato la mentalità del passato e cosa l’ha alla fine cambiata?
La legge di mercato della fertilità
Dicevamo che le ragazze nubili spesso non vedevano l’ora di sposarsi. Allo stesso tempo, molti uomini ritardavano l’impegno coniugale più possibile. Questa dinamica rifletteva una sorta di legge di mercato della fertilità.
Nell’economia del matrimonio, con il passare degli anni, le donne perdevano valore. Detto così sembra un po’ cinico. Tuttavia le donne adulte avevano sempre meno possibilità di sposarsi. Il coronamento del matrimonio erano i figli, per questo l’età della sposa era cruciale.
Inoltre, i buoni partiti andavano via in fretta. Bisognava poi accontentarsi dei pretendenti rimasti. Pretendenti che spesso preferivano ragazze più giovani e potenzialmente fertili a fidanzate più mature. Non sposarsi era una sorta di fallimento della mission strategica femminile.
Per gli uomini, al contrario, ci sarebbe sempre stato mercato coniugale. Gli uomini non avevano limitazioni di fertilità legate all’età. Per maturi che fossero, avrebbero sempre potuto trovare una moglie giovane. Magari dopo aver vissuto per anni una vita priva di impegni.
Nella nostra epoca, l’economia della fertilità è cambiata. Avere figli non è più considerato indispensabile in un matrimonio. Si fanno meno figli, sempre più tardi. La stessa necessità del matrimonio è messa in dubbio da molti. I matrimoni durano meno.
La convivenza elimina la necessità di sposarsi. Rappresenta per molti una scelta più semplice, più “leggera”. In caso di disaccordo, ognuno può andare via, senza tribunali, avvocati, carte bollate.
Ha ancora senso sposarsi?
Si potrebbe temere che il matrimonio abbia perso di senso, non serva più a nulla. Invece, sposarsi ha senso eccome. Forse ne ha anche più che in passato. Ora che non è più un obbligo sociale, ora che abbiamo capito che ognuno fa scelte di vita in base alle sue ambizioni e i suoi desideri, chi si sposa lo fa con vera e profonda convinzione.
Proprio perché nessuno si sente più in dovere di includere il matrimonio nel proprio programma di vita, le nozze si scelgono per vera vocazione. Quando ho scritto il mio libro: Amatevi finché morte non vi separi, ho voluto sottotitolarlo: il matrimonio, scelta per uomini coraggiosi e donne veramente libere.
In tanti mi hanno chiesto cosa significasse e perché le donne dovessero essere realmente libere e gli uomini davvero coraggiosi.
Oggi nessuna ha più paura di diventare la zia zitella piena di fobie, che produce quantità industriali di centrini all’uncinetto. Se ci sposiamo, noi donne, lo facciamo con un atto di libera volontà. Essere libere vuole dire che in ogni momento potresti andartene e lasciarti tutto alle spalle. E invece decidi di restare esattamente dove sei, ogni singolo giorno, amando e onorando l’uomo che hai liberamente scelto.
Ora che sappiamo che possiamo anche non sposarci, la decisione di farlo è una piena espressione della nostra libertà. Da parte loro, gli uomini che ci sono accanto, devono essere coraggiosi.
Ci leghiamo a loro non per obbligo, per convenzione o per necessità, ma unicamente per amore. I nostri uomini devono avere il coraggio di onorare questa vocazione in sé stessi e nella donna amata ogni giorno.
Gli uomini devono essere più che mai i cavalieri senza macchia e senza paura. Essere coraggiosi vuol dire che sai che potresti dartela a gambe, e invece metti da parte la paura e decidi di amare la tua donna per tutta la vita.
Questo è ancora più vero se la coppia sceglie il matrimonio sacramentale. Lì libertà e coraggio sono affidati a Dio, perché li perfezioni nelle nostre promesse. Perché libertà e coraggio sono sentimenti umani e come tutto ciò che è umano, sono fallaci e incostanti.
Invece Dio è fedelissimo, custodisce il nostro impegno, ci rende una cosa sola e ci soccorre nelle difficoltà della vita.
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