Il dramma dell’aborto selettivo
Ieri mi è capitato di leggere un post sull’aborto selettivo. Si tratta dell’aborto di feti di sesso femminile, da parte delle stesse famiglie. E’ una pratica in uso presso alcuni paesi in via di sviluppo.
In Cina si è fatto spesso ricorso all’aborto selettivo, negli anni in cui il governo imponeva la politica del figlio unico. Esisteva un’unica possibilità di avere un figlio, e i genitori preferivano mettere al mondo un maschio. Per farlo, eliminavano i feti del genere non gradito.
Qualcosa di simile accade tutt’ora in India, e in molti altri paesi. In molti luoghi in cui la condizione della donna è ancora piuttosto debole. In certe società, ancora oggi le donne contano meno degli uomini. In alcune culture, non contano quasi nulla.
Non stupisce che le famiglie, con risorse economiche limitate, preferiscano far nascere e allevare dei maschi, e si sbarazzino delle femmine, con l’aborto selettivo.
Aborto selettivo e aborti senza un perché
Come ci poniamo, noi paesi occidentali, nei confronti dell’aborto selettivo? A noi pare un abominio. Persino a quelle femministe che, di solito, sono in prima linea a difendere l’aborto e lo considerano una grande conquista femminile. Perché?
Ci sdegniamo dell’aborto selettivo, perché lo consideriamo penalizzante per le bambine. Non riflettiamo che, in Italia, una interruzione di gravidanza selettiva per genere non solo è possibile, ma è addirittura legittima.
In Italia non serve un motivo per abortire. Né un buon motivo, né un cattivo motivo. La legge italiana non prevede che si entri nel merito del perché si abortisca. L’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza è garantito comunque.
Non potrebbe essere negato, nemmeno se la futura madre dichiarasse di voler ricorrere all’aborto, perché il feto è di sesso femminile. E comunque, a chi dovrebbe dichiararlo, considerando che nessuno le chiederebbe mai nulla?
Scenari possibili
Se un domani, con l’analisi genetica, si conoscerà in anticipo il colore degli occhi, la statura o la predisposizione per la matematica di un feto, forse qualche genitore vorrà eliminare un potenziale figlio, privo delle qualità desiderate.
Magari per ritentare, fino a ottenere la migliore combinazione possibile di talenti e caratteristiche. Non meravigliatevene. Ricordatevi: la nostra legge lo permette.
Per lo meno, non lo impedisce. La legislazione italiana sull’interruzione di gravidanza non prevede alcun limite, né morale, né materiale, né qualitativo né quantitativo, all’interruzione di gravidanza.
Nascere è un diritto o no?
Si dice che l’aborto sia un diritto sacrosanto, inalienabile, addirittura da tutelare costituzionalmente, e allo stesso tempo, ci si scandalizza, per l’aborto selettivo. Ma allora, nascere è un diritto o no?
Perché, se nascere è un diritto, allora dovrebbe esserlo sempre. Quindi l’aborto non dovrebbe essere lecito. Né quello selettivo, né quello volontario.
E se invece nascere non è un diritto, perché ci scandalizza l’aborto selettivo? Perché il sesso del nascituro dovrebbe essere una motivazione meno valida per abortire, rispetto a qualunque altra?
Come è possibile difendere un diritto alla vita del feto e uno a procurarne la morte, nello stesso tempo, senza percepire alcuna contraddizione?
L’aborto selettivo è davvero crudele?
Ci indigniamo che, in paesi lontani, un feto di sesso femminile sia ucciso. Invece non ci fa alcun effetto che, qui da noi, un feto di qualsiasi sesso sia eliminato, perché non è desiderato.
È vero, si potrebbe sostenere che l’aborto selettivo delle bambine in India o in Cina ci sembri crudele, perché quei feti sono eliminati, in quanto femmine. Ma allora dovrebbe sembrarci altrettanto crudele che in Italia si possano eliminare i feti di qualunque sesso, in quanto umani.
Qualcuno obietterà che uccidere un feto, solo perché è di sesso femminile, sia una forma di discriminazione. Però questo qualcuno dovrebbe spiegarmi allora perché uccidere un feto con una malformazione o una disabilità, con un aborto terapeutico, non sia considerato discriminazione. E sia invece consentito. C’è chi lo considera persino un gesto generoso.
Perché condannare le atrocità eugenetiche dei nazisti e invece ritenere giusto uccidere un essere umano, nel ventre della madre, solo perché non perfettamente conforme agli standard di normalità?
E’ vero, nell’aborto selettivo, le femmine abortite sono probabilmente sane, mentre nell’aborto terapeutico i feti sono malati. Ma allora, se abortire feti sani è abominevole, perché permettiamo l’interruzione volontaria di gravidanza?
Talvolta si sente dire che l’aborto terapeutico evita che venga al mondo un infelice, destinato a soffrire. Anche nascere donne in certe culture rende infelici e predispone alla sofferenza. Nonostante questo, l’aborto selettivo non ci sembra un antidoto all’infelicità delle donne, nelle società emergenti.
Comunque la si guardi, esiste un corto circuito logico intorno all’aborto, perché se ne vuole negare la gravità. O lo si vuole giustificare.
Ideologia e aborto selettivo e volontario
Pensando alla giovane di Traversetolo, mi domando perché abortire un feto fino a dodici settimane sia una manifestazione di libertà, mentre uccidere la stessa creatura alla nascita ci sembri mostruoso. In fondo, è sempre lo stesso bambino. Il risultato pratico è lo stesso: la sua eliminazione.
L’unica spiegazione a un comportamento così illogico è che l’aborto ci interessi in quanto battaglia ideologica. Non per le sue conseguenze sugli esseri umani.
La vita in ballo, quella della creatura più debole, ci interessa solo se è bandiera per i nostri interessi e le nostre simpatie. Se è un feto di sesso femminile in un paese povero, la sua vita è sacra. Chi la voglia distruggere è un criminale.
Se invece è un feto qualsiasi, in un paese ricco e sviluppato come il nostro, la sua esistenza conta solo se è conforme ai desideri dei genitori. Altrimenti, non vale nulla: è un grumo di cellule che si può scegliere di distruggere, con l’approvazione della società.
Se si abortisce una femmina, perché è femmina, questa è una ingiusta discriminazione. Ma se si abortisce un disabile, perché è disabile, questo è ragionevole.
In realtà non ci possono essere motivi giusti, nobili o accettabili, per privare una creatura della possibilità di venire al mondo. L’aborto è ingiusto sempre. Purtroppo, la nostra società se ne accorge solo quando l’aborto selettivo si scontra contro le nostre priorità e la nostra visione del mondo.
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