Passiva a chi?

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La donna della Bibbia non è passiva come si vuol far credere

Talvolta si sente dire che la religione cattolica sia misogina, che consideri la donna passiva, priva di qualsiasi autonomia o libertà e che la figura femminile sia concepibile solo nel suo ruolo di madre. Una creatura priva di diritti, di dignità, di capacità di espressione. Questa misoginia affonderebbe addirittura nelle sacre scritture, che relegherebbero le donne a persone di serie B.

Ma è davvero così?

La donna della Bibbia

Si tratta di una posizione preconcetta. È vero che, nelle società antiche, le donne spesso non avevano un ruolo politico e il loro raggio d’azione era più limitato. Questo è vero, indipendentemente dalla religione.

Le donne greche praticamente non avevano una vita pubblica. Anche le matrone romane non prendevano in alcun modo parte alla pur ricca e complessa vita politica dell’urbe.

Sicuramente in molte società antiche le donne avevano meno spazio e ruoli subalterni rispetto agli uomini (in alcuni paesi è tutt’ora così).

Tuttavia, ritenere che la Bibbia, programmaticamente dipinga la donna come oppressa, passiva e priva di qualsiasi sfera d’azione, sarebbe un errore.
Molte donne nella Bibbia hanno un forte carattere e sono protagoniste di vicende importanti per il loro popolo.

Un modello di donna che smentisce decisamente questo luogo comune, ci viene proprio dalla Bibbia: da Proverbi 31.

La donna dei proverbi non è una creatura passiva

La donna dei proverbi, una specie di wonderwoman in versione biblica, era tutt’altro che oppressa e impotente.

I versi dei Proverbi dipingono invece una donna apprezzabile, poiché intraprendente e con ampi spazi di autonomia, nella gestione economica, pratica, strategica delle sostanze di famiglia.

La donna della Bibbia si procura di sua iniziativa quel che le serve e il suo lavoro non è una costrizione o una forma di sfruttamento, ma una gioia:
13 Si procura lana e lino,
e lavora gioiosa con le proprie mani.
14 È simile alle navi dei mercanti:
fa venire il suo cibo da lontano.

Le viene riconosciuto un certo potere sulle persone che servono in casa, che gestisce con leadership e in autonomia:
15 Si alza quando ancora è notte,
distribuisce il cibo alla famiglia
e il compito alle sue serve.
27 Sorveglia l’andamento della sua casa

Dispone del denaro di casa, decide acquisti anche importanti, compra e vende, senza il benestare di nessuno:
16 Posa gli occhi sopra un campo,
e l’acquista; con il guadagno delle sue mani pianta una vigna.
24 Fa delle tuniche e le vende
e delle cinture che dà al mercante.

Anche nel fare elemosine, è libera di distribuire denaro a chi ritiene bisognoso.
20 Tende le palme al misero,
e porge le mani al bisognoso.

Chi è la donna dei Proverbi?

È ovvio che non tutte le donne ebree di duemila anni fa riflettono questa immagine. Ci saranno state sicuramente donne meno fortunate.

Quello di Proverbi 31 è però di un modello ideale, che ci dice molto sulle qualità che quella società considerava apprezzabili in una donna, per lo meno del ceto medio.

Se l’ideale di donna fosse stata una creatura passiva, soggiogata e priva di qualunque dignità e capacità, il ritratto ideale avrebbe presentato e magnificato queste attitudini.

In realtà, i Proverbi ci dicono che le virtù di questa donna risiedono nel ruolo attivo che svolge in famiglia, ma anche verso l’esterno: quando compra e vende e fa la carità, gestendo i suoi mezzi, secondo il proprio giudizio.

Ci sono molte culture e atteggiamenti misogini tutt’ora, anche in società che si ritengono perfettamente laiche. Prendersela con la Bibbia, non ha fondamento.

Leggere la Bibbia in chiave femminista è una sciocchezza, ritenere che le Sacre Scritture promuovano modelli di sistematica oppressione sociale e familiare per le donne, lo è altrettanto.

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