Il cancro, la vita, la luce in fondo al tunnel
Quattro mesi di tunnel. Oggi è il 16 settembre. Sono passati esattamente quattro mesi, dal giorno dell’intervento per rimuovere il mio carcinoma. Quattro mesi che pesano come quattro anni. In certi momenti come quattro decenni. Ma forse è un errore dire che pesino. Non è solo un peso. Il cancro non è solo un peso.
In mezzo, in questi quattro mesi, c’è stata la gioia, la stanchezza, la serenità, la paura, le scoperte e autentici momenti di divertimento.
C’è stata la vita. Il rischio, quando ti ammali, è di vedere solo quello: la malattia. Vedere tutto attraverso quel filtro. La vita come lotta alla malattia. La vita come sopravvivenza alla malattia. Quello che resta, al netto della malattia.
La malattia rischia di diventare un mostro, che si mangia tutto. Rischi di vivere pensando a quanto ti resta, a quello che ti attende, a cosa riuscirai ancora a fare e a quello che non potrai fare mai più. Entri così in un tunnel buio.
Percorrere il tunnel della malattia
Di questa storia non puoi scrivere la fine. Non sai se andrà bene o male. Non sai dove ti porterà. Sai solo che, per scoprirlo, dovrai percorrerlo fino in fondo, questo tunnel.
Come nei migliori romanzi d’avventura, la suspence sta nel fatto che gli eventi si riveleranno nel loro svolgersi. Senza possibilità di scoprirlo prima.
A differenza delle storie, non c’è garanzia che il protagonista vinca.
Nel mentre il corpo è ferito, mutilato, ricucito, medicato. La carne perisce e questo lo sappiamo fino dal catechismo della terza elementare. Lo sappiamo in teoria, ma non ci pensiamo mai.
Ci culliamo in una illusione di invincibilità. La malattia ci infila nel tunnel, ci risveglia da questo sogno di incoscienza, da questo non riuscire a capire fino in fondo il senso del limite. Il nostro, prima di ogni altro.
Quattro mesi
Quattro mesi, dunque e sono solo all’inizio del tunnel. Potranno volerci molti altri mesi, più probabilmente anni, per arrivare fino in fondo. Non si può pensare a tutto questo come a un conto alla rovescia. Altrimenti si vive in funzione della fine.
È una fortuna che gli umani non conoscano il loro futuro.
Per quello non sono mai stata attratta da nessuna forma di divinazione, non ho mai letto un oroscopo, non mi sono mai fatta leggere la mano, nemmeno per scherzo. Noi ci illudiamo di voler conoscere il futuro, ma non è così. Quello che ci attende lo sappiamo tutti, vogliamo davvero sapere in anticipo anche il come?
Invece la vita è mistero, è dono, è incontro fra il disegno divino e la nostra irrinunciabile, talvolta crudele libertà.
Esiste un unico modo per percorrere il tunnel con il coraggio necessario. L’unico modo che mi sono data, per percorrere il mio personale tunnel, è pensare che, al fondo di tanto buio, ci sarà comunque la Luce.
Credere che la fine sia solo un nuovo inizio. Che, anche se e quando tutto sembra perduto, il meglio debba ancora venire.
Forse questo è l’unico lieto fine possibile.
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