Adulti di ieri e di oggi
Della mia generazione, fatta di adulti, ma non troppo
In questi giorni, cercavo delle foto di venticinque anni fa, del mio matrimonio. I ricordi, più che alle caselle ordinate di un hard disk, somigliano al vaso di Pandora. Non puoi navigarli in modo selettivo. Quando apri la scatola dei ricordi, ti salteranno addosso tutti, in ordine sparso. Non c’è modo di evitarlo.
Ho così visto delle foto di mia madre, in cui aveva la mia età. E forse anche qualche anno di meno. Tutte le volte che faccio questo tipo di pensieri, mi rendo conto di quanto sembrassero adulti, gli adulti di una volta. Molto più di noi, alla stessa età.
Qualcosa deve essere andato storto. Io non ho un briciolo dell’autorevolezza, della saggezza, della solidità che aveva mia madre, e tutti gli altri adulti della sua generazione.
Vivere da adulti
Forse è cambiato il modo di essere adulti. O forse è solo un problema di percezione. Tutte le persone della mia età, si lamentano spesso circa la latitanza degli adulti. Spesso sembriamo non renderci conto che gli adulti dovremmo essere noi. Toccherebbe a noi, essere quelli che altri sono stati per noi, nella generazione precedente. In modo da permettere ai nostri figli di essere figli. Permetterglielo perché noi ci prendiamo buona parte del lavoro sporco.
Ricordo i rientri dalle vacanze coi miei genitori. Avevo l’età delle mie figlie e, durante quei lunghi viaggi in macchina, sonnecchiavo tranquilla. Al comando c’erano glia adulti, quelli veri. Potevo permettermi di assopirmi, loro mi avrebbero riportato a casa.
Ecco, io quel senso di abbandono fiducioso, quella tranquillità di potersi appoggiare, di sapere che qualcuno provvede, non l’ho mai più provato. Adesso toccherebbe a me, farlo provare ai miei figli. Sarebbe il mio turno di prendere il comando. Invece, io provo soprattutto una gran nostalgia, la nostalgia degli adulti. Quelli veri.
Una generazione di adulti ma non troppo
Forse la mia generazione è cresciuta in modo diverso, cercando cose diverse. Forse non ci interroghiamo abbastanza sull’essenza dell’essere adulti. L’età adulta non è una questione anagrafica e nemmeno di posizione sociale.
Non è sufficiente avere un lavoro stabile, o una certa disponibilità economica. O aver spento un numero elevato di candeline. Essere adulti non ha a che fare con le esperienze, i viaggi, i traguardi personali. I miei nonni erano decisamente adulti, pur non avendo mai preso un aereo e poche volte un treno. Mia nonna era adulta, pur non avendo mai avuto la patente.
Ma allora cosa ci rende adulti? Gli adulti, nella mia esperienza di vita, sono coloro che fanno quello che è giusto, per sé e per chi gli è stato affidato. Non vanno dove li porta il cuore. O, peggio, la pancia.
Non sono come me, che, invece di telefonare al commercialista, preferisco finire il libro che ho sul comodino. O che vado a fare due passi, invece di stirare. Gli adulti si alzano di buon mattino il sabato e vanno a lavare la macchina o a pagare le bollette in posta, invece che divagare davanti alla Tv o allo schermo del telefono.
L’età adulta comporta l’abbracciare anche il lato oscuro, spiacevole, faticoso della vita. Farlo sempre. Non come me, quando le circostanze mi costringono e non è più possibile inviare. Gli adulti veri non hanno bisogno che le incombenze gli caschino addosso.
Invece fatichiamo spesso a mettere il dovere davanti a quello che desideriamo, a cui riteniamo di avere diritto: tempo per sé, divertimenti, accurato evitamento di male necessario e fastidi.
Riconciliarsi con la vita
Gli adulti hanno fatto pace con l’esistenza. Non hanno la perenne fame insoddisfatta di esperienze, di conquiste non avvenute, di traguardi lontani e quasi irraggiungibili. Gli adulti hanno messo da parte l’idea megalomane di diventare qualcosa o qualcuno, e vivono semplicemente la vita giorno per giorno, per quello che dà.
Soprattutto, gli adulti non desiderano essere altro da quello che sono. Finalmente si accettano. Anche nelle cose in cui non si piacciono. Esisteva una sorta di igienica, salutare distanza, fra le passioni dei giovani e quelle degli adulti. E questo è più che mai visibile oggi, che molti genitori si vestono come i figli, vogliono far parte della comitiva dei figli, condividono gusti musicali o cinematografici dei figli.
Oggi i genitori chiedono approvazione e consiglio ai figli, mentre prima per lo più fornivano esempi e risposte. Si è un po’ assottigliata questa differenza fra le generazioni, per colpa della mia che, salvo meritevoli eccezioni, sembra proprio non farcela ad abbracciare questo ruolo da adulti che ci compete.
La generazione del benessere e delle inquietudini
Sarà forse che la mia è stata la prima generazione a vivere in un pieno e indiscusso benessere. Sarà che siamo cresciuti con l’illusione che si potesse sempre puntare più in alto, avere di più. Il fatto è che nulla sembra mai bastare, mentre l’essere adulti significa proprio aver maturato l’accettazione di quello che c’è. Significa sapere quando rallentare, addirittura quando fermarsi, perché si è arrivati alla stabilità.
L’essere adulti vuol dire anche passare il testimone, capire che, per permettere ai ragazzi di essere tali, a noi tocca di essere genitori. Tocca fare un passo indietro, rispetto alle nostre perenni ambizioni, al nostro voler essere forever young, per proteggere le spalle alla crescita dei nostri figli.
Invece, noi galleggiamo spesso nel nostro equilibrio instabile, comportandoci come se tutto fosse ancora possibile. Come se nessuna porta si fosse chiusa. Siamo pieni di inquietudini, con cui non riusciamo a riconciliarci.
Non capiamo, che, al contrario di Dorian Gray, sono le nostre foto a fermare l’immagine che avevamo da giovani, mentre noi andiamo avanti e inesorabilmente invecchiamo. Invecchiamo spesso senza maturare, senza diventare adulti.
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