Figli, shock e frolla

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Figli, shock e una domenica oziosa

Ovvero: di come nessuno abbia la ricetta per allevare bene i figli, e talvolta nemmeno della frolla

Domenica mattina ho deciso di fare una crostata. Come mi sarà venuta l’idea balzana di accendere il forno, in una già rovente domenica di inizio settembre? Il mio panificio preferito è chiuso. Riaprirà il sei settembre. Mi terranno a stecchetto per oltre un mese.

Domenica ho deciso che proprio non ce la facevo ad aspettare fino a venerdì. Sembrava che non potessi sopravvivere altri cinque giorni, senza una crostata fatta a mano. E quindi mi sono messa all’opera.

Ne è venuta fuori una cosa che avrebbe voluto darsi arie da crostata, ma non era credibile. Né abbastanza croccante, né fragrante il giusto. Insomma, millemila calorie e tre etti di una crostata che toccherà mangiare. Anche se non è perfettamente riuscita. Eppure, avevo seguito la ricetta alla lettera!

Lo shock termico e i genitori di oggi

Per svelare il mistero (pazzesco di quante fatiche inutili si riesca a riempire una domenica mattina) ho chiamato una mia amica, Caterina. Caterina è un po’ come la Mariarosa della pubblicità di quando ero bambina io, alla fine degli anni settanta. Quella per cui esisteva la canzoncina che ancora ricordo: Mariarosa Mariarosa, ogni cosa sai far tu…

Tutti abbiamo una Mariarosa in famiglia, o nella cerchia delle amicizie. Una di quelle donne che sommano in sé tutte le virtù domestiche e muliebri. Ho chiamato Caterina, per capire dove avessi sbagliato. E, ovviamente, lei lo sapeva.

Perché con le ricette funziona così. C’è sempre una postilla, qualcosa di non scritto, un trucco del mestiere per iniziati.

Per fare una crostata a regola d’arte, bisogna che la frolla sia fredda. Che più fredda non si può. E’ consigliabile metterla in freezer e tenercela almeno mezz’ora. Ma meglio sarebbe mezza giornata. E ancora meglio, dimenticarsela in freezer.

Il forno, al contrario, deve essere caldo. Che più caldo non si può. Conviene metterlo al massimo e lasciarlo scaldare per bene. Il segreto della crostata perfetta è lo shock termico. L’incontro fra una frolla semicongelata e un forno che brucia come l’inferno.

Tenere i figli al riparo da ogni shock

Questa immagine ha eccitato i miei due neuroni svalvolati, stimolando un paragone improbabile. Ho pensato che noi genitori, o alcuni di noi, tentiamo di tenere i figli al riparo da ogni tipo di shock. Li proteggiamo, li giustifichiamo, li accompagniamo.

Ci facciamo carico dei loro problemi, cerchiamo di intercettare i loro desideri. Vogliamo che ci accordino la massima confidenza, che ci rendano partecipi dei moti del loro animo. Forse non li ascoltiamo abbastanza, imponendo la nostra visione del mondo.

O forse li ascoltiamo troppo, come fossero non solo adulti fatti e finiti, ma esperti della materia. Rinunciamo così a correggerli, a indirizzarli, a ridimensionarli. 

Desideriamo che siano a nostra immagine e somiglianza, ma anche un po’ meglio. Perciò cerchiamo di evitare che ripetano i nostri errori. Ma facciamo davvero il loro bene?

Lasciar sbagliare

Quando ero figlia, il mondo era un posto diverso. Anche il mondo degli affetti. Sarà perché stiamo parlando dello scorso millennio. I genitori erano meno presenti nella vita dei figli. E questo non per scarso interesse o amore.

Diciamo che c’erano cose che si dava per scontato che i figli dovessero affrontare da soli, coi propri mezzi. Senza il paracadute dell’onnipresente, sollecito, pressante genitore, pronto a dispensare consigli non richiesti, spacciandoli per verità ontologiche.

E di errori ne abbiamo fatti. Per lo meno, io li ho fatti di sicuro. Ma i miei genitori li avevano messi in conto. Così come li avevo messi in conto io. E se mi guardo indietro, quegli errori li rifarei tutti.

Perché ciascuno ha contribuito a rendermi la persona che sono oggi. Ogni errore, incidente, inadeguatezza, mi ha dato nuovi strumenti per affrontare la realtà. Malgrado questi errori, sono ancora qui. Sono tutta intera. Sto abbastanza bene.

La ricetta segreta dell’educazione dei figli

Il segreto della perfetta educazione dei figli non ce l’ha nessuno, nemmeno chi ritiene di sì, e io meno degli altri. Forse, invece di chiederci cosa potremmo fare di più, dovremmo cominciare a fare meno. A lasciare che i figli facciano quegli errori che fanno parte del vivere. Quelli che abbiamo fatto noi, che ci hanno resi adulti.

Forse, dovremmo lasciare che possano conquistarsi qualcosa da soli, con fatica. Fare in modo che sperimentino ogni tanto il fallimento e capiscano che non è la fine del mondo. Di frustrazione non si muore, al massimo ci si fortifica.

Non voglio spacciare questa come la ricetta per avere figli sani e felici, ma mi pare che il nostro presenzialismo genitoriale serva di più a curare le nostre ansie, che ad aiutare loro.

Non abituandoli mai ad affrontare la realtà, li priviamo di quell’allenamento graduale, che permette di affrontare il livello crescente di difficoltà che la vita adulta comporta.

Perché la mia generazione si sia rivelata così apprensiva, così in difficoltà di fronte al proprio ruolo genitoriale, così incapace di permettere ai figli di sbagliare serenamente, non lo so. Forse non è nemmeno importante.

Il parere degli esperti e non

Sono certa che ci siano dozzine di psicologi da social, di esperti da bar dello sport, di sociologi in cattedra, pronti a spiegarci tutto. Non voglio unirmi a loro. Non ho formule magiche e non garantisco risultati.

Molti personaggi, veri esperti e non, ci spiegheranno che sbagliamo e che è sempre comunque colpa nostra.

E questo, probabilmente, è anche vero, ma è solo una parte della verità. Forse, se alla crostata serve uno shock termico, per diventare la migliore versione di sé, non è detto che per fare un essere umano funzionante, si debba evitargli ogni sorta di shock.

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