La resilienza di Dio
Stamattina pensavo alla resilienza di Dio. Sarà perché appena sveglia, all’alba di questo lunedì piovoso, nel corridoio buio, ho rischiato di cadere e rompermi una caviglia. Una delle figlie aveva lasciato uno zaino, abbandonato sul pavimento. Pesante come se fosse stato riempito di sassi. Eppure, io ripeto costantemente, più volte al giorno: mettete in ordine le vostre cose, non lasciatele in giro!
Ripeto anche di mettere i vestiti usati nel cesto dei panni sporchi, invece di lascarli sulla spalliera della sedia, aspettando che trovino la strada da soli e tante altre cose. Le ragazze non ascoltano, non fanno mai quello che suggerisco. E dire che i miei consigli sono tutti per il loro bene!
E allora ho pensato a Dio. Anche lui ha figli che non lo ascoltano. Che fanno un po’ come gli pare e spesso sbagliano. Come fa Dio a esercitare tanta resilienza verso gli uomini, quando io, per questioni da poco, mi spazientisco?
Lui sì che esercita resilienza. Una parola nuova, per un attributo antico di Dio. La sua capacità di dominare le situazioni più stressanti, drammatiche, deludenti, dolorose.
Di motivi per mandare a quel paese il genere umano ne avrebbe di continuo. A un certo punto, potrebbe pure allargare le braccia e dire: Figli miei, fate quello che volete, io mi arrendo! Non posso farci niente, se voi proprio non ci arrivate. Oppure passare alle maniere forti. Punirci come si fa coi bambini capricciosi e ribelli. Invece non fa nessuna delle due cose.
Il cuore lontano
Quanto è davvero vicino a Dio, il nostro cuore? Lo onoriamo nella sostanza e non solo nella forma? Non ci capita di pensare che ne sappiamo abbastanza, che ce la possiamo cavare da soli, che vogliamo fare come riteniamo giusto? Quando facciamo tutto questo, Lui come la prende? Risponde Dio stesso, attraverso le parole del profeta Isaia:
Dice il Signore: «Poiché questo popolo si avvicina a me solo a parole e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il culto che mi rendono è un imparaticcio di usi umani, perciò, eccomi, continuerò a operare meraviglie e prodigi con questo popolo; perirà la sapienza dei suoi sapienti e si eclisserà l’intelligenza dei suoi intelligenti». Isaia 29, 13-14
Dio non ci considera una causa persa. Nemmeno quando lo siamo davvero. Invece di abbandonarci al nostro destino, al destino che noi stessi siamo così ansiosi di seguire, lui non ci molla. Continua invece a operare meraviglie e prodigi! Non è straordinaria tanta resilienza?
La resilienza come gesto d’amore
Dunque, Dio continua a operare meraviglie e prodigi verso di noi. Meraviglie e prodigi che sono uno splendido gesto d’amore. Una lezione di resilienza per noi tutti. Invece di scoraggiarsi o arrabbiarsi, o metterla giù dura, Dio sceglie una strada molto più amorevole.
Si manifesta attraverso opere straordinarie. Fa in modo che, prima o poi, gli uomini si accorgano che il loro sapere è materiale fragile e la loro intelligenza è ingannevole. Lo spiega proprio Dio, sempre attraverso Isaia:
Forse che il vasaio è stimato pari alla creta? Un oggetto può dire del suo autore: «Non mi ha fatto lui»? E un vaso può dire del vasaio: «Non capisce»? Isaia 29, 16
Solo se incontriamo davvero Dio, ci rendiamo conto di quanto ciò che è umano sia incompleto, imperfetto, debole.
Solo vedendo il vasaio, capiamo la differenza fra creatore e creatura. Ma quando incontriamo Dio?
L’incontro che cambia la vita
A volte ci vuole una vita intera, per questo incontro felice. Magari non siamo pronti. E Dio ha un grandissimo rispetto per la nostra libertà. Non si impone. Vuole che siamo noi a decidere di seguirlo e di amarlo.
Deve essere frustrante, avere a che fare con gli uomini. Gente che non si decide mai, che non sa quello che vuole. L’uomo prende abbagli clamorosi e dedica tutto sé stesso a cose poco importanti.
Noi ci smarriamo spesso, eppure, abbiamo una via retta e ben segnata.
Ma Dio non ci disprezza, malgrado i nostri limiti. Il vasaio ha lavorato la creta e le ha dato la forma che voleva. Se l’avesse voluta migliore, l’avrebbe fatta migliore. Invece, Dio ci ha fatti esattamente come siamo. Ci ama, esattamente come siamo. Ci aspetta, sulla soglia delle nostre vite, con una pazienza infinita. Non se ne va, non sbuffa, non pesta i piedi. Non si arrabbia. Invece, accoglie, ama, sopporta e sostiene. Chiamala se vuoi, resilienza.
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