Il senso dell’amore
Io, che non amo l’attualità, sono inciampata in una notizia web sull’amore. Una coppia di giovani si è sposata e, non disponendo di grandi mezzi, ha fatto il pranzo di nozze al Mac Donald. Il popolo della rete, che spesso non ha una vita sua né sa cosa sia l’amore, si è diviso più o meno equamente fra entusiasti e scandalizzati. E mentre gli entusiasti lo erano principalmente per un motivo: ma che bravi, in fondo il ricevimento non serve a niente, basta che ci sia l’amore e poi, dar da mangiare a tutti sti parenti costa un occhio, gli scandalizzati avevano varie versioni.
Le ragioni del dissenso
C’era chi la trovava un’idea cheap e di cattivo gusto: meglio fare una cosa per pochi, in un posto più bello. E, secondo me, era gente di Milano. Persone che non hanno idea che a un matrimonio meridionale ci si ritrova in duecento, invitando solo i parenti più stretti.
C’erano i no globalisti del sabato, che, seduti sul divano fabbricato a Taiwan, con il cellulare assemblato in Corea e l’aria condizionata a quindici gradi e mezzo, si scagliavano contro il Mac Donald e chiunque finanziasse quelle multinazionali consumistiche e inquinanti.
Poi c’erano i minimalisti, quelli che il pranzo di nozze lo avrebbero saltato a prescindere: si va in Chiesa e in comune, si disbriga la pratica, e poi ciascuno torna a pranzare a casa propria. Come se il giorno delle nozze fosse una banalità burocratica che non richiede festeggiamenti. Come ritirare il certificato elettorale.
Infine, c’erano i campanilisti, quelli che dicevano che sarebbe stato meglio farsi fare il rinfresco dal pizzicagnolo sotto casa, dal bar dell’oratorio, dalla gastronomia del quartiere, invece di costringere i parenti a un’overdose di grassi saturi, sale, palline di pollo fritte e coca cola annacquata. Aveva ragione Tolstoj, quando diceva che tutti i commentatori entusiasti si somigliano, mentre ogni commentatore scandalizzato lo è a modo suo (non sono certa che Tolstoj intendesse proprio questo, ma comunque aveva ragione lui).
I mille volti dell’amore
Che volete farci? Sarà che a fine agosto tanti hanno ancora una manciata di giorni di ferie e sotto l’ombrellone bisogna pur far passare il tempo. Sarà che a parlare di amore e di matrimonio non siamo mai sazi, ma questa notizia è rimbalzata persino sul mio feed di Instagram. Nonostante l’algoritmo abbia capito che io le notizie clickbait le schifo per principio.
E io tendenzialmente mi schiero con gli entusiasti, perché mi pare ci siano parecchie cose di cui essere contenti. Per prima cosa, che una coppia giovane coroni il suo sogno d’amore sposandosi, oggi che non si sposa più nessuno. E che vogliano vivere insieme e formare una nuova famiglia, oggi che il massimo rischio che tanti si prendono cercare parcheggio in centro città.
E infine che ci sia finalmente una coppia che, pur volendo festeggiare, lo faccia coi mezzi che ha a disposizione, senza indebitarsi per un pranzo faraonico, che impiegherà dieci anni a pagare. Ma in fondo la questione è un’altra, ovvero quanto l’amore abbia davvero a che fare con la dimensione interiore e quanto sia ormai diventato esibizione, celebrazione, manifestazione pubblica.
L’amore ai tempi del bisogno
Mia nonna mi raccontava che il primo regalo che le aveva fatto mio nonno, durante il loro fidanzamento, fosse un chiodo. Mio nonno non era ricco, come molti giovani degli anni trenta. E l’epoca era molto più spartana. Ma mio nonno aveva dalla sua una creatività e un grande senso dell’umorismo. Regalò a mia nonna un chiodo, con un biglietto spiritoso.
Qualcosa del tipo: sei il mio chiodo fisso. Oggi forse rimarremmo deluse di ricevere un chiodo, invece di una dozzina di rose rosse o, ancora meglio un Dior rouge premiere, o un fine settimana in una spa. Ma solo perché ormai ci siamo abituate a collegare le celebrazioni dell’amore a oggetti o situazioni lussuose, costose, importanti.
Non c’è niente di male a fare o ricevere regali, anche di valore, se si hanno le possibilità, a patto di non dimenticare che il regalo è un segno, non l’oggetto o lo scopo di quello che si vuole celebrare. Oppure, detto in modo ancora più semplice, ricordando che l’amore – quello vero- è gratis e vive di sé stesso. Non ha bisogno di segni esteriori per esistere o per essere dimostrato.
L’amore è il dono più grande
Abbiamo tutto di tutto e anche di più. Il vero privilegio è più che mai amare ed essere amati. Possiamo comprarci da soli quello che ci serve e spesso anche quello che non ci serve e ci piace. Ma non possiamo darci da soli l’amore che nasce da un rapporto con l’altro.
E questo, malgrado tutta la retorica del: perché tu vali, voglio il meglio, l’uomo che non deve chiedere mai. I sentimenti vivono indipendentemente dalle manifestazioni esteriori: ci possono essere profondissimi sentimenti, che rimangono quasi nascosti, e rapporti privi di sentimento, che hanno bisogno di grandi gesti, per dimostrare a sé stessi di esistere.
Cosa resta del sentimento, al netto della carta di credito
La verità è che fra la sostanza dell’amore e le mille forme che può esprimere, non c’è alcun legame. Non è che chi più mostra, più ama. È stato solo il mondo del consumo a volerci convincere che l’amore non è tale se non produce sfarzo, feste, regali. E ci ha convinto così profondamente, che ormai ci siamo creati l’aspettativa che ogni dichiarazione d’amore, ogni patto d’amore, ogni frase d’amore, debba accompagnarsi a qualcosa di materiale.
Cosa resta fra due persone, passato l’effetto wow, esaurite tutte le possibili varianti di regali, condivisi tutti i possibili festeggiamenti sfrenati? Il vero conto si fa alla fine, se si ha la forza di chiedersi: il nostro amore rimane tale e quale, saldo e sincero, anche al netto di tutta la zavorra esteriore?
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