Benedetta gratitudine (di Benedetta Pilato)
Vorrei parlare anche io di Benedetta Pilato, della sua medaglia persa per pochissimo, e di come l’essere umano reagisca di fronte alla vita. E sia chiaro che non prendo le sue parti perché ha l’età di mia figlia, né perché siamo concittadine (anche Benedetta Pilato è tarantina come me). Vorrei parlare di come Benedetta Pilato ci dia una grande lezione, ma non è quella che pensiamo.
Il fallimento ingiusto
Questo non è un articolo consolatorio, che ricorda tutti i grandi del mondo che hanno avuto clamorose sconfitte. I sostenitori di questa impostazione hanno molti esempi da citare. Dalla bocciatura in matematica del premio Nobel Einstein, a James Joyce e i 18 rifiuti editoriali del suo romanzo Gente di Dublino, a Bill Gates e Zuckerberg, che hanno costruito imperi, pur senza finire l’università. Chiameremo questo approccio: la logica consolatoria del fallimento ingiusto.
Questa logica alimenta la falsa speranza che i nostri fallimenti dipendano sempre da un errore altrui: dagli editori, dai professori, dai capi. Al limite persino dalla cattiva sorte. Una cosa che ci assolve da ogni responsabilità. Una cosa che ci rende vittime incolpevoli di circostanze esterne a noi. Una ingiustizia che ci rende creditori verso la vita.
Non siamo stati capiti, oppure abbiamo avuto sfortuna. Hei, hanno bocciato in matematica Einstein, che poi ha vinto il Nobel, è chiaro che abbiano preso una cantonata anche con me! La vita diventa allora un costante impegno per dimostrare al mondo che ha sbagliato, ci ha sottovalutati. Ci consideravate perdenti, e invece!
Onestamente, questa retorica non è migliore di quell’altra forma di retorica, quella che chiameremo: la logica del vincente.
La logica del vincente
La logica del vincente ci vorrebbe tutti di successo, perché altrimenti, che viviamo a fare? In base ad essa, la sconfitta può essere al limite tollerabile, solo se ci permette di uscirne vittoriosi tutte le altre mille mila volte che ci cimenteremo in qualcosa.
Anche questa crea falsi valori. Primo fra tutti, che una vita sia degna di essere vissuta solo se siamo i primi, i più bravi, i più forti. Ogni risultato che non sia eccellente diventa vergognoso.
Trovo entrambe le mentalità pericolose.
Perché il quarto posto di Benedetta Pilato non è un fallimento
Benedetta Pilato è arrivata quarta. Un centesimo di secondo più del necessario, le è costato il podio. Peccato, certamente. Anni di lavoro, allenamenti costanti, sacrifici, per poi veder sfumare la sognata medaglia, per un soffio. Meno di un soffio. Un centesimo di secondo. Se già un secondo è brevissimo, quanto è la sua centesima parte? Probabilmente un battito di ciglia dura molto più a lungo.
Per la logica della vittoria a tutti i costi, lei è una che non ce l’ha fatta. Secondo la logica consolatoria del fallimento ingiusto, Benedetta ha perso oggi, ma poi, nei prossimi quindici anni, vincerà tutto il medagliere. In modo che un giorno, qualcuno possa dire: persino la pluripremiata campionessa Benedetta Pilano, una volta ha perso la medaglia, nelle olimpiadi del lontano 2024!
Per Benedetta Pilato, è un giorno bellissimo!
Benedetta Pilato spiazza tutti e dichiara che è il giorno più bello della sua vita. Ma come – si scandalizzano in tanti – perdi e sei pure contenta? Ma stai bene? E invece no, Benedetta riesce a fare un passo avanti, a trasformare le sconfitte, a dare loro un senso diverso da quello che gli altri si aspettano.
Benedetta Pilato, a parole sue
Intervistata a bordo piscina, emozionatissima, ha spiegato che non credeva di arrivarci, a quel quarto posto. Benedetta Pilato ha dovuto cimentarsi su un terreno nuovo per lei. La sua zona di comfort erano i cinquanta metri rana.
Ma alle Olimpiadi si gareggia solo per i cento metri rana. L’atleta ha dovuto allenarsi per un anno, su questa distanza doppia. Nella batteria di partenza aveva il settimo tempo su otto. Non una situazione semplice. Eppure, Benedetta è stata prima per 90 metri su 100 ha perso solo nel rush finale.
Ha ottenuto molto di più di quello che si aspettava. Al di là del risultato, ha superato le difficoltà di adattarsi a un tipo di competizione in cui prima non gareggiava. L’atteggiamento della ragazza non è di delusione o dolore, ma di gratitudine.
Un approccio che tutti dovremmo sempre coltivare. E invece ci soffermiamo solo sugli aspetti negativi della vita. Ovvero sul podio non raggiunto. Per il centesimo di secondo di troppo. Un bronzo perso per quello che sembra uno scherzo del destino. Sempre a pensare all’unica cosa che manca, mai sulle molte che ci sono.
Coltivare la gratitudine
Pensare alla vita sempre e solo in termini di sconfitte è dannosissimo. Ci espone alla costante insoddisfazione per quello che non abbiamo realizzato. Più ancora, ci impedisce di godere di tutte le cose buone che abbiamo ottenuto.
Invece, abbiamo molto di cui essere grati. Coltivare la gratitudine per le cose positive, ci aiuta a ridimensionare i problemi, i dolori, le difficoltà, che inevitabilmente incontriamo. Se, invece di concentrarci sulle sconfitte, pensiamo ai doni che abbiamo ricevuto, ecco che la delusione e l’infelicità si ridimensionano.
Le parole di San Paolo
Soprattutto dobbiamo ricordare che quello che abbiamo non è solo frutto dei nostri meriti, ma ci è stato generosamente regalato. Proprio a noi, proprio per il nostro bene, la nostra felicità. Per la nostra realizzazione come essere umani. C’è davvero di che essere grati, come dice il Salmo:
il Signore è la mia forza e il mio scudo, ho posto in lui la mia fiducia; mi ha dato aiuto ed esulta il mio cuore, con il mio canto gli rendo grazie. Salmi 28, 7
San Paolo raccomandava ai tessalonicesi (ma vale pure per noi):
State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. 1Tes 5, 16-18
Essere grati è la volontà di Dio. Non nel senso che Egli sia una divinità vanitosa, che ha bisogno di sentirsi gratificata dalla nostra riconoscenza. Dio raccomanda di essere grati e sereni, perché questo fa bene al nostro cuore. La gratitudine ci fa vivere in pienezza le opportunità che ci capitano, senza sporcarle con recriminazioni, frustrazioni, insoddisfazione.
Benedetta Pilato ha solo diciannove anni, ma ha già imparato a guardare oltre le aspettative degli altri. La sua è una lezione sull’importanza di prendere il buono di ogni situazione. Sul valore di essere grati e felici per quello che c’è, invece che brontolare e sprofondare nella delusione.
abbiamo parlato di gratitudine qui: https://annaporchetti.it/2023/05/19/intervista-sulla-gratitudine-a-padre-enzo-vitale/
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