Bellezze al bagno
Come funziona il traffico per il bagno, a casa vostra? Se c’è una stanza gettonata a casa mia, è proprio il bagno. Più del salotto, dove comunque troneggia l’oggetto dei desideri per eccellenza: la televisione. Più della sala da pranzo, in cui comunque passiamo una buona parte del nostro tempo tutti insieme, come famiglia. Persino più della cucina, che in definitiva è il mio regno.
In una casa che ospita due adulti e tre adolescenti femmine, il bagno resta però in cima alla lista delle stanze più frequentate e più ambite. Specie nelle ore di punta. Per esempio al mattino, ma non solo. Le ragazze hanno sempre una doccia da fare, una improrogabile beauty routine da eseguire (la beauty routine è quel rituale magico di cui ignori il funzionamento, se sei cresciuta negli anni 80). Oppure qualche acconciatura complicata con la piastra da mettere a punto (non vale la proposta di andare a farla altrove, in questa casa piena di specchi).
Mio marito lo ha eletto a suo ufficio, come aveva fatto Fonzie a suo tempo. Ci si porta da leggere, talvolta persino il computer. Anche le ragazze entrano in bagno con il telefono. E questi compagni di seduta, sono generalmente indicativi di una certa durata della permanenza. Io, invece, resto una fruitrice accidentale, una che ha accesso al bagno per il minimo indispensabile e poi deve lasciarlo agli altri.
Questo ha significato, negli anni, docce di mezzanotte (o dell’alba), trucco e parrucco approssimativi, uso del bagno in condivisione con chi dovesse farsi la barba, la maschera per il viso, passare il filo interdentale. I miei cari sono vere e proprie bellezze al bagno!
Il bagno come frontiera
Abbastanza presto, nella mia vita familiare, ho capito come le persone, pur cresciute e vissute sotto lo stesso tetto, abbiano un rapporto individuale con il bagno. Non vorrei fare dell’antropologia da bagno (sarebbe seconda solo all’antropologia da bar), ma il suo uso ci dice qualcosa delle persone.
C’è chi si chiude dentro, a doppio giro di chiavi, anche solo se deve provare a stendere un set di ombretti. Chi invece lascia la porta aperta, ma non tollera comunque la più piccola intrusione nel proprio spazio. Oppure, qualcuno si ritira in bagno e, invece di usarlo per lo scopo per cui è stato creato, lo adopera come spazio per riflettere.
Io stessa, durante la pandemia, mi sono spesso rifugiata lì, per le mie videochiamate di lavoro. Mi sedevo sul pavimento. La parte uniforme di piastrelle chiare alle mie spalle, forniva uno sfondo molto più ordinato e presentabile di ogni altro angolo di casa. Soprattutto, mi garantiva più privacy.
Per lo meno nei primi dieci minuti. Poi qualcuno veniva a bussare: “hai faaaattoooo?”. Anche se una postazione di lavoro vista lavandino non è suggerita in nessun manuale di management, posso garantire che abbia la sua efficacia.
Condividere gli spazi
Proprio per la sua natura imprescindibile, il bagno è il banco di prova di ogni coabitazione. Quanto lo si usa e quando, come lo si lascia, sono tutti aspetti che possono mettere alla prova rapporti solidi. Molto più che ogni altro spazio condiviso.
Scatta, sul bagno, un istinto di territorialità, che viene direttamente dall’epoca antica, dalla nostra forma mentis di neandertaliani. Io sono sicura che Platone, quando ha elaborato il mito della caverna, pensasse anche un po’ al bagno.
Per comprendere qualunque guerra di conquista o di difesa dei confini, nella nostra epoca pacifista, basta pensare alle discussioni per l’uso del bagno. Dividere il bagno in più persone, insegna a comprendere che gli altri hanno bisogni e abitudini diversi, che hanno diritto di cittadinanza e devono incastrarsi coi nostri.
L’uso vario che si può fare del bagno aiuta a comprendere il concetto di priorità: usare la toilette è più urgente che struccarsi e una doccia rinfrescante a luglio, per quanto piacevole, non può occupare il bagno mezz’ora.
Insomma, in un mondo in cui siamo sempre più concentrati sulle nostre necessità e sui nostri desideri, avere il bagno in comune con qualcuno, ci obbliga a guardare oltre noi stessi. Anche se in questa casa, a intervalli regolari, parte qualche discussione su chi debba entrare in bagno prima degli altri, su quanto tempo ci possa stare e quando debba lasciarlo, questa scuola di tolleranza ed empatia, alla lunga, funziona più di quello che avrei mai immaginato.
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