Male, anzi, benissimo!

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Male, anzi benissimo

Ieri qualcuno mi ha mandato un messaggio. “Hai visto?”. Mi chiedeva un’amica. Visto che? Ecco, io non avrei potuto fare il cronista d’assalto. Quello che rincorre le notizie di attualità, le cavalca, le racconta. Io principalmente ci vado a sbattere, sulle notizie di attualità. Le scopro quando già tutti ne parlano.

Me ne accorgo quando il mondo là fuori chiede la mia opinione. Bé, non proprio il mondo. Adesso non esageriamo. Piuttosto il mio mondo. Quello di coloro che conosco e che mi conoscono. Restare qualche puntata indietro non è un gran male. Se non fai caso alla sensazione di iniziale smarrimento di non avere idea di quello di cui tutti parlano.

Ho aperto Facebook. Parliamo della cerimonia di apertura delle Olimpiadi. Cerimonia che ho perso, perché io già odio lo sport parlato, figuriamoci le celebrazioni parlate. Quelle che prendono come spunto lo sport ma manco c’entrano.

Non è un gran male, perdersi queste cose. E poi, dovevo pulire una tonnellata di fagiolini, far andare la lavastoviglie, fare lo slalom fra le presenze per cena. (ho dato l’aut aut alle mie figlie: se nel fine settimana volete cenare a casa, dovete prenotarmi il coperto, come al ristorante. Altrimenti vi mangiate il tonno in scatola).

Non sapevo nulla della cerimonia, giudicata barbosissima dai più, con un colpo di coda che ha fatto arrabbiare parecchio tante persone.

Il bene, il male, il senso del ridicolo

In questo modo ho scoperto che, fra le varie baracconate della cerimonia, è andata in onda anche una parodia, una reinterpretazione, un adattamento dell’Ultima cena, in salsa blasfemo queer (parola di cui non sono certa di aver compreso tutte le implicazioni, ma pazienza). Ho guardato le foto (erano dappertutto). Penso che, per riconoscerci il contesto dell’Ultima cena, ci voglia parecchia fantasia o malizia.

La carnevalata non aveva nemmeno da lontano la raffinatezza e la bellezza del quadro di Leonardo. Forse il gusto estetico delle autorità francesi preposte è peggiorato parecchio. Una volta, i nobili francesi, dal re in giù, apprezzavano così tanto Leonardo, da averlo avuto ospite a corte.

Evidentemente, Macron è il re che la Francia di oggi si merita. I suoi accoliti sono quelli che la Francia di oggi si merita. Mettono in scena questa rappresentazione, flash mob, teatrino (come lo vogliamo chiamare). Rispetto all’originale, la scena ha conservato solo la finestra sullo sfondo.

Pure su quella, ci sarebbe da dire: non inquadra il dolce paesaggio toscano di Leonardo, ma una Senna un po’ limacciosa, bonificata in extremis, per permettere le competizioni di nuoto libero. Viene il dubbio che questa pagliacciata sia dovuta a una completa perdita del senso del ridicolo.

L’ultima cena, versione aperitivo

Al centro, una che forse è una donna ma forse anche no. L’affermazione è azzardata, oggi che non tutto è quel che sembra, ma più quel che si sente. Comunque, al centro c’è un essere umano (credo che si riconosca tale, ma magari sbaglio) di blu elettrico vestito. Un colore che non sta bene quasi a nessuno, tranne che all’inverno brillante. Immagino che i costumisti abbiano operato scelte armocromicamente corrette.

Tutto intorno una umanità variamente colorata: una donna (credo) vestita della stagnola in cui io cuoccio l’orata, una specie di grande Puffo barbuto e altri elementi male assortiti, tutti intorno a un tavolo di laminato plastico, di quelli dei peggiori mobilifici di Caracas. Un bancone da aperitivo, più che da Ultima cena, senza nemmeno una tovaglia. Dalla Francia è andato in onda l’ultimo aperitivo, pare.

Io ho visto solo le foto. Ignoro se ci fossero coreografie ballate, musicate e cantate. Seppure con parecchia approssimazione, si può riconoscere una imitazione, secondo alcuni ironica, secondo altri blasfema, dell’Ultima Cena. Quella in cui Gesù istituì il sacramento dell’Eucarestia.

È giusto offendersi? L’inclusione permette davvero tutto? Anche di tentare di parodiare il sacro? Perché questo accade solo con la religione cattolica? È libertà di espressione, o deliberato intento offensivo? In tanti, giustamente, si sono interrogati su questo argomento. Come giudicare questa scenetta? Io dico male, anzi, benissimo.

Male, anzi benissimo

Scriveva San Paolo ai tessalonicesi:

Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. (5,21).

Facciamo così anche noi, ché indignarsi senza interrogarsi, fa rodere il fegato e non porta a nulla. È un male che si dia una rappresentazione caricaturale di un sacramento e di uno dei momenti più intensi della vita terrena di Gesù. È un male che non ci si curi della sensibilità dei fedeli. O peggio, che si la voglia deliberatamente offendere. È un male non avere un comportamento rispettoso verso Dio. Ma questo, allo stesso tempo, indica che c’è ancora del buono.

C’è chi dice di voler prendere le distanze da Dio e dalla fede. Tuttavia, Il bisogno di appropriarsi della storia e del linguaggio del cristianesimo, seppure per farne una caricatura, dimostra che il cristianesimo permea ancora le coscienze. Persino quelle che si sono smarrite.

Dio è ancora profondamente presente

Si può tentare di commettere sacrilegio solo verso ciò che si ritiene sacro. Si può sfidare un’autorità morale, solo se la si riconosce come tale. La sensibilità dei credenti si può oltraggiare, solo se si riconosce quella sensibilità. Si può attaccare l’identità, il credo, i valori dei cattolici, solo se si riconoscono quella identità, quel credo e quei valori e l’importanza che hanno per chi li professa.

Si può tentare di offendere Dio, solo se si crede che Dio esista. Quindi Dio è ancora assolutamente presente nella società, nell’immaginario, nell’esperienza individuale. Anche di chi se ne professa estraneo. O tenta di ridicolizzarlo. Se vuole farlo, è perché riconosce che sia importante. Altrimenti non perderebbe tempo a farlo.

E’ come coi bambini capricciosi: tentano di violare le regole, perché sono consapevoli che le regole esistono.

Tutte queste brutte rappresentazioni urlano forte che Dio è ancora al centro. L’uomo lo cerca, sbagliando, errando, peccando. Soprattutto negando a sé stesso di farlo.

E tutto questo va bene, anzi benissimo. Conferma l’eterna e salutare contrapposizione fra chi vuole salvarsi e chi scientemente decide di perdersi. Alla fine, il bene trionfa sul male.

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