Le parole a cui prestare attenzione
Raccomando sempre, alle amiche, single di ritorno o di sola andata, di badare alle parole. Più che mai è vero: dimmi cosa lui ti dice e ti dirò chi è. Le mie amiche sono più giovani di me o a volte mie coetanee. Le loro storie mi permettono incursioni nel dorato mondo del corteggiamento, altrimenti inimmaginabili per me. Io i rituali di corteggiamento non me li ricordo nemmeno, tanto affondano nel passato preistorico della mia adolescenza. Anche ammesso che me li ricordassi, temo non sarebbero più attuali.
Non solo perché il corteggiamento fra due diciassettenni non somiglia a quello fra due adulti, vaccinati e collaudati. Ma anche perché l’epoca attuale ci ha messo del suo. Chat, messaggistica, social, hanno innescato dinamiche inimmaginabili, per l’amore ai tempi dell’analogico.
L’analisi delle parole
Chi è antropologicamente più preparato di me (ovvero: chiunque) sostiene poi che la precarietà della nostra società si rifletta in modo potente anche nel rapporto fra i due sessi. La gente è infelice perché non sa più amare, né lasciarsi amare.
Non so se sia vero. Sento racconti sconvolgenti di approcci, frequentazioni, relazioni. Dalla mia ho solo il vantaggio del punto di vista esterno, completamente privo di coinvolgimento emotivo. Ho perciò raccolto alcune chicche. Ovvero frasi e parole, confidate dalle amiche. Le ho analizzate, con la prospettiva della moglie di lungo corso. Ecco un dizionario commentato di espressioni e parole, tratte dal corteggiamento del terzo millennio.
Tre parole, un allarme: Ti chiamo io
Queste tre parole se le sono sentite ripetere tante amiche. Ragazze in gambissima, professioniste, donne di cultura e con una certa esperienza di vita. Eppure, di fronte a queste tre parole, rimangono ore, giorni, settimane, in attesa della famosa chiamata. Che spesso non arriva.
Per me, questo: “chiamo io” è un segnale di allarme grosso come una casa. E pure fosforescente e lampeggiante. È un modo per prendere le distanze. Per guidare il gioco. Per dire: non azzardarti a chiamarmi, ché come e quando ci sentiamo lo decido io. Tu stai lì buona ad aspettare. Se proprio mi annoio e non ho niente da fare, forse ti chiamo. Ma forse anche no. Tu aspetta e spera, eh!
Che fare? Mi viene in mente una risposta: Chiama pure, chissà, forse riesco a risponderti. Ma non garantisco. sottointeso: brutto cafone con l’ego ipertrofico.
Scusa se ti chiamo all’ultimo momento, ma…
Seguito da una raffica di scuse impresentabili. Tipo: il gatto è rimasto chiuso fuori. Oppure: gli elettrodomestici mi si sono rivoltati contro e ho dovuto rifugiarmi in cantina. O, infine: la mia azienda è andata a fuoco e mi hanno tirato giù dal letto, e ho dovuto pensare a tutto io!
La traduzione italiana della frase sopra menzionata è: avevo chiaramente fatto altri progetti per la serata (o per il fine settimana, o per le vacanze). Purtroppo, qualcosa è andato storto. Allora, pur di non rimanere al palo, mi sono ricordato di te. E ho pensato: quella ragazza così gentile e carina, sicuramente accetterà un invito last minute. Magari le scoccerà un po’, ma è troppo a modo per mandarmi a quel paese.
Non cascateci. Perché uno che ti chiama alle sette di sera per una cena, al venerdì pomeriggio per il fine settimana, il giorno prima per una gita, va mandato a quel paese subito. E da solo.
C’è un cambiamento di programma, ti secca se…
E anche qui: le parole famose sono una variante di: ti secca se mi porto mio cugino appena arrivato dal brasile, se si aggregano alcuni amici della squadra del calcetto degli ammogliati? Ti scoccia se, invece di uscire a cena, andiamo a vedere una partita di basket col mio amico delle medie? Ti spiace se ci vediamo un’altra volta, che proprio stasera devo andare a bagnare le piante a casa di mia zia? Frase che si potrebbe altrimenti tradurre: ho preso un impegno con te, ma intanto cercavo qualcosa di meglio, che ho trovato e non ho avuto il coraggio di disdire con te.
Oppure, a conti fatti, non mi importa così tanto di uscire con te. Preferisco uscire con il mio vicino di casa, ma se vuoi essere dei nostri, fai pure, non ci disturbi affatto. Oppure: intanto che faccio gli affari miei, se ti fa piacere, ti concedo la possibilità di godere della mia compagnia. L’unica risposta dignitosa a un’uscita del genere, è: ma no, esci pure con il tuo vicino di casa, con l’elettrauto, con il capo del Ku Klux Klan. Comunque non avevo voglia di vederti. E un secondo dopo, bisogna cancellare il suo numero dalla rubrica.
Le parole più pericolose: Perché non ci divertiamo?
Lo avete riconosciuto? Un uomo che usa queste parole, è il prototipo del narcisista anaffettivo. Uno che ha problemi a mettersi in vera relazione con gli altri. Pensa solo a prendere quello che fa piacere a lui, senza impegno. E vorrebbe pure farla passare come la trovata geniale del secolo.
A questo tipo di proposta, il 99% delle donne ha voglia di rispondere: no grazie. (poi, forse esiste un 1% di donne a cui divertirsi senza impegno sta bene. Ma non credo che frequentino il mio blog). Il problema è che una parte significativa di donne, purtroppo risponderà: va bene.
Ma non perché sia davvero così. Niente affatto. Loro hanno una vocina dentro che sussurra: “vedi, lui dice così. Ma perché ancora non ti conosce. Appena ti conoscerà, cambierà idea. Deciderà che vuole dividere la vita con te. Correrà a comprarti l’anello. Ti chiederà di fissare la data”.
E così queste ingenue, dolcissime, meravigliose donne, che hanno preso troppo sul serio il cartone animato di Walt Disney: la bella e la bestia, penseranno di poter trasformare la bestia relazionale in cui sono inciampate in un vero principe azzurro originale. Uno con certificato di autenticità e garanzia di ventiquattro mesi.
Ma per favore! Sapete cosa vuol dire: perché non ci divertiamo? Che vuole divertirsi lui. Ve lo dice subito, a scanso di equivoci. Non lamentatevi poi, se speravate in qualcosa di più.
Ti avrei chiamato, ma non ho avuto tempo!
Magari vi ha ghostate. Ha letto i mille mila messaggi che gli avete scritto, senza rispondere. Poi, vi incontra per caso in posta. Al supermercato, a una cena con amici. Non ci si può trovare una persona davanti e diventare un fantasma. Questo succede solo al cinema.
Voi siete lì, in carne e ossa. E pretendete una spiegazione. O meglio, una giustificazione. O delle scuse. Perché il suo comportamento si spiega da sé, senza bisogno di parole. Lui non è interessato. Siccome è un vigliacco, non lo dice, come non ve lo ha scritto su whattsapp (o qualunque altra app abbiate usato per comunicare).
Cosa fa? Si finge contrito. Vi avrebbe chiamato, certo. Ma è stato davvero troppo impegnato. Lo hanno interpellato alla NASA, per lo spinterogeno dello shuttle. L’ONU lo ha mandato in Medio Oriente.
Il presidente degli Stati Uniti gli ha chiesto consiglio sulla cravatta. A lui, che la cravatta l’ha messa l’ultima volta al matrimonio del cugino, sei anni fa.
Nessuno è così impegnato da non rispondere ai messaggi.
Mica doveva scrivervi l’Iliade. O i sonetti di Shakespeare. Bastava un: preferisco che non ci sentiamo. Ho capito che non voglio una relazione. O, al limite, se fosse proprio un cuor di leone: sto frequentando altre persone. Su, ci vuole tanto?
E quindi avviso alle amiche care, e alle naviganti dell’internet qui di passaggio, fate attenzione! Chiunque vi rivolga queste parole, non va preso sul serio. Sono solo persone da tenere alla larga.
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