Sant’Elisabetta

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Sant’Elisabetta, una santa per questi tempi incerti

Sant’Elisabetta di Portogallo è una figura affascinante del XIII secolo. Può una santa di quasi ottocento anni fa essere ancora un modello per noi uomini e donne del XXI secolo? La risposta è sì, come emerge dalla sua vita straordinaria.

Questa santa ha dedicato se stessa alla pace, alla carità e alla devozione religiosa. Valori più che mai importanti per la nostra contemporaneità, infiammata da guerre, in cui l’egoismo e il materialismo dilagano.

L’esempio di Elisabetta è ancora più luminoso, se si tiene conto che è nata in una famiglia reale e sposata con un re. Non le sono dunque mancati onori, ricchezze, la possibilità di vivere nel lusso e di avere potere. Sant’Elisabetta ha invece utilizzato la sua posizione per promuovere la giustizia sociale, sostenere i poveri e mediare conflitti. La sua è una un’eredità spirituale da cui continuare a farci ispirare.

Infanzia e Giovinezza di Sant’Elisabetta

Sant’Elisabetta nasce il 4 gennaio 1271 a Saragozza, in Aragona, Spagna. Unica figlia di una coppia reale. Suo padre è re Pietro III d’Aragona, detto il Grande. Sua madre è la regina Costanza di Sicilia, nipote di Federico II di Svevia. Con questo matrimonio, Costanza porta in dote alla Spagna il regno di Sicilia. Da quel momento in avanti e fino alla riunificazione d’Italia, la Sicilia rimarrà possedimento della corona spagnola.

Ma la nobiltà della famiglia di Sant’Elisabetta non si limita alla stirpe. Sua madre, Costanza di Sicilia, è venerata come beata. Sempre per parte di madre, è imparentata con Sant’Elisabetta, regina d’Ungheria. Una sovrana morta giovanissima e nota per le sue opere di carità.

Sant’Elisabetta di Portogallo viene battezzata proprio col nome di questa illustre e santa prozia. Elisabetta dimostra subito un’inclinazione alla preghiera, alla carità, un profondo senso di pietà e devozione.

Matrimonio e Vita di Corte

A soli dodici anni, Elisabetta sposa Dionigi, futuro re del Portogallo. Elisabetta prende sul serio il suo ruolo di regina, una vocazione al servizio del popolo e della pace. Anche sul fronte familiare, Elisabetta è una moglie paziente, nei confronti di Dionigi, incline all’infedeltà.

Sant’Elisabetta gli vive al fianco con devozione. Senza rinunciare ai suoi principi di fede e carità. La sua fama di regina buona e pia si diffonde rapidamente.

Sant’Elisabetta e la mediazione

Sant’Elisabetta ha un talento personale per la mediazione. In un’epoca politicamente e socialmente turbolenta, si impegna costantemente per risolvere le dispute.

Le riesce la riconciliazione tra il marito e il figlio Alfonso, in conflitto per questioni di successione. Ha una ferma determinazione all’unità della famiglia e alla stabilità del regno. Questa sua opera di mediazione le merita il titolo di “Paciera”.

Carità e Devozione

La generosità di Elisabetta si esprime in continui gesti di soccorso ai bisognosi. Distribuisce cibo e denaro ai poveri. Instancabilmente visita gli ammalati e i prigionieri. Si racconta che, durante una delle sue distribuzioni di pane ai poveri, il re, sospettando che stesse sperperando le risorse del regno, le chiede cosa abbia nel grembiule. Quando la regina apre il grembiule, il re trova delle rose.

Elisabetta fonda diversi istituti di beneficenza, tra cui l’Ospedale di Sant’Elisabetta a Coimbra. Per curare non solo i corpi, ma anche le anime, costruisce chiese e conventi, per la vita spirituale.

Vedovanza e Vita Religiosa

Dopo la morte del marito, nel 1325, si ritira dalla vita politica. Si dedica ancora più intensamente alla preghiera e alla carità. Indossa l’abito del Terz’Ordine Francescano ma continua a svolgere un ruolo di mediatrice e paciera, dove necessario. Un esempio è la sua mediazione nella guerra tra il figlio Alfonso IV di Portogallo e il re Alfonso XI di Castiglia.

Elisabetta trascorre gli ultimi anni nel monastero di Santa Chiara a Coimbra, fino alla morte, il 4 luglio 1336. Subito si sparge la voce dei miracoli avvenuti per sua intercessione.

Canonizzazione e Culto

Il processo di canonizzazione inizia quasi immediatamente dopo la sua morte. Il 25 maggio 1625, Papa Urbano VIII la canonizza. La sua memoria liturgica si celebra il 4 luglio. La santa è particolarmente venerata in Portogallo e in Spagna.

Il suo culto varca rapidamente i confini della penisola iberica, diffondendosi in Europa. Sant’Elisabetta è spesso rappresentata con una corona e un abito regale, in segno della sua dignità di regina, ma anche con un pane o delle rose, simboli della sua carità.

L’eredità Spirituale di Sant’Elisabetta

Sant’Elisabetta di Portogallo rappresenta un modello di come la santità possa essere vissuta nelle diverse vocazioni e circostanze della vita. Come regina, moglie, madre e vedova, Elisabetta ha sempre colto ogni opportunità per dedicarsi alla carità e alla devozione.

La sua dedizione alla pace è un esempio potente di come la leadership possa essere esercitata con integrità e compassione. In un’epoca di conflitti e divisioni, Elisabetta dimostra che la vera forza risiede nella capacità di riconciliare.

Il suo impegno per i poveri e i malati ricorda l’importanza della carità concreta e personale. Elisabetta non si limita a delegare la cura dei bisognosi ad altri, ma se ne occupa direttamente. Il suo è davvero un modello di servant leadership, ovvero di leader che si mette al servizio di chi dipende da lui. Definizione di cui si parla molto, ma di cui mancano esempi concreti.

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