Manzoni, il gossip e le serie TV

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Il lusso delle maratone TV

Ieri ho trovato mia figlia, alle cinque del mattino, aggrovigliata in una coperta di pile sul divano. Circostanza incomprensibile, per un’adolescente che dispone di un letto alla francese, ovvero a una piazza e mezza, per dormirci da sola. Cosa che ai miei tempi sarebbe stato un lusso inimmaginabile. Un’adolescente fornita di un sontuoso letto a una piazza e mezza deve avere un’ottima ragione per rannicchiarsi su un divano e dormirci una notte o quasi.

In realtà ho scoperto che ci si era appena addormentata. Lei si addormenta quando io mi sveglio. Ditemi se anche questo non è un lusso dell’adolescenza moderna. Ho scoperto che il motivo della sua scomoda postura era una maratona di serie TV (terzo lusso che i giovani hanno e noi, alla loro età no. Vi ricordate tutta la programmazione rigorosamente in diretta, ché, se arrivavi tardi, te la perdevi, fino alla prossima magnanima replica, e chi s’è visto, s’è visto?).

Il lusso delle serie TV

Oddio, le serie TV sono tutt’ora un lusso per me. Anche se ho tutti i vari abbonamenti alle pay tV, non è mai il mio turno di accedere al telecomando. C’è sempre qualcuno in casa che ha qualcosa di imperdibile da vedere. Cosa imperdibile batte in priorità il mio zapping annoiato, alla ricerca di qualcosa di accettabile da guardare. Allora ho indagato con l’adolescente insonnolita, e ho scoperto il nome della serie: Gossip girl.

Mia figlia sostiene che si tratti di una serie vecchissima. Chissà, ho pensato, sarà stato uno di quegli spettacoli che vedevano già gli antichi romani, magari al Colosseo. Forse Virgilio ne ha anche accennato in qualche ecloga che non ho letto. Probabilmente, mentre la prof di latino la spiegava, ero a casa col mal di pancia. Oppure, stavo guardando fuori dalla finestra.

Invece poi ho scoperto che l’antica serie Gossip girl è datata 2007 dopo Cristo. È quindi di questo millennio, seppure di qualche anno or sono. Questione di prospettiva: per un’adolescente si tratta di una vita fa. Una serie girata quando lei aveva due anni. Nientemeno.

La trama delle serie TV

Allora ho provato a farmela raccontare. Un po’ volevo sintonizzarmi sulla cultura dell’adolescente, un po’ temo che non avrò mai occasione di vedere la serie. Per mia figlia è antica ed anche già vista. Figurati se si riguarda le stagioni passate con l’anziana madre. L’unico modo per sapere di cosa si trattasse, era chiederne un commento alla figlia. Ecco, non sono sicura di aver capito la trama, per cui, prendete le mie parole con beneficio di inventario.

Non che le manchi la stoffa del critico cinematografico e serienetfligrafico. Il fatto è che è che i riassunti non sono mai stati il suo forte. Tutta colpa dei bislacchi programmi delle scuole elementari. Smetti di far fare i riassunti su Manzoni, e disabitui un’intera generazione a cogliere il succo di una storia e raccontartelo in poche frasi. Dopo aver controllato il tutto su wikipedia, non ne sono uscita comunque con le idee più chiare. Probabilmente anche gli editor di Wikipedia hanno fatto una brutta scuola elementare, perché descrivono una serie di episodi di ciascuna delle cinque serie, senza far capire quale sia il vero significato della storia nel suo complesso, (ammesso che ce ne sia uno).

Il gossip è un evergreen

Quindi non sono affatto certa di aver afferrato l’essenza del racconto. L’unico vantaggio di questa serie TV, è che ne hanno fatto cinque stagioni e non cinquecento. Una scelta inusuale, differente da altre serie dove cominci con un cast di attori a cui ti affezioni e in stagioni non ne rimane nemmeno uno. In pratica, se non hai seguito tutto lo snodarsi della storia e dei personaggi, non sei in grado di riconoscere la serie.

Comunque, dal poco che ho capito, Gossip girl è una serie in cui ci sono delle adolescenti, in preda a primi amori (ma anche secondi, terzi, quarti), che spettegolano le une delle altre. Perché “gossip” tradotto nella lingua in cui mangiamo, equivale a: “pettegolezzo”. Sì, lo so, gossip suona molto meglio. Tutto suona meglio, quando non se ne afferra il brutale significato letterale e ci si illude che voglia dire altro.

Il pettegolezzo lo praticavamo anche negli anni Ottanta, pur senza chiamarlo gossip. E pur non avendo a disposizione l’apparato dei social, delle chat, di Netflix. Il pettegolezzo è analogico, democratico, ubiquitario. Lo dico con un’espressione che denuncia inesorabilmente la mia appartenenza ai boomer: il pettegolezzo è un evergreen. Ovvero un sempreverde: parola che gli adolescenti non usano. Loro mica lo sanno cosa sia un sempreverde: oltre ad aver eliminato i riassunti, alle elementari non si studiano più la flora e fauna.

Il pettegolezzo in epoca analogica

Malgrado la nostra naturale inclinazione a spettegolare da ragazze, mai avremmo pensato di fare di questa attività una serie TV. Non perché non esistessero le serie TV (esistevano eccome: si chiamavano telefilm). E’ che la nostra generazione che faceva i riassunti di Manzoni, spettegolava con pudore, quasi con vergogna. Non ci pareva una cosa da spettacolarizzare. Quadi nessuno sembra ricordare che Il pettegolezzo tecnicamente è anche peccato. (lo avevo scritto qui: https://annaporchetti.it/2023/09/05/metti-una-volta-un-pettegolo/.

Era più che altro un vizio privato, da esercitare con moderazione, in semi clandestinità. Ma si sa, erano tempi antichi: ante series natas.

serie TV

e qui: https://annaporchetti.it/2023/04/28/a-proposito-di-carita-intervista/

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