Lo strano caso del caso

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Parliamo del caso

Cosa c’entra il caso, la sorte, Dio, la cultura e la letteratura moderne? Incontro una persona che conosco al supermercato. Ha una figlia dell’età della mia e mi dice che sfiga, quest’anno è uscito greco. Poco dopo, chiacchiero con un’amica che mi dice: che fortuna, abbiamo trovato la casa dei nostri sogni e non vediamo l’ora di trasferirci!

Un collega, per pura coincidenza, scopre che suo cognato mi conosce, avevamo fatto un corso di lingue insieme, più di vent’anni fa.

Del caso, della sfiga, dei pagani

Sfiga, caso, sorte, fortuna, coincidenze.

Sono parole che tutti usiamo (io per prima), ma a pensarci bene, sono molto fuorvianti. L’idea che le nostre azioni siano governate da un caso capriccioso e imprevedibile ci accompagna da sempre. Un caso dietro al quale non c’è un’etica, un fine e un senso.

Il fato dei greci e il caso dei moderni

Questa idea pervade il linguaggio della vita quotidiana, i film, la letteratura. È un’idea pagana, a ben vedere. I greci, i romani (ma anche gli egiziani e gli assiro babilonesi per quanto ne sappiamo) si immaginavano i loro dèi esattamente come gli uomini, ma con dei superpoteri.

Questi dèi si preoccupavano principalmente dei propri interessi e obiettivi. Non di far trionfare il bene. Non di sconfiggere il maligno. A meno che il maligno di turno gli stesse particolarmente antipatico o la vittima buona particolarmente simpatica. Ma era un favore personale, non una scelta programmatica.

Sopra gli dèi pagani c’era il fato, ovvero il destino, forza cieca e misteriosa, che agiva nelle vite degli uomini e spesso le sconquassava, senza una vera ragione, né uno scopo.

L’idea pagana del caso

L’idea pagana di un destino ineluttabile e totalmente casuale si infiltra ancora nella nostra vita, malgrado i mille e cinquecento anni di trionfo del cristianesimo sul culto pagano.

L’insostenibile leggerezza dell’essere, uno dei libri cult della mia adolescenza, fa un abbondante uso di questa visione. Come molti romanzi, è una storia d’amore fra un uomo e una donna, tormentata e burrascosa. I due protagonisti si incontrano. Un incontro breve, fugace, in apparenza totalmente casuale. Eppure, sin dall’inizio, accade qualcosa. Ecco uno dei passaggi che descrivono questo primo incontro:

“mentre portava dal bancone il cognac per Tomas, cercava di leggere in quella coincidenza. Com’era possibile che, proprio mentre stava portando del cognac a quell’uomo sconosciuto che le piaceva, sentisse Beethoven?”

Tereza è la giovane cameriera di un ristorante di provincia. Una sera, si siede a un tavolo un uomo sconosciuto. Un forestiero molto distinto nell’aspetto e nei modi, rispetto ai clienti abituali. Ordina un cognac, e, mentre Tereza lo sta servendo, la radio in sottofondo trasmette un brano di Beethoven, compositore che Tereza ama e che per lei è il simbolo di una vita meno noiosa e misera della sua.

La coincidenza fra l’affascinante estraneo che attraversa la sua vita quella sera e la musica che la porta fuori dalla sua vita, producono in lei una strana curiosità.

La magia delle (apparenti) coincidenze

L’autore del romanzo ci spiega poco dopo che il caso è pieno di magia. E aggiunge:

“se l’amore deve essere indimenticabile, fin dal primo istante devono posarsi su di esso le coincidenze”

Nel breve tempo del loro incontro, si verificano altre due coincidenze. Tereza, qualche tempo dopo, prenderà coraggio, riempirà una valigia con tutto ciò che possiede e andrà a Praga, a trovare Tomas. Lo chiamerà al numero di telefono che lui le ha dato, nel biglietto da visita. I due non si lasceranno più e si sposeranno. l’autore dice:

“molto più del biglietto da visita che lui le ha dato, è stato il richiamo di quelle coincidenze a darle il coraggio di andar via di casa a cambiare il proprio destino (…) sono state quelle coincidenze a mettere il moto il suo amore”

Il caso esiste?

Bastano queste poche righe del romanzo, per immergerci in una visione genuinamente pagana della vita. Non ce ne rendiamo conto. Pensiamo persino che ci sia della poesia, della bellezza, in queste coincidenze e in questo caso che fa cose inimmaginabili.

Ce la prendiamo col caso, se il risultato è tragico o deludente. Ci sentiamo fortunati, se per caso ci arrivano cose buone, che non ci aspettavamo e non ci siamo guadagnati.

Ma il caso esiste davvero?

Le due possibili letture

Ci sono cose che non possiamo spiegare. Eventi che non hanno una ragione logica per accadere. Eppure, accadono. Di fronte ad essi, abbiamo due possibili letture. Possiamo dirci che provengono dal caso (dalla sfiga, dalla botta di fortuna, dalle coincidenze). Oppure che tutto faccia parte di un preciso disegno.

Se non possiamo controllare questi eventi, che differenza fa, sapere se sono casuali o preordinati? Parrebbe nessuna. Invece ce n’è una importantissima. Se ammettiamo che ogni situazione, anche la più incredibile, avvenga perché è stato previsto che accada, dobbiamo anche ammettere che ci sia, sopra alle nostre vite e al destino del mondo, un disegno, un progetto, una entità che lo realizza.

Dio e San Paolo

I cattolici pensano che questa entità sia Dio. Che Lui stabilisca che ogni cosa deve avvenire, persino le meno probabili o le più singolari, per servire uno scopo più alto. San Paolo lo spiega in modo molto chiaro ai Romani (ma vale pure per noi):

Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati. Rm 8, 28-30

I cattolici e il disegno di Dio

Dunque esiste un disegno di Dio. Ma questo ancora non basta. Questo disegno ha uno scopo preciso. Realizza il bene. Non un bene astratto, generale, ma un bene concreto: il bene di quelle persone che sono state chiamate da Lui.

Se accettiamo che Dio si comporti come ci ha spiegato San Paolo, non ha più nessun senso parlare di sfortuna, sfiga, fortuna e coincidenze. San Paolo dice che questo bene degli uomini e le donne chiamate da Dio consiste nell’essere conformi all’immagine di Suo figlio. Il disegno divino ci rimane spesso misterioso, ma non il suo scopo finale: quello è chiaro sin dall’inizio.

Se continuiamo a ragionare in termini di caso, ci sfugge che tutto quello che avviene, concorre al bene. Persino la sfiga. Ci dimentichiamo che anche la cattiva sorte ha senso. Così la priviamo del suo potere salvifico. Ci sembra una cosa negativa, fine a se stessa.

Se ci comportiamo da pagani, perdiamo la capacità di vedere Dio che opera nelle nostre vite, per realizzare il suo piano di salvezza.

CASO

e qui: https://annaporchetti.it/2023/04/28/a-proposito-di-carita-intervista/

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