Dio ci salvi dalle riunioni

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Il problema delle riunioni

Di come le riunioni siano diventate la più colossale perdita di tempo delle nostre vite, lavorative e non solo. A Milano, nessuna riunione seria comincia prima delle dieci del mattino. Non so se sia sempre stato così, però ultimamente accade. Le dieci sono quasi l’alba. Di tanto in tanto, qualcuno quasi si scusa: “ho messo una riunione subito al mattino”.

L’idea che si è diffusa negli ultimi anni è quella di dare un inizio più elastico e rilassato alle giornate. Permettere alle persone una specie di partenza soft, confortevole, senza corse. La conseguenza pratica di questo inizio ufficiale tardivo, non è uno svolgimento più soft e rilassante della giornata, ma che noi lavoriamo sempre di più.

Infatti, anche se la prima riunione, quella che dovrebbe segnare l’inizio ufficiale della giornata, non parte prima di metà mattina, quasi tutti siamo in pista da molto prima.

Sveglia all’alba, inizio alle 10

Chi vive fuori Milano, continua ad avere la sveglia all’alba. La prima riunione del mattino comincerà anche alle 10, ma, non esistendo il teletrasporto, bisogna impegnare la tangenziale in tempo utile. Sono sempre stata affascinata dai racconti di quei colleghi pendolari che ti dicono: se entri in tangenziale fino alle sette meno un quarto, hai speranza di cavartela, se lo fai anche solo cinque minuti dopo, è la fine. Rischi di rimanere in coda per un’ora o i suoi multipli.

I pendolari hanno sempre un repertorio di racconti spaventosi di attese interminabili, fermi in coda sotto il sole o la pioggia o la neve e nemmeno un genere di conforto per alleviare l’attesa.

Mi sono sempre immaginata una specie di barriera spazio temporale, tipo la porta nascosta dentro l’armadio che conduceva a Narnia. Quindi, i turnisti della città metropolitana continuano con le loro veglie all’alba, anche se è ormai sancito che, prima delle 10, non solo non si prende nessuna decisione importante, ma nemmeno si comincia a discuterne.

I turnisti della tangenziale

Cosa fa il turnista che ha provvidenzialmente attraversato la porta di Narnia in tangenziale, entro e non oltre le fatidiche sette meno un quarto?

Di solito, chi si muove all’alba, arriva al lavoro, nella peggiore delle ipotesi alle otto e mezzo o alle nove meno un quarto. Ti separa più di un’ora dall’inizio ufficiale di ogni attività seriamente produttiva.

Se sei fortunato, puoi conferire in un pre briefing con qualcuno che sia mattiniero o pendolare come te. Li chiamano early morning briefing. Il che fa ridere, perché si svolgono alle nove del mattino.

La routine dei residenti

Chi vive a Milano, non ha a che fare con porte di Narnia o tangenziali, ma non necessariamente se la passa meglio. Di solito esce di casa comunque poco dopo le sette. Il suo problema non è il traffico in ingresso, non solo, anche se a Milano ci sono zone che distano come due città diverse. E poi c’è il parcheggio.

A Milano è facile che ci vogliano venti minuti per arrivare e trenta per trovare un parcheggio.  Anche il residente arriva attorno alle nove. Per questa strana distorsione percettiva, al residente milanese sembra quasi di essere in anticipo.

In fondo manca ancora un’ora alla prima seria attività lavorativa della giornata! Tutti, I turnisti e I residenti, attendono le dieci in punto, come le machine nei gran premi di formula uno: coi motori caldi, ma ancora immobili, dietro la linea di partenza.

Le riunioni del giorno

La giornata si avvia e procede con il consueto alternarsi di riunioni e lavoro (fintanto che sei in riunione, non puoi portare avanti nulla di quello che riguarda tutto il resto del tuo lavoro, quello che non svolgi comunitariamente coi tuoi colleghi).

Appena due o tre ore di lavoro ed è già ora di pranzo. La mattinata nelle aziende è oggi molto più corta di quanto non fosse cinque o dieci anni fa, quando non esisteva la regola: nessuna attività produttiva prima delle 10!

È vero che in Spagna, dove la giornata comincia anche dopo le 10, il pranzo è spostato alle 14, come minimo. Ma i nostri stomaci lombardi, riempiti per l’ultima volta al più tardi alle otto, verso l’una cominciano a reclamare. E comunque, alle due bisogna essere nuovamente ai posti di combattimento.

Per uno strano fenomeno che non capirò mai, tutto il comfort della partenza soft, viene bruciato nel rush del dopo pranzo: non c’è scusante che tenga, per una pausa pranzo che si protragga oltre le due del pomeriggio.

Il che fa sì che, invece della prescritta ora di pranzo, ci si debba accontentare di qualche brandello di tempo, strappato all’ultima riunione del mattino e alla prima del pomeriggio. Qualche volta non c’è nemmeno il tempo per un vero pasto.

Le 17 è l’orario limite per le riunioni

Il pomeriggio prosegue a oltranza e senza pause. Dobbiamo recuperare la partenza soft del mattino. Perché va bene iniziare in modo confortevole, ma poi la giornata va massimizzata. Si arriva alle cinque, orario off limits per le riunioni.

Dopo la prima regola non scritta delle riunioni: non si comincia prima delle dieci, esiste la seconda regola non scritta: non si indicono riunioni dopo le 17. Uniche eccezioni: catastrofi naturali o aziendali, pestilenze, epidemie o piaghe bibliche. Non perché alle cinque la giornata lavorativa sia finita. Al contrario, in molti casi è appena iniziata.

La moltiplicazione delle riunioni

Da qualche anno a questa parte, le riunioni si sono miracolosamente moltiplicate, come fu per pani e pesci, per opera di nostro Signore. In questo modo, ce n’è per tutti. Una volta, le riunioni erano un fatto sporadico e interessavano prevalentemente alcune funzioni (il management, che era quasi sempre in riunione e le funzioni commerciali, o la produzione) adesso non c’è team o dipartimento che non partecipi a riunioni allargate o non si sia fatta un calendario con le proprie.

Fra i tipi di riunione che sono cresciute esponenzialmente, ci sono quelle periodiche. Incontri in cui non c’è un’agenda, né uno specifico obiettivo. Riunioni in cui ci si trova e talvolta ci si guarda smarriti: noi di cosa dovevamo discutere? Non tutte le riunioni sono indispensabili. Il problema è che, a furia di moltiplicare le riunioni, la comunicazione è peggiorata.

A cosa servono le riunioni

Sembra un contro senso, ma non lo è. Perché le riunioni servono solo se perseguono obiettivi, se riuniscono le persone realmente indispensabili, se sono condotte con efficienza e se la gente arriva preparate. Altrimenti, pur vedendoci ogni giorno, o un certo numero di volte al giorno, non tiriamo mai fuori le questioni da affrontare. E non risolviamo mai nulla.

Invece, oramai la riunione sembra l’antidoto a ogni problema aziendale. A volte si indicono riunioni con venti partecipanti, in una sorta di: ci siamo trovati quella volta, c’eri anche tu! Come se, avere testimoni in ogni riunione, creasse una certa complicità. Al punto che, chi non è coinvolto, quasi se la prende: invitate sempre tutti e a me non mi avete coinvolto! Manco la riunione fosse una festa.

Le riunioni assorbono gran parte della giornata lavorativa, ma non sono lavoro. O meglio, lo sono, ma ne rappresentano solo una piccola parte. Quella in cui bisognerebbe confrontarsi sul lavoro già fatto e quello da fare, trovare soluzioni ai problemi, prendere decisioni congiunte o informare di cose salienti chi deve essere informato.

Tutto quello che si delibera in una riunione, si traduce in lavoro che fa fatto in separata sede, ciascuno per sé. è così che il tempo individualmente produttivo, comincia dopo le 17. Nessuno riesce a concludere niente di significativo in meno di due o tre ore. Arriviamo così alle otto di sera e talvolta ci chiediamo: ma cosa ho fatto oggi?

riunioni
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e qui: https://annaporchetti.it/2023/04/28/a-proposito-di-carita-intervista/

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