San Giuseppe Moscati, il medico santo
Il 12 aprile ricorre la memoria liturgica di San Giuseppe Moscati, docente Universitario, ricercatore, medico, fervente cattolico. Sono molto affezionata a San Giuseppe Moscati, che mi ricorda mio nonno.
Il padre di mia madre, anche lui Giuseppe, gli somigliava fisicamente ed era un uomo molto buono e molto devoto. San Giuseppe Moscati me lo sono sempre immaginato così, come mio nonno Peppino, scomparso anche lui troppo presto.
San Giuseppe Moscati Morì nella Settimana Santa del 1927, non ancora quarantasettenne. In quei pochi anni di vita, però poté fare molto, per la medicina e per I malati. Dopo la laurea, alternò con successo la professione medica alla ricerca e all’insegnamento Universitario, lasciando diverse pubblicazioni sui suoi esperimenti di fisiologia e di chimica biologica.
Penso spesso e lui e lo prego, per la guarigione delle persone care che sono ammalate. So che, come me, molti lo hanno invocato, ottenendo la sua mediazione anche in casi delicatissimi. Al santo sono state riconosciute molte guarigioni miracolose.
Il contesto storico
Oggi si parla molto dei limiti e dei problemi della sanità italiana. Tuttavia, al tempo in cui il santo operava, la situazione era ben più critica. All’epoca, non esisteva un Sistema Sanitario Nazionale, che garantisse assistenza ai malati. Inoltre, le medicine disponibili erano ancora limitate e molto costose. Questo comportava un accesso inadeguato alle cure, da parte della popolazione povera, che non potesse pagare di tasca propria la parcella del medico e i farmaci.
San Giuseppe Moscati aveva una reputazione che gli avrebbe permesso di diventare il medico di riferimento delle classi più abbienti della sua città, disposte a pagarlo moltissimo. Ma non gli interessava.
Per lui la professione medica non era un mezzo per arricchirsi. Lui desiderava alleviare le sofferenze dei malati e, se possibile guarirli. Specie se si trattava di ammalati poveri, da cui non si faceva pagare e che, al contrario, spesso aiutava economicamente, dando loro il denaro necessario per alimenti più nutrienti medicinali.
Proprio in quel contesto storico, il suo amore per il prossimo e il suo spirito di servizio avevano un valore ancora maggiore, nel volersi prendere cura dei fragili. Fragili di cui la nostra società odierna sembra non vedere l’ora di liberarsi.
L’uomo e il suo mistero
Nel suo studio, aveva messo un cappello rovesciato, con la frase: “chi può metta, chi non ha, prenda”. Un invito semplice e molto efficace alla solidarietà fra privilegiati e svantaggiati. La sua carità, di ispirazione Cristiana, non si limitava all’assistenza materiale. Ripeteva spesso: “Pensate che i vostri infermi hanno soprattutto un’anima a cui dovete sapervi avvicinare”.
Per lui, l’uomo, prima che un caso clinico e un corpo ammalato, era un’anima. Ovvero un essere umano, con la sua interiorità e il suo mistero, da trattare con rispetto e delicatezza. Non a caso, oltre che curare il corpo, Moscati si preoccupava costantemente di confortare il cuore dei suoi malati. Sono arrivate fino a noi alcune delle ricette che prescriveva, in cui le indicazioni mediche si alternavano alle frasi di rassicurazione.
Il falso problema del dissidio fra scienza e fede
L’epoca di San Giuseppe Moscati era difficile anche per altri motivi. Si stavano facendo largo le teorie positiviste. Le testi evoluzionistiche di Darwin portavano molti a mettere in discussione l’esistenza di Dio.
Nietzsche e il nichilismo, la corrente originata dal suo pensiero, avevano messo in crisi la religione. Le opera di Nietzsche avevano cominciato a circolare quando San Giuseppe Moscati era ancora un bambino, avendo in tutto l’occidente una grande influenza sul clima culturale del tempo. Cominciava quella tendenza, consolidata ai nostri giorni, a considerare la fede nemica e antagonista della scienza e del progresso.
Così non era per San Giuseppe Moscati, che seppe sempre coniugare il suo rigore di medico e scienziato, con una grande devozione e una pratica regolare dei sacramenti.
Era uno studioso, un docente Universitario e una mente brillante. Nella sua vita si interessò di vari aspetti legati al metabolismo: dagli studi sul diabete e sul metabolismo dello zucchero, alle ricerche sull’urea, agli esperimenti sulla tubercolosi. Risultati di valore, pubblicati in Italia e all’estero.
Questo non gli impedì di coltivare la fede. La sua condizione di cristiano non tolse nulla al valore scientifico della sua attività. Caso mai l’arricchì, dotandolo di quello sguardo caritatevole e di quell’empatia che spesso manca, a medici troppo preoccupati dell’aspetto materiale dell’esistenza.
La spiritualità di San Giuseppe Moscati
Animato da profondissima fede, San Giuseppe Moscati diceva: “Gli ammalati sono le figure di Cristo”. Andava a Messa tutti i giorni alla chiesa di Gesù Nuovo o a Santa Chiara; e, anche quando era in viaggio, cercava sempre una Chiesa per la Messa. Passava lunghi momenti di adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Assiduo dell’adorazione eucaristica, aveva imparato a cercare il volto sofferente di Cristo nei suoi pazienti e grazie a questo, si spendeva senza sosta per curarli, raggiungendoli ovunque lo chiamassero.
Era consapevole della responsabilità che ha il medico, di fronte al malato, e la prendeva con grande serietà. La medicina per lui era una missione, da onorare con dedizione.
e qui: https://annaporchetti.it/2023/04/28/a-proposito-di-carita-intervista/
seguimi sul blog: www.AnnaPorchetti.it.
il mio libro si trova qui: https://amzn.to/3VqM5nu