Virginia Woolf, la camera per sé, le scrittrici di oggi
Sono strana, nutro una sviscerata ammirazione per un certo tipo di persone: le scrittrici. Non le scrittrici alla Bronte, zitelle solitarie che vivono rinchiuse a scrivere di amori che non hanno mai vissuto. E nemmeno autrici tormentate come la Woolf, che auspicava che le scrittrici avessero una stanzetta tutta per sé (avevi ragione, Virginia, perciò mi sono arredata il ripostiglio delle scope per scrivere). No, parlo di un genere diverso di scrittrici.
Scrivere di ombelichi e unghie degli alluci
Io ammiro quelle scrittrici che si guardano l’ombelico, le unghie degli alluci e ce lo raccontano. E riescono a farsi pagare pure. Oppure quelle che ci vendono le recensioni dei film e delle mostre che hanno amato oppure odiato. Film e mostre pagati dal giornale che le ha inviate lì deliberatamente, perché avessero da scriverne.
Le scrittrici madri raccontano vite normalissime. Eppure mandano in delirio noi mediowoman. Le leggiamo, ci riconosciamo e annuiamo vigorosamente: sì, è proprio così, potrei averlo scritto io.
Fare della propria quotidianità un mestiere
E la mia non è una critica, sia chiaro. È pura ammirazione. Fare non dico della propria passione, ma addirittura della propria quotidianità un mestiere, è talento. Raccontare cose che accadono continuamente a tutte, come fossero straordinarie avventure, è incredibile.
La capostipite di queste scrittrici è Carrie Bradshaw. Una vita a comprare scarpe e andare alle feste, mantenendosi unicamente con una rubrica settimanale. Una rubrica in cui non fa ricerche sociologiche, approfondimenti culturali o riflessioni filosofiche. Racconta semplicemente le sue vicende sentimentali. Disastrate, dolorose e talvolta sorprendenti, come quelle della donna media newyorkese in età da marito.
Certo, quella è New York, direte voi. Vero. Ma pure qui, all’ombra della Madonnina, del Cupolone, ci sono scrittrici che fanno della loro vita un’opera letteraria.
Dove vanno le scrittrici?
Per una grafomane come me, vivere dei propri scarabocchi sarebbe un sogno. Invece, per vivere devo fare altro. Gli scarabocchi li incastro fra un dovere e un altro. Fra un budget trimestrale e un incontro con un cliente.
Al fondo di questo mio sogno irrealizzato e irrealizzabile (non c’è la fila di direttori di giornali, che mi pregano di inviare loro il resoconto del mio fine settimana o della mia spesa all’iper) mi faccio delle domande: dove vanno queste scrittrici? dove va la scrittura femminile?
L’eredità da lasciare al futuro
Va bene l’introspezione, la vena intimistica, qualche protesta verso la nostra società, così dura con le donne. Ok, ma poi quale messaggio vogliamo lanciare al mondo?
Quanti dei nostri soliloqui di stretta ortodossia autobiografica saranno ricordati? Qualche giorno fa, Camillo Langone ha scritto un articolo sulle scrittrici. Un articolo che si chiudeva con questa riflessione: che peccato per le donne, tanta fatica per trovare uno spazio nell’editoria, e, ora non hanno più niente da dire. (l’articolo si trova qui: https://www.ilfoglio.it/preghiera/2024/03/08/news/aver-finalmente-occupato-le-case-editrici-e-non-aver-nulla-da-dire-6303639/)
Apriti cielo. Delitto di lesa femminilità letteraria.
Ma come? E da quando i nostri tramezzini, le nostre inadeguatezze, i nostri esercizi di yoga non sono più il sale della terra? il mai più senza della narrativa, della saggistica, della scrittura creativa? Invece Langone ha ragione. Sono incappata in libri di autrici femminili che erano solo questo: una mirabile, ben scritta, ammiccante descrizione del nulla. O del poco. O dell’ordinario.
Tutta colpa degli ermetisti
Forse è stata la modernità. È da quando le poesie non fanno più rima, che le regole della scrittura si sono sfilacciate. Tutta colpa dei poeti ermetici, coi loro versi liberi. È così che tutto è cominciato? Ci hanno fatto pensare che chi l’ha detto che devo seguire le regole della poesia? Di lì a chi l’ha detto che devo avere qualcosa di straordinario da dire al mondo? È stato un attimo. E poi è arrivato: Chi l’ha detto che la scrittura debba sopravvivere non dico a me stessa, ma anche solo agli accidenti che l’hanno suscitata?
La instant letteratura
Sono ingiusta, lo so. Perché tanti di questi libri, articoli, blog, post sui social, li ho letti con piacere. Anche io mi sono immedesimata nella mamma raffazzonata, che ha in uggia tutte le complicatissime regole degli asili e dei gruppi genitori. Mi sono ritrovata perfettamente nella donna di mezza età alle prese con un qualche aspetto inaccettabile: il carattere, i capelli, la forma del naso o il lavoro.
Tutto bello e vero, eh. Ma la scrittura non dovrebbe portare più in alto? Se mi fermo e cerco di ricordare su due piedi dieci libri imperdibili, scritti da mie contemporanee, vado in crisi. Voi ce li avete dieci titoli di scrittrici donne che abbiano rasentato il capolavoro?
E non che tutto il resto sia da buttar via, intendiamoci. È solo che si tratta di instant letteratura.
Le scrittrici (qualunque cosa significhi)
Io sono una grande fan di Erica Jong. La trovo un’autrice intellettualmente onesta, nel raccontare le donne della sua generazione. E mi sono spezzata in due dalle risate, coi romanzi di Federica Bosco.
Anche Sophie Kinsella è un’autrice molto gradevole. Alcuni suoi libri li ho letti una seconda volta. Solo perché non ricordavo di averli letti la prima. Non ne avevo nemmeno un vago ricordo. Tutte brave scrittrici, s’intende. E che vendono anche molto. Forse ci dovremmo interrogare su cosa intendiamo, quando parliamo di: scrittrici.
I bestiari contemporanei
Oggi quello che leggiamo è assolutamente attuale. Domani potrà ancora conservare un suo colore nostalgico. Lo leggeremo e penseremo: accidenti eravamo proprio così. Ci commuoveremo. Consapevoli che quel piccolo mondo antico non esiste più, se non nelle pagine di quel libro. Ma poi diventerà scrittura troppo contingente, troppo legata alla moda di un’epoca per interessare chiunque.
Diverrà come i bestiari medievali. Chi di voi ha mai letto un bestiario medievale? Quelle liste che contenevano descrizioni di animali veri o immaginari, con significati simbolici ed edificanti. Eppure, erano opere di gran successo, ai loro tempi. Ecco, io ammiro profondamente le scrittrici che oggi riescono a scrivere le versioni moderne dei bestiari e viverci pure. Felici e contente.
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