L’atroce morbo della solitudine

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L’atroce morbo della solitudine

Parliamo di una moda insensata del nostro tempo, una fra tante: la solitudine. Oggi si dice che la solitudine vada abitata, abbracciata, ricercata e coltivata. Ci sono gli ultrà della solitudine che raccontano quanto sia figo starsene soli per anni, decenni, anche tutta la vita. Solo è bello: non devi pagare i conti di qualcun altro, cedere la tua parte della scarpiera, il telecomando, il divano. Vai in vacanza dove e quando ti pare, senza modificare il tuo calendario e conciliare i tuoi desideri con le necessità di altri.

Ti fai una intera esistenza a misura delle tue sole scelte, e non hai bisogno di adattarti, rinunciare, accettare compromessi. Sei il solo, unico, supremo padrone del tuo tempo, dei tuoi soldi, dei tuoi movimenti.

L’uomo non è fatto per la solitudine

Basterebbe aprire la Bibbia, all’inizio c’è scritto:

Dio, il Signore, disse: ‘Non è bene che l’uomo sia solo. Gli farò un aiuto, adatto a lui Genesi 2, 18

Per ricordare le basi proprio. Adamo non se la passava male. Aveva un intero paradiso Terrestre a sua disposizione. Non doveva dividerlo con nessuno. Se la solitudine fosse stata un bene, Dio lo avrebbe lasciato così com’era. Invece no: gli fa un aiuto adatto a lui.

Ma la vera domanda e: un aiuto a fare cosa? Inn paradiso non c’erano bollette da pagare, quindi l’aiuto non era certo per arrivare alla fine del mese. Adamo (e poi Eva) erano nudi, quindi non c’erano lavatrici da fare, nè vestiti da stirare (bei tempi, quelli, Eva, come hai fatto a rinunciare a tutto questo? A un paradiso senza ciclo per i bianchi e camicie da stirare! Pensa che fregatura che ci ha rifilato il demonio. Basterebbe solo questo a capire quanto sia malvagio!).

Non c’erano pasti da cucinare, perché ci si nutriva di quel che generosamente il paradiso offriva. Non c’erano code da fare in posta, né cervellotiche dichiarazioni dei redditi. Insomma, ad Adamo, per quando uomo e quindi mediamente imbranato nelle cose pratiche, non serviva un aiuto domestico, per far fronte alla fatica del vivere. E allora questo aiuto adatto a lui cos’era, se non un aiuto contro la solitudine?

La solitudine è una maledizione divina

Scorrendo la Bibbia, capita assai di rado che l’uomo sia solo. Spesso non è una scelta libera e nemmeno desiderabile. Nel libro di Ezechiele, Dio scaglia questa maledizione contro gli uomini:

Ridurrò il paese ad una solitudine e a un deserto e l’orgoglio della sua forza cesserà. I monti d’Israele saranno devastati, non ci passerà più nessuno. Sapranno che io sono il Signore quando farò del loro paese una solitudine e un deserto, a causa di tutti gli abomini che hanno commessi. Ezechiele 33, 28’29

In solitudine perenne ti ridurrò e le tue città non saranno più abitate: saprete che io sono il Signore. Poiché hai detto: Questi due popoli, questi due territori saranno miei, noi li possiederemo, anche se là è il Signore. Ezechiele 35, 9-10

Insomma, così a occhio, non sembra proprio che questa solitudine sia una condizione così desiderabile.

Nessuna cultura, prima di questo secolo individualista e scellerato, ha mai glorificato la solitudine. Ci sarà pure un perché.

Essere soli ci alleggerisce certamente di molte responsabilità, ma svuota inesorabilmente le nostre vite. L’opposto della solitudine non è la compagnia, ma l’amore.

La relazione con l’altro

Amare vuol dire essere in relazione con l’altro. Che sia uno sposo, i genitori, i figli, gli amici, porsi verso l’altro implica la messa in comune di spazi, tempo, risorse, obiettivi. Bisogna lavorare su sé stessi per stare in relazione.

Per coltivare la solitudine non serve alcun merito, alcuna attitudine, alcun talento. Nasciamo soli e moriamo soli. Dunque tutto quello che sta in mezzo: l’amore, la relazione, la famiglia, è una conquista.

La finta libertà

Allora, come hanno fatto a convincerci che la solitudine fosse una cosa meravigliosa e non la più grande sciagura che si può sperimentare in vita? La solitudine viene travestita da libertà. Si dice che chi è libero disponga completamente di sé stesso.

Ma ora che l’individuo ha sciolto ogni legame, cosa se ne fa di disporre di sé stesso, se non vuole donarsi a un altro? La solitudine è un grande vuoto, che ognuno cerca di riempire. Per questo, l’individualismo e la solitudine sono un ottimo affare per il consumismo.

Chi non è amato ha bisogno di amare sé stesso. E di dimostrarselo continuamente. Per questo le persone sole sono così incoraggiate a farsi regali da sé. Spesso sono spinte a concedersi quello che nessun altro darà loro, visto che hanno rinunciato a quel dare e avere che è alla base di ogni relazione umana.

Comprare, possedere, consumare, sono tentativi per dimostrare a noi stessi che valiamo, che ci meritiamo il meglio, anche se questo valore non ce lo riconosce nessuno, al di fuori di noi stessi. Mentre per due cuori può bastare una capanna, un cuore solo trova pace solo in un super attico (e nemmeno).

Ogni esaltazione della solitudine come espressione di libertà, dimentica (o finge di dimenticare) che la vera libertà è sapere che in ogni momento potresti andartene e invece decidi di restare.

Amare noi stessi non basta

È inutile predicare che dobbiamo amare noi stessi e questo basta. Perché non è vero. Non basta. Possiamo anche amare noi stessi, o più che amarci, imparare a tollerarci, alla fine accettarci, ma senza qualcuno da amare, non sappiamo chi siamo, né dove stiamo andando.

Amare l’altro è un po’ ritrovare sé stessi. Rivedersi negli occhi dell’altro, che ci restituisce, come uno specchio, l’immagine di quelli che siamo. A volte, questo specchio amorevole ci restituisce una immagine di noi stessi più gentile, più bella, più positiva.

Riusciamo a volerci bene attraverso l’amore degli altri. Se gli altri ci amano, ci sarà pure qualcosa di buono in noi! Per questo la solitudine perenne non è una scelta di vita, è un tarlo che corrode l’anima. Un morbo terribile e inappellabile, a cui l’egoismo ci condanna.

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