Giuseppe l’anticonformista
Oggi ovunque si festeggiano i papà. Il 19 marzo del 1870, papa Pio IX proclamò S. Giuseppe patrono della Chiesa universale. Chi era Giuseppe, considerato dai cristiani un modello di paternità terrena? Per i canoni di oggi, Giuseppe è un anticonformista. Intendiamoci, non perché si fosse fatto tatuare un drago fiammeggiante sulla schiena, perché si fosse tinto i capelli biondo platino o ascoltasse musica molto underground.
Il mestiere di padre
Giuseppe era molto più anticonformista di così. Intanto, era un padre. Una cosa oggi inimmaginabile o quasi. In una società in cui gli adulti a stento si prendono la responsabilità di sé stessi, è davvero inusuale che ci si faccia carico di una famiglia e un figlio. Un figlio neanche suo, per di più. Un figlio che, come gli sussurra l’angelo all’orecchio, è il figlio di Dio, sceso in terra per compiere il destino del mondo.
Oggi molti padri non riconoscono nemmeno i loro, di figli, figuriamoci quelli altrui. Invece Giuseppe fa da padre a Gesù. Si prende a carico un bambino che non ha generato, lo accoglie, lo alleva, lo protegge e provvede a lui. È un uomo mite, Giuseppe, che si spaventa da morire, quando perde di vista Gesù. Ma, quando lo ritrova, non gli muove nemmeno un rimprovero.
Sa già, come molti padri sanno, che i figli appartengono a sé stessi e al loro destino. Un destino di cui i genitori sono solo facilitatori. È mite, ma non è un mollaccione. Di certo ha la fermezza necessaria a educare un bambino, complementare alla dolcezza e all’accoglienza della madre.
Un marito anticonformista
Anche come marito, è piuttosto anticonformista, per i nostri tempi. Resta al fianco di Maria, la moglie, senza mai concedersi scappatelle, colpi di testa, avventure. Senza mai provare quella terribile vertigine moderna di non avere mai abbastanza, di dover cercare chissà cosa e chissà dove, anche a rischio di perdere tutto.
Un uomo anticonformista
Ma il suo anticonformismo non si limita a questo. Giuseppe si guadagna da vivere, facendo il falegname. Ce lo dice Matteo, nel Vangelo. Dunque, Giuseppe non è accecato dal demone dell’ambizione, dal desiderio di fare carriera, di guadagnare. Non sogna di fare l’imprenditore digitale, che lavora a bordo piscina. O lo speculatore, o qualunque altra delle professioni rampanti che ci sono oggi e che attirano molti uomini. Lui, per tutta la vita, fa il suo lavoro, onesto, duro e senza fronzoli. Con quello mantiene la sua famiglia.
Un uomo silenzioso
Non è un vanaglorioso, uno che si vanta o parla molto di se stesso. In verità, è un uomo modesto e schivo. Negli unici due Vangeli che lo menzionano, non dice nemmeno una parola. È però un buon ascoltatore. E, a diversamente da noi sfrenati individualisti, fa una cosa terribilmente anticonformista: obbedire al disegno di Dio. Senza fare storie, senza pretendere troppe spiegazioni, senza volere le prove.
L’angelo gli dice: Maria avrà un figlio, prenditene cura. E lui lo fa. Poi un altro angelo gli dice: porta la mamma e il bambino in salvo in Egitto. E lui lo fa. Gli riappare il solito angelo e gli ordina di tornare a Nazareth. Giuseppe non fa una piega. Non protesta, non dà segni di insofferenza. Non domanda, non obietta. Lui si fida del Signore.
Giuseppe il misterioso
Di Giuseppe non sappiamo nulla. Se fosse alto o basso, calvo o capelluto, magro o robusto. Non sappiamo nulla del suo carattere, dei suoi gusti, delle sue preferenze. Immaginiamo che non sia stato uno scapigliato. Se Dio si è fidato di lui, al punto da affidargli il suo figlio unigenito, questo Giuseppe doveva essere un tipo a posto. Di lui sappiamo per certo solo che era un “giusto”. Perché ce lo dice il Vangelo, certo. Ma soprattutto perché questo è quello che si deduce dalla sua condotta di vita. Educa Gesù, lo guida, lo rende uomo e a un certo punto scompare dalla scena.
Fa il suo dovere con discrezione operosa, nel silenzio. Con la stessa discrezione esce silenziosamente di scena. Al punto che nessuno nemmeno menziona la sua morte. Lo deduciamo noi, indirettamente, dal fatto che Maria accompagna Gesù e non c’è più traccia di Giuseppe, nei tre anni di predicazione del Messia.
Giuseppe ha fatto il suo dovere di padre, si spegne serenamente. Questo raccontano i Vangeli apocrifi. Per questo, oltre a essere patrono dei lavoratori e degli artigiani, Giuseppe è anche il patrocinatore della buona morte. Ovvero di una fine quieta, una chiusura naturale dell’esistenza umana. D’altro canto, un giusto sa che lo aspetta la ricompensa di Dio.
L’anticonformismo di Giuseppe
Giuseppe è così avanti, così anticonformista, che per noi è persino troppo. Non riusciamo a capirlo. Fatichiamo a farci una ragione della sua intera esistenza, spesa al servizio delle persone amate. Ma come, lui aveva in casa il figlio di Dio, e non gli chiedeva nulla? Neppure una grazia piccola piccola, un miracolo in limited edition, una vincita cospicua al totocalcio?
Caspita, com’è possibile? E dire che è il sogno di tutti: avere un parente importante e farsi favorire in qualche modo. E lui, che aveva in casa il più potente di tutti, non ne ha mai approfittato! Ha continuato a fare il falegname e a vivere in un paesotto circondato dal deserto, in una qualche casupola di edilizia civile dell’epoca.
Nemmeno una villa, una vacanza esotica, una promozione al vertice di una qualche organizzazione. Chi gliel’ha fatta fare, di accollarsi tutti gli oneri, senza nemmeno aver pattuito una ricompensa? Un anticonformista così non si è mai visto.
Giuseppe era fatto di un’altra pasta. Sapeva che amare è soprattutto dare e mai chiedere e meno che mai pretendere. Per questo, assieme a lui, festeggiamo tutti i papà. Tutti quegli uomini anticonformisti, che ogni giorno sono pronti a sacrificare i propri sogni, per permettere ai figli di vivere i loro.
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