Dio e i peccatori

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Chi sono i peccatori?

Tutti noi siamo peccatori, ad essere onesti. Nessuno è davvero al riparo dal peccato. Siamo peccatori, certo, almeno in teoria. Ma in fondo ci sentiamo giusti. Anzi, giustissimi. Peccatori noi? Macché, noi siamo gente per bene. E comunque, sempre meno peccatori degli altri. Sempre meglio di quello là. O di quegli altri. Perché loro sì, che sbagliano di brutto.

Noi invece no. Magari qualcosina, ma insomma, nessuno è perfetto. Dopotutto, due settimane fa siamo andati a trovare la zia anziana. E poi abbiamo regalato un corredo completo di passeggino, seggiolino auto e culla alla parrocchia. E andiamo a Messa ogni domenica e a tutte le feste comandate. Siamo sempre lì, nei primi banchi, a cantare a squarciagola gli inni.

Siamo persone a posto, lo dicono tutti. Ce ne fosse, di gente come noi! Il mondo sarebbe un posto migliore.  

Dio non disprezza i peccatori

Io credo che gli scienziati, quelli bravi, lo dovrebbero studiare di più, questo fenomeno. Una distorsione cognitiva per cui ci sentiamo migliori degli altri, sulla base di non si sa che cosa.

Chissà perché, quando pensiamo ai peccatori, non siamo mai noi. Non ci piace l’idea, non la prendiamo nemmeno in considerazione. Perché in fondo i peccatori sono sempre gli altri. E noi un poco li disprezziamo, sotto sotto.

Non li sentiamo al nostro livello. Noi siamo più buoni, più belli, più simpatici. Più meritevoli dell’amore di Dio. Al posto loro, saremmo stati più bravi. Avremmo fatto meglio. Quegli altri, i peccatori, dovrebbero solo vergognarsi. Auto emarginarsi. Starsene in silenzio nel loro angolino, a testa bassa. Cosa abbiamo da spartire con loro?

Dio non dovrebbe perdere tempo con loro. Non se lo meritano Dio, i peccatori! Per fortuna che, invece, Dio non la pensa come noi. Lui non disprezza i peccatori. Continua ad amarli, come un padre ama i figli. Senza allontanarsi per i loro errori e le loro colpe.

Il fariseo che è in noi

A volte lasciamo spazio al fariseo che è in noi. Quel tipo di personaggio pieno di sé, che a Gesù stava decisamente antipatico. Il fariseo di turno aveva a volte nome e un cognome, come Simone, il fariseo che invita Gesù a cena e disapprova la familiarità che dimostra verso la peccatrice (Luca 7:36-39).

Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola.  Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato;  e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato. A quella vista il fariseo che l’aveva invitato pensò tra sé. «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice». 

Altre volte, questi personaggi non hanno una identità personale. Tutto quello che ci viene detto di loro, è che sono farisei. Ovvero ipocriti, conformisti, attaccati all’esteriorità, superbi. A Gesù sono tenacemente antipatici proprio per quello, i farisei. Non perché siano peccatori, ma perché non si sentono tali. Sono convinti di essere un gradino sopra agli altri. E, su quel gradino, guardano il prossimo dall’alto in basso. Credono che, se Gesù fosse veramente un profeta, dovrebbe frequentare solo loro, che sono la crema della società. La sua familiarità con i peccatori, li irrita:

e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!” Luca 7, 34

Il fariseismo era una specifica corrente del giudaismo, ma lo spirito farisaico è trasversale alle epoche e alle religioni. Esistono farisei nei nostri tempi, che non hanno nulla da invidiare a quelli che, duemila anni fa, facevano infuriare Gesù. E noi? Siamo a rischio di fariseismo?

Il test del fariseismo

Ci capita di giudicare gli altri per i loro comportamenti? Ci sembra che, nelle stesse condizioni, ci comporteremmo meglio? Riteniamo di fare sempre bene e di poter essere d’esempio? Pensiamo che tizio e caio non dovrebbero stare dentro la comunità, che dovrebbero essere allontanati dalla Chiesa? Facciamo fatica a provare misericordia verso alcune persone?

Proviamo a farci queste domande e rispondiamo sinceramente. Se facciamo tutte queste cose, è probabile che alberghi in noi un piccolo grande fariseo. È importante scacciarlo, assieme alla nostra sensazione di essere al di sopra delle critiche.

Gesù frequenta i peccatori

Gesù ha detto con chiarezza, in un episodio del Vangelo di Matteo:

Mentre Gesù era a tavola in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. I farisei, veduto ciò, dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia con i pubblicani e con i peccatori?» Ma Gesù, avendoli uditi, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Ora andate e imparate che cosa significhi: “Voglio misericordia e non sacrificio”; poiché io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori». Matteo 9, 10-13

Lui non solo non prova alcun disprezzo o rancore verso i peccatori, ma addirittura li accoglie alla sua tavola. E lo fa non perché ami il loro peccato, ma perché li ama, anche se peccatori.

Ama la loro umanità fragile e ferita. Sa che sono malati e vuole guarirli dalla loro infermità spirituale. Ma, per guarirli, deve avvicinarli, frequentarli, conquistare il loro cuore. Se, invece, li tenesse a distanza, li lascerebbe nel loro peccato. La sua medicina più potente è proprio la misericordia, che raccomanda a tutti i fedeli. Meglio la misericordia del cuore, che la celebrazione esteriore di sacrifici.

Dio accoglie con gioia chi si pente

È bene ricordare a noi stessi che Dio non esclude nessuno. Non compila graduatorie di merito, non fa selezione all’ingresso. Non chiede la bella presenza, né referenza verificabili. Rivolge la sua tenerezza verso tutti, ed è ancora più attento a chi rischia di perdersi. Quando il figliol prodigo torna, pentito, dal padre, non gli muove rimproveri e non fa recriminazioni. Invece, si rallegra del suo ritorno.

Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato». Luca 15, 31-32

e qui: https://annaporchetti.it/2023/04/28/a-proposito-di-carita-intervista/

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