L’identità cristiana

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L’identità cristiana

Cos’è l’identità cristiana? I cristiani di oggi sono davvero in crisi d’identità? Oggi leggevo un articolo di Avvenire, che solleva la questione da più punti di vista. Parlava della rinuncia di molti cristiani a parlare di salvezza e resurrezione. Due aspetti non solo salienti, addirittura esclusivi, del messaggio cristiano, ma soprattutto temi di cui il mondo ha bisogno. (l’articolo è questo: https://www.avvenire.it/agora/pagine/i-cattolici-alla-sfida-della-cultura)

Il cuore del cristianesimo è credere in Dio, nella sua promessa di vita eterna. Tutto il resto: la morale, la carità, la fraternità, sono cose bellissime, naturalmente, ma non presuppongono Dio. Tant’è che la cultura laica se ne è disinvoltamente appropriata, creando il volontariato laico, le iniziative di solidarietà, l’uguaglianza civile dei cittadini. Sono cose bellissime, ma che riguardano soprattutto la vita quaggiù.

Nulla dicono né promettono, su quello che ci aspetta dopo la morte. Invece, questo è l’aspetto saliente della nostra fede e un elemento essenziale della nostra identità: la trascendenza, l’infinito, la resurrezione.

L’identità cristiana e quella laica a confronto

Tante volte si sente dire che ci sono cristiani che razzolano malissimo. E, al contrario, laici o addirittura atei che sono persone per bene. Non ha senso negarlo. Non è l’identità cristiana che garantisca l’appartenenza all’esclusivo club dei buoni. Allora, se tutti gli uomini condividono la stessa natura peccaminosa e fallace, che differenza c’è fra i credenti e i laici?

La differenza è tutta lì, non secondo lo sguardo umano, ma in base a quello divino. Da uomini possiamo impegnarci, esercitare la virtù, ma è sempre una virtù umana, che non varca i confini di questo mondo, né il tempo della nostra vita terrena. Come si fa a fare l’upgrade? Come ci si guadagna un contratto di affitto permanente in paradiso? Intanto, bisogna crederci. Credere che il paradiso esista, che ci sia una vita oltre la morte, che esista un Dio immortale. E poi, bisogna seguire l’insegnamento di Gesù. Almeno, provarci al massimo.

Guadagnarsi il paradiso è semplice, se sai come farlo?

Ricordate la lunga sequela di manuali: dimagrire è facile, se sai come farlo? Smettere di fumare è facile, se sai come farlo? Eccetera eccetera. Vale pure per la vita eterna? Esiste un manuale di istruzioni, studiato il quale, siamo sicuri di sapere come fare?

Il manuale esiste. Si chiama Vangelo. Non è nemmeno tanto lungo. Non è un tomo alto e corposo, come Guerra e Pace. È anche scorrevole e piacevole da leggere. Ma quanto possiamo dire di conoscerlo?

La scrittura del Vangelo è densa. Contiene tutti i principi che servono, senza perdersi in chiacchiere. Nulla più di quello che è realmente importante. Niente descrizioni paesaggistiche o divagazioni degli autori. Poche parole molto chiare, molto nette. Non a caso, nel Vangelo leggiamo:

Ma il vostro parlare sia: “Sì, sì; no, no”; poiché il di più viene dal maligno. Matteo 5,37

Queste parole rappresentano un invito. Un invito a valutare la realtà secondo un criterio semplice: il bene e il male. Una raccomandazione a dire sì al bene e no al male, senza giri di parole, cerchiobottismi, arrampicate linguistiche.

Siamo una squadra fortissimi

Dicevo che l’identità cristiana non equivale all’appartenenza al club dei sempre buoni o sempre perfetti. Vero, siamo però una squadra fortissima. O, come direbbe Checcho Zalone, siamo una squadra fortissimi. Un squadra che indossa la stessa maglietta, si allena tutta insieme.

Ha un unico Mister – e che Mister!- e lo segue. Quello che distingue i giocatori di questa squadra, non è necessariamente la bravura, la velocità, la capacità di dribblare. Ciò che ci rende speciali, è la strategia di gioco. La nostra strategia di gioco è la fede in Dio e nelle sue promesse. La strategia è vincente. Con quella strategia, la squadra vince, anche se noi personalmente non abbiamo un buon piede. Anche se siamo mediani mediocri. (ringrazio mio marito per le dettagliate metafore calcistiche, che spero di aver reso adeguatamente).

Questo è il senso delle parole di Gesù:

Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde Luca 11, 23

Identità cristiana e cristianesimo à la carte

Condividere l’identità cristiana significa riconoscere che siamo parte di questa squadra. Non sono possibili ambiguità. O si è cristiani e si è con Dio, o non lo si è. Questo spazza via molto del cristianesimo à la carte che va per la maggiore. Quel cristianesimo di cui si vogliono prendere solo alcuni aspetti. Quelli più congeniali alla propria mentalità o alle proprie necessità, quelli che non ci mettono in crisi, perché sappiamo e vogliamo metterli in pratica. È davvero questo il senso dell’identità cristiana?

Eppure, Gesù lo dice chiaro, che più chiaro non si può. Chi non raccoglie con Lui, disperde.

Chi non raccoglie con Dio, disperde

Cosa significa questa frase: chi non raccoglie con me, disperde? Significa che l’uomo può pur compiere qualche opera virtuosa. Può distinguersi per le sue qualità morali. Tuttavia, senza la fede, questo esercizio di virtù va perso. Va perso perché non è fondato in Dio, nella sua promessa di eternità e di trascendenza dell’umano. Nasce sulla terra e qui finisce.

Tutto è troppo poco, per l’uomo, se si fonda solo sull’uomo. Il cuore umano è affamato di eternità. Sogna la salvezza e l’assoluto. Ancorarsi alla terra, anziché salire al cielo, lo impoverisce. Disperde così il suo potenziale e il suo talento. L’uomo che rinuncia a Dio, pur buono, generoso, valente, perde sé stesso. Fa come il servo pauroso della parabola dei talenti:

Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Matteo 25, 18

Questo moltiplicare i talenti in Dio è parte essenziale della nostra identità cristiana. Da uomini, non poteremmo riuscire.

e qui: https://annaporchetti.it/2023/04/28/a-proposito-di-carita-intervista/

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