In difesa dei sacerdoti

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I miei articoli:

Dalla parte dei sacerdoti

Oggi vorrei parlare in difesa dei sacerdoti. E sia chiaro, non perché ne abbiano bisogno. In verità, ne abbiamo bisogno noi. I nostri sacerdoti, i pastori della nostra comunità, sono spesso sotto attacco. E a me torna in mente San Paolo, nella lettera Timoteo:

Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Non se ne tenga conto contro di loro 2Timoteo 4,16

San Paolo sa di non averne bisogno:

Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili 2Timoteo 4,17

Ha dalla sua parte Dio, poiché sta combattendo la buona battaglia. Ed è così anche oggi, certamente. Con la differenza che oggi molti attacchi non vengono dai pagani (o dai neopagani) ma da molti che si definiscono e si ritengono cattolici.

Criticare i sacerdoti

Ci sono varie ragioni per cui le critiche che si muovono pubblicamente ai sacerdoti siano inopportune. In primo luogo, il fatto che siano pubbliche. Non esiste nessuna immunità, tale per cui i sacerdoti siano al di sopra di ogni biasimo. Sono uomini come noi, e come noi sbagliano. Le critiche pubbliche però sono indesiderabili, creano solo fratture e divisioni nella comunità dei credenti. Ogni giorno a Messa il celebrante ripete questa frase:

Non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace, secondo la tua volontà.

Dunque, la volontà del Padre è che la Chiesa sia in unità e pace. E se parliamo male pubblicamente dei sacerdoti, stiamo facendo la volontà di Dio? Stiamo mantenendo unità e pace, o creando divisioni? Non c’è bisogno di dare pagelle. Di spaccare il mondo nelle due fazioni dei sacerdoti a modino e quelli non ortodossi.

Quando i sacerdoti sbagliano

Questo non significa che si debbano assecondare tutti i comportamenti dei sacerdoti o approvarli. Significa però che c’è un unico modo giusto per affrontare questo tipo di situazioni. Quale? Lo aveva ben indicato Gesù stesso:

Se tuo fratello ha peccato {contro di te}, va’ e convincilo fra te e lui solo. Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello; ma se non ti ascolta, prendi con te ancora una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni[f]. Se rifiuta di ascoltarli, dillo alla chiesa; e se rifiuta di ascoltare anche la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano.  Matteo 18, 15-17

Se il parroco, l’amico prete, un sacerdote che conosciamo sbaglia, è giusto e fraterno correggerlo, come ci è stato insegnato. Se si tratta di un consacrato che non conosciamo di persona, allora è consigliabile pregare per lui e per la sua conversione.

Non va bene, invece, criticarlo di fronte ad altri. Parlarne male. Spettegolare o, peggio che mai, scriverne male su un social. Eppure, le bacheche di molti cattolici sono piene di questi strali, nei confronti di religiosi specifici o dei sacerdoti in generale. C’è chi ha costruito una carriera, sulle critiche ai religiosi.

Il grave rischio della superbia

Tutto questo vale ovviamente per qualunque fratello nella fede. Ma è ancora più importante se si tratta di un consacrato. La correzione fraterna è uno strumento utile, a patto di essere permeato di spirito di carità.

Troppo spesso le critiche vengono mosse dai fedeli, per una loro presunta superiorità morale o teologica. Ci sono credenti che si sentono più devoti, più edotti di dottrina e liturgia, più illuminati dalla fede. E potrebbero anche esserlo, in alcuni casi, ma non è questo il punto. Da questi atteggiamenti di superbia ci mette in guardia Gesù:

Poiché chiunque si innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato Luca 14, 11

Inoltre, tutta la nostra cultura, la nostra sapienza, la nostra intelligenza non ci servono a nulla, se le adoperiamo come armi, per ferire gli altri:

E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. 1Corinzi 13, 2

A cosa ci serve tutta la nostra presunta virtù, se siamo aridi e rigidi?

Il duro mestiere del prete

Ciò che molti non capiscono, nel lanciare le loro frecciate, è che il prete non è un mestiere. Non esiste un mansionario. Non c’è un manuale di pratiche operative che insegni ai sacerdoti come comportarsi in ogni circostanza della vita. Specie nel mondo moderno, pieno di realtà difficilmente prevedibili nel passato. Ognuno di loro fa come può, quel che può.

Ci sono preti che cantano e ballano. Altri che ridono e scherzano. Ci sono quelli che usano i social media. Qualcuno disegna fumetti e qualcun altro gira video o reel.

Tutto questo può piacere o no. Si può condividere o no. Ma, fintanto che è fatto in buona fede, con l’intento di evangelizzare, convertire, portare avanti la buona battaglia di cui parla San Paolo, va comunque bene. Ricordiamoci:

Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno Romani 8,28

Non condividere e mancare di rispetto sono cose diverse

Si può non essere d’accordo, ma guai a mancare di rispetto. Tenendo conto sacerdoti lo si è, non lo ”si fa”.

Non è facile essere pescatori di uomini. Non è facile spogliarsi delle proprie sofferenze e prendere sulle spalle quelle degli altri. Perché è questo che fanno i sacerdoti. Ricevono le nostre lamentele, ascoltano i nostri peccati, consolano i nostri dolori e rassicurano le nostre paure.

E non è facile convincere qualcuno che soffre, che quello che sta passando sia per un bene più grande. Che non si può avere giustizia in questo mondo, perché la giustizia verrà in quell’altro. Chi glielo spiega a coloro che la giustizia la vorrebbero qui e oggi?

Non è semplice farsi carico della rabbia, della disperazione, dei dubbi degli altri, quando si è comunque esseri umani. Bisogna ammettere che nel compiere questa missione, ci sia qualche margine di errore.

Chi di voi à senza peccato…

Quando, da ragazza, mi lamentavo di qualcuno, mia nonna mi diceva sempre: se sai farlo meglio, fallo tu. E no, nel 99,9% dei casi non avrei saputo farlo meglio. Sarebbe stato più saggio che evitassi di criticare. Prima di accusare i sacerdoti di essere inadeguati, di dire scemenze, di deluderci con omelie lunghe e noiose, facciamoci un onesto esame di coscienza. Lo disse Gesù alla folla inferocita contro l’adultera:

«Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». Giovanni 8,7

Chi di noi non ha mai detto scemenze, non è mai stato inadeguato, chi non ha mai deluso nessuno, critichi pure. E gli altri tacciano.

La prudenza è una qualità ammirevole

Tanti anni fa, intervistarono in TV il compianto Mons. Luigi Negri. Era in corso non ricordo più quale delle mille polemiche verso questo o quell’esponente del clero. Quando il giornalista gli chiese se voleva commentare la vicenda, egli rispose così: “assolutamente no”.

Questo non vuol dire che non avesse una opinione in merito. Semplicemente, lui aveva capito che prendere le parti dell’una o dell’altra fazione, avrebbe alimentato la divisione. Avrebbe potuto farlo e, vista la sua autorevolezza, la sua opinione avrebbe avuto un peso. Invece, scelse di non farlo pubblicamente.

Credo che questa linea di prudenza e di saggezza sia un ottimo esempio, prescindendo dal merito.

Io comunque, faccio outing. Dall’infanzia canto a squarciagola l’alleluia delle lampadine, senza sensi di colpa. E il Signore non mi ha ancora fulminato con una saetta.

e qui: https://annaporchetti.it/2023/04/28/a-proposito-di-carita-intervista/

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