I bambini e la fede
Scene di ordinaria insoddisfazione, quando ci sono i bambini. Gi adulti della mia generazione sono i più intolleranti verso i bambini. Che ci si trovi in treno, al ristorante, al supermercato, i bambini sono spesso sgraditi, mal sopportati, tenuti a distanza. Non è diverso in chiesa. Tanti parrocchiani brontolano, sibilano come locomotive, per intimare il silenzio, scuotono la testa.
E dire che, almeno a Messa, dovremmo tutti tentare di essere la versione migliore di noi stessi. Un po’ più pazienti, un po’ più misericordiosi, un po’ più accoglienti. E invece, basta che i bambini parlino, si muovano, piangano, per scatenare reazioni di insofferenza negli adulti presenti.
Quella signora ben vestita e ben pettinata, che alza gli occhi al cielo. Forse invoca una saetta, per incenerire il quattrenne che corre per la navata principale. Quella coppia non più tanto giovane, che si gira di scatto ogni volta che il lattante in carrozzina dietro di loro piange. E il tizio che riserva occhiatacce ai due giovani genitori, peraltro già abbastanza mortificati, che non riescono a far stare seduti i due figli, a occhio e croce sotto i dieci anni. I sopraccigli alzati, le fronti corrugate, i sospiri, non si contano. Tutti sembrano sottintendere che insomma, la chiesa non è un posto in cui portare i bambini.
Eppure, la fede non è un film a luci rosse: proibito ai minori di diciotto anni. Al contrario, prima avviene l’incontro con la fede e meglio è. Beati quei bambini che assimilano il cristianesimo insieme a tutti gli altri insegnamenti che i genitori trasmettono loro.
Gesù e i bambini
È vero: i bambini non si comportano come gli adulti. Inutile aspettarsi la stessa concentrazione, la capacità di ascolto e di comprensione di un adulto. Non stanno zitti e fermi, i bambini. Per lo meno, non troppo a lungo. Non capiscono le convenzioni sociali e quindi non le rispettano. Per quello, se sono stanchi si stendono sulle panche della chiesa, se hanno fame o sete lo dicono ad alta voce, se non comprendono qualcosa, la chiedono.
Eppure, i bambini erano molto cari a Gesù. C’è un episodio, riportato dai tre vangeli canonici (Luca, Matteo e Marco) in cui Gesù chiama a sé i bambini:
Gli presentavano anche i bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano. Allora Gesù li fece venire avanti e disse: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà». Luca 18, 15-17
Il regno di Dio appartiene a chi è come i bambini
Cosa significa: a chi è come loro appartiene il regno di Dio? Perché qui Gesù non parla più solo di bambini, ma di chi è come i bambini. Chi non accoglie il regno di Dio come un bimbo, non ha la possibilità di entrarvi. Questo perché i bambini hanno bisogno degli adulti, per sopravvivere. Sono creature fragili, con la necessità di confidare nell’amore di qualcuno, che se ne prenda cura.
Il regno di Dio deve essere accolto con questo spirito e questa consapevolezza di fragilità. Dobbiamo fidarci del Signore e affidarci a Lui e al suo amore incondizionato.
Troppo spesso, gli adulti si dimenticano di aver bisogno di Dio. Si comportano come se fossero onnipotenti. A molti adulti manca l’umiltà di riconoscere la grandezza di Dio, perché si creano molti idoli. In primo luogo, sé stessi. L’egoismo e l’autoesaltazione sono meccanismi pericolosi per la salvezza della nostra anima.
Crediamo di essere autosufficienti. Di cavarcela a meraviglia senza l’aiuto di nessuno. Nemmeno di un Dio paterno, amorevole e misericordioso.
Affidarsi a Dio
Proprio per la loro capacità di affidarsi a Dio, i “piccoli” nella fede, sono molto cari al Signore. Lo dice Gesù stesso:
Guardatevi dal disprezzare uno di questi piccoli; perché vi dico che gli angeli loro, nei cieli, vedono continuamente la faccia del Padre mio che è nei cieli. Luca 15, 10
Gesù fa un gesto simbolico molto forte. I piccoli sono più vicini a Dio, chi li accoglie, è come se accogliesse Dio stesso.
E chiunque riceve un bambino come questo nel nome mio, riceve me. Matteo 18, 5
Chi sono i piccoli
I piccoli sono spesso gli ultimi, i più umili, i più fragili. Quei piccoli che, come unica risorsa, possono confidare in Dio. Chi si occupa degli ultimi incontra Gesù e il Padre che lo ha mandato.
Dio, che vede nel cuore degli uomini, riserva una ricompensa a chi si prende cura dei piccoli. Il vangelo di Matteo dice in modo molto chiaro come Gesù giudicherà il comportamento di chi ha accolto i fratelli più fragili. Di nuovo sono chiamati: “piccoli”.
tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Mt 25,40
Gli scandali
In un altro passo del vangelo, Gesù fa una affermazione molto forte.
Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Matteo 18, 6
Lui, il Gesù tutto bontà e misericordia, per la prima e unica volta, esprime un giudizio di condanna. E che condanna! Eppure, si capisce perfettamente. È molto grave che la purezza della fede dei piccoli, la loro capacità di fidarsi di Dio, venga contaminata, ostacolata, attaccata. Perché è proprio questa fede che li salva, che li rende così vicini a Dio. È questa fede che diventa il modello per tutti i credenti.
Dobbiamo diventare come i bambini, per entrare nel regno dei cieli. Pensiamoci, la prossima volta che ci sentiamo infastiditi da un bambino in chiesa.
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