La samaritana e l’acqua viva

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La samaritana e l’acqua di vita

Oggi, nella seconda domenica di quaresima, la Messa di rito Ambrosiano ricorda l’episodio della samaritana. Un brano del Vangelo di Giovanni che, sebbene sia accaduto duemila anni fa, ci parla, come se fosse una situazione di oggi. Gesù si trova in prossimità di un pozzo. È mezzogiorno. A occhio, in Samaria, a mezzogiorno, deve fare un caldo pazzesco.

Gesù è stanco e assetato. Non è in vacanza con Alpitour, formula all inclusive con l’open bar e la possibilità di mangiare e bere a volontà, in qualunque momento. Arriva questa donna, appartenente alla popolazione di Samaria. Dei vicini con cui i Giudei non intrattengono rapporti. Gesù le chiede da bere. I due parlano. Gesù rivela di sapere tutto di lei, anche se non si sono mai visti. Le parla di un’acqua viva, che disseta per sempre:

chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna Gv 4, 14

La donna non comprende il significato metaforico del discorso, ma è molto incuriosita. L’attira l’idea di un’acqua che disseta per sempre. Così non dovrà più andare a prendere l’acqua al pozzo e trasportarla fino in paese:

«Signore, gli disse la donna, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Giovanni 4, 15

La samaritana sono io

Io mi ci rivedo, in questa samaritana. Sarà che come lei (e come noi tutte), sono impegnata a fare la spesa più volte a settimana, confezioni di bottiglie incluse. Noialtre ci troviamo spesso a trasportare sei volte il nostro peso in sacchetti pieni. La samaritana la capiamo. Ah, se la capiamo! E io la capisco anche per il suo essere un po’ dura di comprendonio, verso la parola del Signore. Proprio come me. Perché Lui glielo dice proprio:

«Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Giovanni 4, 10

Ma lei probabilmente è come me. Le preme di più capire come fare a incastrare il tetris esistenziale. Delle Sue parole, capisce solo che forse può risparmiarsi una fatica quotidiana. E comunque mica ci crede. Io ci vedo un po’ di incredulità, nelle sue parole:

«Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?». Giovanni 4, 12

Tradotto oggi sarebbe: ma che stai a di’?  che mi vuoi vendere un materasso, una batteria di pentole, una caraffa per l’acqua con un filtro dalle benefiche proprietà depuranti? Ecco, potrei proprio essere io. Salvo per la storia dei cinque mariti. Lì no. Io ne ho uno solo, un usato sicuro, che spero di mantenere in servizio ancora molto a lungo.

Discernere l’incontro con Dio

Vorrei dire qualcosa a discolpa della samaritana. E ovviamente anche mia. Ovvero, che la vita non è un film. Non sempre l’ingresso del protagonista sulla scena viene sottolineato da rulli di tamburo, musica topica in sottofondo, cambio delle luci.

Non sempre, quando incontri Dio, lo riconosci. A volte ci vuole un po’ di tempo. Perché Dio è di una categoria fuori dal comune. Non è mica come incontrare il postino, il vicino di casa, il corriere di Amazon.

Ci sta che così, di primo acchito, noialtri normali non lo capiamo. Gesù si svela. Al primo tentativo (la metafora dell’acqua viva), la samaritana ancora non ci arriva. Capisce dopo, quando lui le rivela particolari della sua vita che un uomo comune non potrebbe conoscere.

Allora lei capisce di trovarsi di fronte a un cambio di categoria. Capisce che ha di fronte un peso massimo, un campione olimpico, un super eroe. Mica uno come tanti, che le chiede un po’ d’acqua in un mezzogiorno di fuoco in medio oriente.

Gesù conosce la samaritana (e ognuno di noi)

E Gesù sa tutto di lei. Come sa tutto di noi. Conosce ogni particolare della nostra vita, dei nostri sentimenti, dei nostri pensieri. Tant’è che la samaritana, tornata in paese, per convincere i suoi compaesani, dice proprio questo:

La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». Giovanni 4, 28-29

Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto».  Giovanni 4, 39

Anche così, lei mica ha proprio capito davvero. Sa solo che c’è qualcosa di straordinario nell’uomo che ha di fronte. però non ha capito che sia Dio. E non è che sia particolarmente tonta lei. Provate a pensarci. Anche solo in teoria. Una cosa come: “Ho davanti Dio”, fa effetto anche soltanto a dirlo. Figuriamoci a viverlo.

E infatti lui deve proprio qualificarsi. Poco ci manca che le mostri la carta d’identità, il passaporto, il tesserino:

Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo». Giovanni 4, 25-26

Ecco, Lui l’ha detto. Anche a noi lo dice. A un certo punto è così evidente, che lo capiamo. L’ho capito anche io.

Dio colma i nostri bisogni

Dicevo che questo episodio di duemila anni fa, ci parla ancora oggi. Tutt’ora siamo assetati di Dio. Forse più che allora. L’aridità del nostro mondo, il materialismo della nostra cultura, il nichilismo, ci fanno morire di sete.

Ci cerchiamo dei surrogati umani: il successo, il denaro, una vita confortevole, amori più o meno passeggeri, oggetti del desiderio. Ma queste cose sono come l’acqua del pozzo. Dissetano per poco. Poi la sete torna, terribile, come in un mezzogiorno in Samaria.

L’unico modo per non avere più questa sete che ci divora, è attingere alla fonte di acqua viva. Quella che ci dà Lui. Che possiamo attingere ogni giorno dal Vangelo. E senza nemmeno caricarsi di sacchetti e pesanti confezioni da sei bottiglie di acqua minerale!

e qui: https://annaporchetti.it/2023/04/28/a-proposito-di-carita-intervista/

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